Ma Tripoli dov'è? - di Toni Capuozzo / 2

In Libia la Nato ripensa la strategia, intanto le bici cinesi vanno a ruba

Toni Capuozzo

Business as usual. Una serie di esplosioni a rompere la pigrizia del dopocena, in albergo. La corsa sul tetto, tra cameramen affardellati di elmetti e giubbotti antiproiettile. Non si vede molto, per via degli eucalipti che oscurano lo skyline di Tripoli. Un'ora dopo il piccolo corteo militante – una cinquantina di persone – che spara al cielo, danza, e urla fedeltà e resistenza.

    Tripoli. Business as usual. Una serie di esplosioni a rompere la pigrizia del dopocena, in albergo. La corsa sul tetto, tra cameramen affardellati di elmetti e giubbotti antiproiettile. Non si vede molto, per via degli eucalipti che oscurano lo skyline di Tripoli. Un'ora dopo il piccolo corteo militante – una cinquantina di persone – che spara al cielo, danza, e urla fedeltà e resistenza. Prima, Moussa Ibrahim, giovane e brillante portavoce del governo (assomiglia, scuro però, a un Antonio Conte prima dell'infoltimento tricologico), aveva garantito che con Zuma non si era parlato di exit strategy per Gheddafi, ma di una soluzione africana: un processo in cui nessuno sia escluso, una settimana di cessate il fuoco con osservatori africani ed europei, due di aiuti umanitari, e poi tutti attorno al tavolo. Aveva fornito il suo numero delle vittime civili della Nato (718, in due mesi e mezzo), non quelle militari.

    Ma, anche se da oggi arrivano gli elicotteri, la Nato non può strafare, se vuole conquistare cuori e menti: la sensazione è che i bombardamenti siano molto più accurati che in Serbia, e che la durezza sia nella continuità della pressione, non nella sua intensità. Il tempo, sì, lavora per Gheddafi. O la Nato fa presto a convincere l'apparato fedele che senza il rais si possano salvare capre del regime e cavoli dell'est ribelle e petrolifero o – qui ha ragione Moussa, accolto alla fine della conferenza stampa dalla moglie tedesca e dalla piccola figlia, che ha sollevato in braccio –  la guerra è senza fine, e la fine lunga ed eterodiretta di Gheddafi diventa guerra civile totale. Molta irritazione per la visita del ministro degli Esteri, Franco Frattini, a Bengasi, e finanziamenti di Unicredit, dove i fondi libici congelati sgocciolano dalla parte nemica. E la benzina dov'è? Il massimo che si può ottenere, dopo giorni in coda, è cinque dinari di rifornimento razionato, 36 litri. O al mercato nero la stessa quantità per cento dinari. Le biciclette cinesi sono salite da cento dinari a trecento. Per strada i ragazzi vestono le magliette delle squadre di calcio italiane, ma più di tutte il Barcellona e, tolta Bab al Azizja, l'unico segno di guerra sono le strisce nere di fumo sul ministero di Giustizia, che era diretto da Abdul Jalil, ora a Bengasi.

    PS. Naturalmente sappiamo tutti benissimo dove sia Tripoli. Meno dove vada. “Ma Tripoli dov'è” è il refrain di Tripoli '69, cantata da Patty Pravo su parole di Paolo Conte, l'altro Conte.