Prima delle primarie

Formigoni si candida, ma solo se il Cav. fa un passo indietro

Piero Vietti

E' pronto a candidarsi alle primarie del Pdl, Roberto Formigoni, e poiché le considera uno strumento fondamentale di democrazia interna, le vorrebbe a tutti i livelli del partito. Prima di queste, però, l'esecutivo “deve dimostrare nei fatti che le riforme promesse agli elettori non sono state dimenticate”. Il governatore della Lombardia non minimizza la sconfitta elettorale e prova a ragionare con il Foglio su come rilegittimare la leadership berlusconiana.

    E' pronto a candidarsi alle primarie del Pdl, Roberto Formigoni, e poiché le considera uno strumento fondamentale di democrazia interna, le vorrebbe a tutti i livelli del partito. Prima di queste, però, l'esecutivo “deve dimostrare nei fatti che le riforme promesse agli elettori non sono state dimenticate”. Il governatore della Lombardia non minimizza la sconfitta elettorale e prova a ragionare con il Foglio su come rilegittimare la leadership berlusconiana: “Bisogna capire le ragioni del disastro: da una parte l'insoddisfazione per le amministrazioni uscenti, dall'altra quella per la linea del governo”.

    L'esecutivo batta un colpo: “Sono i nostri elettori che ci hanno punito, che ci chiedono di portare avanti la nostra linea, di fare le riforme”. Le priorità per Formigoni non sono quelle sbandierate dal Pdl in questi ultimi mesi, però. Innanzitutto c'è il capitolo fiscale: “Bisogna abbassare le tasse”. Poi c'è quello economico: “Tremonti ha avuto il grande merito di tenere i conti a posto, ma questo adesso non basta più. Gli elettori ci chiedono una riforma economica, bisogna dare una mano a chi investe, a chi innova, a chi esporta”. Al terzo punto Formigoni mette il fiore all'occhiello della sua regione, il welfare: “La popolazione invecchia e i contributi statali diminuiscono. Avevamo promesso un welfare della sussidiarietà, facciamolo”. Lo stesso dicasi per il federalismo: “Se è quello attuale, un sistema che bastona i più virtuosi, la gente si ribellerà e non ci voterà più, come è successo nelle ultime amministrative, dove anche la Lega ha perso voti”. E la giustizia? “Prima c'è altro da fare – è sicuro Formigoni – Non è quella riforma che cambierà l'esito delle elezioni del 2013. Certamente va fatta, ma la gente ci chiede prima altre cose”. All'ufficio di presidenza di ieri, Formigoni ha criticato il “capovolgimento dell'ordine del giorno: prima dell'organizzazione del partito vengono le riforme da fare subito”.

    A chi si chiede se Formigoni farà finalmente il grande salto, spostandosi da Milano a Roma, il governatore più longevo d'Italia risponde così: “Il presidente del Consiglio è Silvio Berlusconi, e lo sarà fino alla fine della legislatura. Trame o colpi di Palazzo non farebbero che accelerare la disgregazione del Pdl e della coalizione. E' lui, con tutti noi, che si gioca la possibilità del centrodestra di vincere di nuovo nel 2013. Se gli elettori vedranno che il governo, guidato da Berlusconi, fa le riforme tornerà a votare per noi”. Il Cav. non è eterno, e anche se si augura che lasci “il più tardi possibile”, Formigoni sostiene da tempo che il successore va scelto con le primarie: “Ma se non succede così – minaccia – salta per aria tutto, ve lo garantisco”.

    Perché però non fare scegliere subito al popolo, magari a ottobre, immergendo il Cav. in un salutare bagno di consenso? Formigoni è d'accordo, ma sposterebbe la data più in là: “Diamo al governo sei-dodici mesi di tempo per fare le riforme promesse, poi organizziamo le primarie per rilegittimare la leadership di Berlusconi”. Sarebbero primarie simili a quelle che incoronarono Prodi e Veltroni leader del Pd, per questo Formigoni dice che “contro Berlusconi non mi candiderei: se fa le riforme è lui il mio candidato”. Altro è il caso di eventuali primarie per la successione: “Lì mi presenterei, forte del lavoro che ho fatto e della stima che sento nei miei confronti da parte degli elettori. Ma sono anche convinto che il vero successore di Berlusconi è una squadra”.

    Squadra che potrebbe essere composta da “Giulio Tremonti, Angelino Alfano, Mariastella Gelmini e Gianni Alemanno”. Alfano che ieri è stato nominato segretario del Pdl. “Non sono contro decisioni che vengono dall'alto – chiosa il governatore – ma ritengo giusto che anche una scelta del genere venga sottoposta alle primarie, prima o poi, così come dovrebbe succedere per altre cariche nel partito, dai coordinatori regionali a quelli comunali”. Niente congressi, dunque: “E' la gente che le chiede, i nostri militanti sono i primi a volere le primarie”.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.