Il ritorno della piazza rosa in versione "Donne per Milano"

Marianna Rizzini

La borghesia milanese glocal si auto convoca in un comitato trasversale con Piero Bassetti sotto la dicitura “per il 51” (per cento, a Pisapia), ed è subito epica del trasversalismo anche per le auto convocate “Donne per Milano” – firmatarie di un appello in cui Lina Sotis e Anna Maria Testa fanno da traino, in funzione pro Pisapia, ad “alcune tra le figure più rappresentative del mondo della cultura, delle professioni, delle arti e delle istituzioni milanesi” in un'azione che mira “a riportare la città a un clima di serena competizione".

    La borghesia milanese glocal si auto convoca in un comitato trasversale con Piero Bassetti sotto la dicitura “per il 51” (per cento, a Pisapia), ed è subito epica del trasversalismo anche per le auto convocate “Donne per Milano” – firmatarie di un appello in cui Lina Sotis e Anna Maria Testa fanno da traino, in funzione pro Pisapia, ad “alcune tra le figure più rappresentative del mondo della cultura, delle professioni, delle arti e delle istituzioni milanesi” in un'azione che mira “a riportare la città a un clima di serena competizione, di rispetto della verità e delle regole di una democrazia trasparente e condivisa, in una campagna elettorale che rischia di dimenticare invece i veri problemi di Milano per cedere il passo a un metodo politico che utilizza come armi la propaganda basata sulle menzogne gratuite e gli insulti”.

    Oltre trecento donne di sicuro appeal intellettual-democratico hanno voluto dire “no”, in soli due giorni, alla “becera propaganda”, dicono le promotrici dell'appello (e a questo punto qualcuno pensa una volta di più: ma perché Letizia Moratti non si è scusata dopo lo scivolone su Pisapia in tv, onde evitare almeno una parte delle accuse di beceraggine?). “Ha aderito anche Sara Giudice”, hanno poi esultato le “donne per Milano” all'arrivo della firma della giovane ex pidiellina, ora finiana e prima ancora prediletta di Annozero: Sara Giudice, cioè colei che il mondo degli indignados antipremier ha subito incoronato “l'antiMinetti” che “si è rifiutata di farsi comprare in cambio del silenzio”. Sara Giudice ha detto: “E' importante fare politica in modo diverso, partendo dal buon senso da tutte le parti…Questo paese ha bisogno di dialogo tra le aree riformiste. E' arrivato il momento di dire stop al massacro istituzionale”, e sulle firmatarie si posa subito l'aureola di “trasversali”, parola magica rassicurante che fa sentire subito giusti dalla parte dei giusti (in questo caso giuste).

    Non a caso la radice dell'iniziativa “donne per Milano” affonda nell'humus delle manifestazioni per il corpo della donna (offeso dal premier, s'intende): le piazze in rosa dello scorso febbraio, quelle dello slogan “se non ora quando?” che tanto aveva fatto arrabbiare alcune femministe (al grido di “possibile che si scenda in piazza per le donne solo perché Silvio Berlusconi ha fatto festa ad Arcore? Possibile che ci si debba dividere in brave ragazze e Ruby Rubacuori?”. E c'era chi diceva: attente, così si fa il gioco degli uomini). Ma le “Donne per Milano” guardano oltre, e precisamente a un “cambiamento che, a partire da Milano, potrebbe contagiare l'intero paese”. La parola è proprio questa, “contagio”, e di sicuro non è un lapsus.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.