Default non è morire

Tutte le ipotesi in campo per far fallire la Grecia in modo pilotato

Stefano Cingolani

Il nome della cosa cambia: reprofiling, rollover, rescheduling che può essere morbido o duro, volontario o (extrema ratio) forzoso. La sostanza, invece, è una sola: si sta discutendo di far fallire la Grecia in modo pilotato. Ci sono differenze importanti, tuttavia è ormai chiaro che i risparmiatori non riscatteranno i titoli al loro valore e alla scadenza prevista al momento dell'acquisto.

    Il nome della cosa cambia: reprofiling, rollover, rescheduling che può essere morbido o duro, volontario o (extrema ratio) forzoso. La sostanza, invece, è una sola: si sta discutendo di far fallire la Grecia in modo pilotato. Ci sono differenze importanti, tuttavia è ormai chiaro che i risparmiatori non riscatteranno i titoli al loro valore e alla scadenza prevista al momento dell'acquisto. Il problema è quanta parte verrà perduta, quando si potrà riscuotere il capitale (sia pur dopo quello che i tecnici chiamano, con eleganza, un taglio di capelli o “haircut”) e chi si accollerà le perdite. Su questo la discussione è ancora aperta.

    Il prestito di 110 miliardi di euro concesso da Unione europea e Fondo monetario internazionale non copre il fabbisogno del prossimo anno che ammonta a 44 miliardi, mentre scadranno entro marzo 14 miliardi di buoni del Tesoro. Occorrono altri cento miliardi erogati da Commissione europea, Bce e Fondo monetario internazionale. Le risorse verranno prese da quelle a disposizione del Fmi e dalla nuova Financial Stability Facility europea di 440 miliardi. Ma a quali condizioni?

    Ci sono due variabili politiche di non poco conto. La prima riguarda Atene: George Papandreou dovrà ottenere un voto del Parlamento sulle misure di austerità che mettono di fatto il paese sotto amministrazione controllata. Il secondo ostacolo arriva da Berlino. Ieri la Banca dei regolamenti internazionali ha rivelato che i tedeschi hanno in portafoglio 22,7 miliardi di dollari in titoli di stato. Gli istituti di credito francesi arrivano a 15 miliardi, ma sono molto più coinvolti nel mercato privato anche grazie alla filiale del Crédit Agricole (Emporiki bank): l'insieme del sistema bancario transalpino ha sul groppone 39,6 miliardi.

    Le banche italiane hanno in pancia 4 miliardi, di cui 2,35 in titoli di stato. Il governo tedesco, ascoltando gli alti lai dei banchieri, propone un reprofiling volontario: in sostanza significa allungare di sette anni la scadenza dei titoli esistenti, facendo fronte così ai 30 miliardi che maturano nel prossimo triennio.

    Per Standard & Poor's ciò equivale al fallimento. Secondo alcuni analisti, la Bce preferisce un rollover, un completo rinnovo dei vecchi titoli scambiandoli con nuovi bond emessi con scadenza e valori diversi. Ma Lorenzo Bini Smaghi, membro del direttorio della Bce, ha escluso ieri qualsiasi ristrutturazione del debito, “difficile da gestire, dannosa e più costosa per i contribuenti”. La Banca centrale non è d'accordo nemmeno con la proposta tedesca di coinvolgere investitori privati nel nuovo salvataggio della Grecia. Reprofiling e rollover graveranno entrambi su banche e investitori privati, non solo sui governi. Nel 1990 i Brady bond scambiati con i titoli messicani avevano un valore inferiore di oltre un terzo. Nel caso greco, le stime vanno dal 40 al 50 per cento. Una parte della perdita ricadrà anche sulla Bce che finora ha acquistato titoli per 50 miliardi di euro. Non si tratta, tuttavia, di oneri insopportabili.

    Morgan Stanley calcola, nel peggiore dei casi, 1,7 miliardi di euro per Bnp, 1,3 miliardi per Dexia e un ammontare simile per gli altri grandi istituti coinvolti. Cosa accadrà invece alle piccole banche di Atene che detengono 60 dei 340 miliardi di debito pubblico totale, e in più hanno ottenuto prestiti dalla Bce per sopravvivere? Oggi operano solo grazie alla garanzia di Francoforte. Una svalutazione del debito pari al 50 per cento provoca una perdita globale di 25 miliardi, secondo JP Morgan. Quindi è probabile che finiscano nelle braccia dei creditori tedeschi e francesi. Fallire non è morire, ha ricordato Mario Draghi che da ottobre dovrà gestire la prova di maturità per l'euro. Perché la differenza con la crisi asiatica o sudamericana è che la Grecia non potrà contare sulla svalutazione per lenire le sue pene.