Che fare, cosa non rifare/ 13
Quando un grande seduttore è alle corde, deve rivolare alto
Dovrebbe affacciarsi da qualche parte. E gridare: “Italiani io vi ho capito”, come fece De Gaulle con i francesi. In fondo la questione è la stessa, un gesto che accenda l'amore o lo ravvivi. A contare le preferenze, ventimila in meno nel cuore della sua Milano, in proiezione alcune centinaia di migliaia in tutta Italia, uomini e donne un tempo sotto charme oggi lo vedono come Swann vedeva Odette de Crécy.
Ogni ora sarà pubblicato un intervento fogliante e no sulla batosta del Cav.
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Dovrebbe affacciarsi da qualche parte. E gridare: “Italiani io vi ho capito”, come fece De Gaulle con i francesi. In fondo la questione è la stessa, un gesto che accenda l'amore o lo ravvivi. A contare le preferenze, ventimila in meno nel cuore della sua Milano, in proiezione alcune centinaia di migliaia in tutta Italia, uomini e donne un tempo sotto charme oggi lo vedono come Swann vedeva Odette de Crécy, nemmeno bella, forse nemmeno brillante, smorfiosa e stanca imitatrice di se stessa.
C'è, nel verdetto delle urne, anche il rimpianto del tempo perduto, delle occasioni fallite, l'irruzione devastante del senso di colpa e del risentimento per la ripetizione dell'abbaglio. Qualcosa di personale, dunque. Di irrazionale, di simbolico che riguarda più la sfera del disamore che la materialità della politica. Qualcosa non riconducibile immediatamente a problemi di partito e di governo. E' questo che rende particolarmente vulnerabile, fragile il premier e malinconico il suo stare sulla scena. Riorganizzare il Pdl, partito dal funzionamento incerto e piuttosto opaco che a volte ha aiutato e più spesso creato problemi, è doveroso.
Adottare le primarie come mezzo di selezione del gruppo dirigente è cosa buona e democratica, anche se vengono le bolle all'idea che il centrosinistra possa presentarsi come innovatore, modernizzatore della politica. Sta di fatto che il partito è un punto di dettaglio nella passione per Berlusconi. Chi lo ha seguito ha scelto un leader che i partiti magari li scioglie e li rifonda da un predellino di automobile. Non un segretario politico votato da un congresso con tanto di timbri della commissione verifica poteri. E poi è difficile vederlo in un partito diverso da quello teocratico, suo marchio di fabbrica. Il governo trasformato in gabinetto di guerra, ristretto, un'agenda spurgata da tutte le battaglie che non si possono vincere: neppure il piano di riduzione della pressione fiscale per stimolare la crescita in sé potrebbe funzionare, non servì ad esempio a riequilibrare l'immagine di George W. Bush.
Anche un'azione di governo più puntuale ed efficace è necessaria ma non è sufficiente. Il tempo è contato e gli effetti di una buona decisione non sempre si vedono subito. Per questo occorre di nuovo parlare al cuore dei suoi ancora numerosi elettori, trasmettere sogno ed emozione: allora persino i fatti resterebbero un altro po' in secondo piano. De Gaulle quando si affacciò al balcone del municipio di Algeri e disse la sua celebre frase sapeva perfettamente che avrebbe fatto l'esatto contrario di quello che i francesi gli avevano detto e lui sosteneva di avere così ben capito: mandò lo stesso la folla in visibilio. Può il Cav. riuscire in un altro miracolo? Certo non è l'uomo che nel 2006 contro alleati e avversari rimonta quindici punti in tre mesi e per poco non sfiora la vittoria. Non è il caterpillar del 2008. Ma come si sa in politica mai dire mai. Una cosa sola non può fare, il Cav.: limitarsi a governare giocando di rimessa, scommettendo sugli errori del centrosinistra, sulla sua pulsione ricorrente al suicidio. Sarebbe un'uscita di scena poco felice per colui che ha occupato il centro della politica per ben diciassette anni. Sempre con l'ambizione dichiarata di riuscire un giorno a cambiare davvero l'Italia.
Ogni ora sarà pubblicato un intervento fogliante e no sulla batosta del Cav. e sul suo bisogno di rilegittimarsi o invocare l'onore delle armi.
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