Palazzo

Fini fa un pensierino sulle primarie, ma quali?

Salvatore Merlo

Circondato dai suoi senatori e deputati, riuniti ieri a pranzo all'Hotel Minerva, pieno centro storico a Roma, Gianfranco Fini li ha ascoltati esercitarsi in astrazioni (ma neanche troppo) sul futuro politico del centrodestra: le primarie per la scelta del leader. Il presidente della Camera è una sfinge, eppure una cosa l'ha detta di fronte a tutti.

    Circondato dai suoi senatori e deputati, riuniti ieri a pranzo all'Hotel Minerva, pieno centro storico a Roma, Gianfranco Fini li ha ascoltati esercitarsi in astrazioni (ma neanche troppo) sul futuro politico del centrodestra: le primarie per la scelta del leader. Il presidente della Camera è una sfinge, eppure una cosa l'ha detta di fronte a tutti: “Berlusconi non accetterà mai di fare le primarie”. Pausa. Poi un mezzo sorriso: “Ma se le facessse…”. Fini non esclude di potersi candidare lui alla guida della coalizione di centrodestra. E nel suo entourage, un po' frustrato dal risultato non brillante delle amministrative, l'idea piace moltissimo (ad Adolfo Urso, ma anche a Carmelo Briguglio). Nell'ottica del presidente della Camera si tratta – preferibilmente – di primarie “senza Berlusconi”, di un meccanismo di cui il premier si faccia soltanto garante e arbitro, senza tuttavia parteciparvi.

    Progetti forse evanescenti, ma che tuttavia si accompagnano alle avances che il Pdl (e anche la Lega) rivolge all'Udc, ovvero alla teoria secondo cui va ricomposta “la casa dei moderati”. D'altra parte Fini attraversa un momento complicato: ha grosse difficoltà nella manovra politica, ma è riuscito (in parte) a smentire le strane escogitazioni su improbabili alleanze dipietriste (con l'Idv a Napoli) e con la sinistra. L'ex leader di An è d'altra parte consapevole di doversi riavvicinare – nel linguaggio e nel pensiero – all'elettorato del centrodestra. “Se non rientra nella partita rischia l'estinzione, altrove non c'è spazio per lui”, dice al Foglio Alessandro Campi. Il politologo, direttore della Rivista di politica, ex consigliere di Fini (al quale è ancora legato da amicizia), spiega che “Fini deve cancellare l'immagine del tradimento che di lui è stata propagandata dagli avversari. Dopo il trauma del divorzio non può certo piegarsi a un accordo con il Pdl, ma il suo riavvicinamento deve passare da un altro trauma ovvero dal rischio per il centrodestra di perdere le elezioni. Questo trauma ha il proprio scioglimento nel meccanismo delle primarie. Fini dovrebbe cercare di inserirsi nella partita. Difficile, ma non impossibile”.

    La Lega è attraversata da un fortissimo tramestio. Tanto che il vertice di lunedì ad Arcore tra Silvio Berlusconi e i massimi dirigenti della Lega, Umberto Bossi compreso, è cautamente fatto oggetto di qualche (amara) ironia in Via Bellerio, sede storica e cuore della Lega a Milano. Bossi e i suoi colonnelli sono parsi irresoluti persino agli osservatori del Pdl. La sola richiesta formulata con chiarezza è stata infatti quella del decentramento, peraltro poco più che nominale, dei ministeri guidati da Bossi e Roberto Calderoli al nord. Un'opzione rilanciata con forza polemica (e tattica) ieri attraverso i mezzi di stampa dallo stesso Calderoli, un po' in difficoltà come il resto del partito. Si avvicina il grande raduno di Pontida e di fronte al popolo padano Bossi per ora non ha che da sventolare gli insoddisfacenti risultati elettorali delle amministrative. Il leader ha deciso di rimanere in equilibrio tra la cautela (più filo berlusconiana) dei dirigenti del cosiddetto cerchio magico e la posizione dinamica (e un po' antitremontiana) del suo vecchio amico Roberto Maroni. E' stato Maroni, autore di un disegno politico di cui Bossi è al corrente, ad aver suggerito l'unico passaggio vagamente minaccioso del dialogo di Bossi con Berlusconi: il riferimento all'ipotesi di elezioni anticipate per il 2012. A Via Bellerio i punti della cosiddetta linea Maroni non sono un mistero per nessuno: cambiare candidato premier per il 2013, rilanciare sull'economia (con o senza Tremonti), inasprire la politica sull'immigrazione. Ma la “linea Maroni” passa da un attrito con Berlusconi (e Tremonti) che per ora il vecchio leader Bossi vuole evitare.

    Il 23 giugno ritorna Luca Cordero di Montezemolo, a Roma in un seminario sulla cultura “come fattore produttivo” organizzato dalla sua fondazione ItaliaFutura. Per i maliziosi la tempistica delle scelte pubbliche di LCdM coincide troppo con il navigare difficile del governo per essere del tutto casuale. Ma chissà. Al suo fianco ci saranno il ministro Giancarlo Galan (pdl inquieto) e l'ex assessore alemanniano Umberto Croppi, che sta uscendo da Fli e lavora da ponte tra Alemanno e LCdM in vista di nuovi equilibri.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.