La blogger Amina è scomparsa, l'hanno caricata su un'auto rossa
Papà la sta cercando da ogni parte, chiede ai parenti vicini al regime siriano, chiede ai Fratelli musulmani, perché lì pure ci sono parenti, e quando si è disperati vale tutto, anche il cugino che non senti da anni perché c'è davvero troppo poco da dirsi. Papà è andato nei quartieri generali – se così si possono chiamare quegli ufficiattoli – delle diciotto diverse formazioni militari che, a Damasco, si fanno chiamare “polizia”.
Papà la sta cercando da ogni parte, chiede ai parenti vicini al regime siriano, chiede ai Fratelli musulmani, perché lì pure ci sono parenti, e quando si è disperati vale tutto, anche il cugino che non senti da anni perché c'è davvero troppo poco da dirsi. Papà è andato nei quartieri generali – se così si possono chiamare quegli ufficiattoli – delle diciotto diverse formazioni militari che, a Damasco, si fanno chiamare “polizia”, e anche dagli altri, i paramilitari o semplicemente le “bande” che mantengono l'ordine, o dicono di farlo. Papà ha chiesto a tutti la stessa cosa: “Ce l'avete voi Amina?”.
Amina è sua figlia, l'autrice di un blog che si chiama “A gay girl in Damascus”, una finestra su un mondo per lo più sconosciuto su cui si affaccia una ragazza lesbica, bella e con gli occhi dolci. Lui è quel papà eroico che, quando andarono gli sgherri per portare via Amina, improvvisò su due piedi, davanti al portone del condominio, un discorso potentissimo a difesa di Amina, delle proteste, delle minoranze, e gli sgherri se ne andarono senza la ragazza. Ma quando le guardie l'hanno trovata di nuovo, lunedì attorno alle sei, papà non c'era.
Amina camminava con un'amica, stava andando a incontrare una persona, quando l'ha individuata ha detto alla sua amica di andare, e proprio mentre si stava allontanando tre persone l'hanno fermata, le hanno messo una mano sulla bocca, l'hanno infilata in un'auto, una Dacia Logan rossa, con su un adesivo di Basel Assad, fratello del rais Bashar, il prescelto da papà Hafez per guidare la Siria morto in un misterioso incidente nel 1994. L'amica non è riuscita a prendere la targa ed è corsa subito a casa di Amina, da papà, che da quel momento non ha ancora dormito un minuto. Gli basterebbe sapere se Amina è in prigione, e se sì quale. Vuole soltanto parlare ai carcerieri di sua figlia.
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Damasco. Abbiamo ricevuto una visita della polizia segreta: era sera tardi, nel cuore della notte. Mi sono svegliata quando ho sentito il clamore e ho subito indovinato. Mio padre era già lì; indossava soltanto la camicia da notte. Aveva già cominciato a discutere. Appena sono apparsa, uno dei due annuisce, “E' lei”. “Io?”. [continua a leggere]
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