Il dopo Cav. nella chiesa è iniziato, non è un partito ma un movimento

Paolo Rodari

Il dopo Berlusconi nella chiesa cattolica è iniziato non da ieri. E ha le fattezze di un nuovo “movimento politico”. Non un partito unico, almeno per ora. Quanto un movimento, un laboratorio, nel quale convocare politici cattolici di schieramenti diversi per farli lavorare assieme al di là delle logiche conflittuali di tutti i giorni. Nei mesi appena trascorsi il comitato preparatorio delle settimane sociali ha organizzato incontri “sotterranei” tra politici cattolici di colori differenti dando il la a questa nuova officina di idee.

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    Il dopo Berlusconi nella chiesa cattolica è iniziato non da ieri. E ha le fattezze di un nuovo “movimento politico”. Non un partito unico, almeno per ora. Quanto un movimento, un laboratorio, nel quale convocare politici cattolici di schieramenti diversi per farli lavorare assieme al di là delle logiche conflittuali di tutti i giorni. Nei mesi appena trascorsi il comitato preparatorio delle settimane sociali ha organizzato incontri “sotterranei” tra politici cattolici di colori differenti dando il la a questa nuova officina di idee. L'iniziativa ha avuto una sua espressione ufficiale lunedì, il giorno che i ballottaggi di Milano e Napoli segnavano la sconfitta berlusconiana davanti a un popolo cattolico profondamente diviso: a Milano esponenti di Comunione e liberazione e anime democratiche vicine alla curia si sono affrontate parecchio aspramente.

    A Roma il segretario della Conferenza episcopale italiana Mariano Crociata ragionava con questo gruppo di lavoro sul “futuro da ricostruire”. “Più che un partito unico” diceva “serve unità sui valori”. E forse pensando alle contrapposizioni milanesi diceva: “Ciò che unisce i credenti è più importante e maggiore rispetto alle differenze determinante dalla realtà sociale e politica”. E ancora: “Ai valori della dottrina sociale della chiesa bisogna far riferimento qualunque sia la forma politica in cui i cattolici si trovino a operare”. Anche se, spiega Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, “è proprio oggi che la politica, e con essa i cattolici impegnati in politica, mostra a tutti il lato più brutto e basso di sé che la nostalgia del partito unico si fa sentire nella chiesa cattolica da più parti. Molti vescovi, è inutile nasconderlo, vorrebbero l'unità politica dei cattolici. Io no, ma alcuni sì”.

    Lunedì a Roma è stato il direttore di Avvenire Marco Tarquinio a moderare il dibattito al quale hanno partecipato Buttiglione, Pisanu, Fioroni, Binetti, Moselia, De Pasquale, Toccafondi, Polledri, De Napoli e Budini. Dice Michele Pennisi, vescovo di Piazza Armerina e membro del comitato scientifico delle settimane sociali: “L'incontro ha avuta poca eco sui media ma è il risultato di uno sforzo ‘sotterraneo' importante. Il sogno di Luigi Sturzo che mai ha voluto un unico partito dei cattolici quanto che i cattolici conservatori e democratici lavorassero assieme pur appartenendo a partiti diversi si sta finalmente realizzando grazie a questa inziativa che rappresenta una novità che molto farà parlare di sé. Le elezioni amministrative non hanno detto che Berlusconi è finito. Hanno detto che la gente ha voglia di novità e che questa novità, tuttavia, non ha una sua rappresentanza cattolica. Questo non deve più accadere. Ecco perché l'idea di questi incontri. Ecco perché l'idea di questo movimento: affinché i cattolici si trovino a discutere sui valori e su questi facciano sentire la propria voce all'unisono”.

    Dice Mogavero che rispetto a Silvio Berlusconi
    i vescovi non hanno cambiato idea. Nel senso che “quei vescovi che ritengono che sia meglio che il paese vada avanti con Berlusconi perché la sinistra fa paura e non si sa dove porta la pensano ancora così. Coloro invece che ritengono che Berlusconi sia impresentabile per certi suoi comportamenti privati e, di più, per la sterilità della sua azione riformatrice sono rimasti del medesimo avviso. Piuttosto l'auspicio del Vaticano e in parte anche della Cei mi sembra sia che in futuro il bipolarismo trovi intepreti affidabili dall'una e dall'altra parte. Io, da vescovo, mi auguro che la chiesa sappia dialogare con tutte le parti in causa senza escluderne nessuna”.
    Ieri sul Corriere della Sera Bruno Forte, vescovo di Chieti-Vasto, diceva che la sconfitta di Berlusconi “è un segnale forte” perché “la gente non ne può più”. Dice Pennisi: “I problemi ci sono ma il compito della chiesa è sempre quello di costruire, di far sì che le parti positive della società lavorino insieme e trovino punti d'incontro. Non dobbiamo anche noi cedere allo sconforto. Il problema dei cattolici non è Berlusconi. Il problema dei cattolici è quello dell'irrilevanza a destra come a sinistra”. Spiega Mogavero: “Non mi definirei un berlusconiano. Ma tanto più oggi dico che la chiesa soprattutto al livello delle sue gerarchie non deve mai chiudere con nessuno ma sempre costruire. Benedetto XVI parla del ‘compromesso nobile della poltica'. La chiesa deve spingere i politici che le sono vicini a non cedere mai, a cercare sempre la strada del compromesso. Nessuno è il male assoluto e nessuno incarna in sé tutto il bene. Per questo sono contrario al partito unico. Rischia di ghettizzarci: noi i buoni e chi sta fuori i cattivi”.

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    Scateniamo una volitiva, inconcludente discussione sul disastro di Milano e dintorni. Cerchiamo di spiegare in pubblico quel che non abbiamo ancora capito nemmeno noi: come reagire per il bene di un paese che sembra amarci un cincinin meno di una volta, e per il nostro bene di liberi servi del berlusconismo. Riuniamoci, stavolta in un teatro romano dal nome nobile, e sparliamo con affetto e nobiltà e sprezzatura del nostro idolo infranto.

    di Giuliano Ferrara

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