Che fare, cosa non rifare/ 24
La sconfitta del cavaliere non è ancora vittoria dell'alternativa
Non so proprio quello che Berlusconi potrebbe fare per riconquistare ciò che ha perduto, per ritrovare il suo appeal e la sua felice sintonia con il popolo italiano. Potrei aggiungere che non mi interessa molto dal momento che, finalmente, c'è stata una vittoria dell'opposizione e della sinistra. Invece mi riguarda perché la sconfitta del Cavaliere non è (o almeno non è ancora) la vittoria di un'alternativa, non indica un diverso modo di governare questo paese.
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Non so proprio quello che Berlusconi potrebbe fare per riconquistare ciò che ha perduto, per ritrovare il suo appeal e la sua felice sintonia con il popolo italiano. Potrei aggiungere che non mi interessa molto dal momento che, finalmente, c'è stata una vittoria dell'opposizione e della sinistra. Invece mi riguarda perché la sconfitta del Cavaliere non è (o almeno non è ancora) la vittoria di un'alternativa, non indica un diverso modo di governare questo paese. E' piuttosto il segnale di una insopportabilità, la risposta ad un senso di degrado e di inesorabile decadenza che da un pezzo pervade il paese.
Berlusconi con una sorta di solipsistico ottimismo, con spavalderia ha ignorato la diffusa infelicità pubblica che possiede l'Italia e che le sue scelte, le scelte del suo governo, hanno così tanto alimentato. Temo sia troppo tardi per provare a ricostruire. Nella costruzione di una pubblica felicità i dati dell'economia contano. (L'economia nasce nel Settecento come scienza della felicità). E contano non solo per il singolo, per la sua vita quotidiana, ma per l'immaginario collettivo. Lui non ha visto, non ha voluto vedere che il popolo, anche il suo popolo, diventava più povero e più infelice. Non si è occupato di come e quanto i tagli alla spesa rendessero la vita di molti più dura, di quanto i dati economici umiliassero la collettività, di quanto il precariato uccidesse le speranze dei giovani, il costo della vita rendesse dura la vita degli anziani, la mancanza di investimenti negasse un'idea di futuro. Ha puntato sulla seduzione e sulla conquista illudendosi che l'infelicità potesse essere dimenticata. Ora afferma che nei prossimi due anni si potrebbe riparare, ma non dice in che modo.
Se la prende con il suo ministro dell'Economia, ma sa che non avrebbe saputo che cosa fare altrimenti. Ancora una volta offre a garanzia se stesso, il suo volto ostinatamente sorridente, la sua volontà di superare le tempeste. Ma ha di fronte l'infelicità. Un sentimento forte, radicato e così insopportabile da far preferire all'elettorato l'ignoto di una sinistra che non ha ancora le idee chiare ad un centrodestra di cui ha sperimentato ormai ampiamente la incapacità di rispondere anche solo al malessere.
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