Formidabili giudizi ed equanimi sulla parabola del Cav.
E' possibile un giudizio equanime sulla parabola di Berlusconi nella vicenda nazionale? Ci sono speranze che, nella riflessione della sinistra, non ci sia la frettolosa ripetizione, applicata al berlusconismo, dello schema retorico che, mutatis mutandis, ritardò di decenni la riflessione senza censure sul fascismo?
E' possibile un giudizio equanime sulla parabola di Berlusconi nella vicenda nazionale? Ci sono speranze che, nella riflessione della sinistra, non ci sia la frettolosa ripetizione, applicata al berlusconismo, dello schema retorico che, mutatis mutandis, ritardò di decenni la riflessione senza censure sul fascismo? A queste domande che l'editoriale del direttore del Foglio sollevava ieri, chiamando in causa soprattutto “una sinistra italiana non televisiva e non manettara”, la giornalista Ritanna Armeni risponde che “un giudizio non fazioso sul berlusconismo è, più che utile, necessario alla sinistra. A partire dalla considerazione che la società italiana ha espresso desideri ai quali il berlusconismo non ha saputo rispondere, ma che, anche ora che Berlusconi è in declino, rimangono. Per la sinistra è un problema. Mentre finora quei desideri erano coperti dall'antiberlusconismo, ora si disvelano nella loro materialità. Non ha senso continuare nell'antiberlusconismo quando si deve giudicare un fenomeno concluso: sono d'accordo, e lo ero anche quando il berlusconismo era all'apice del consenso. Non vederne la carica di utopia, di sogno, che rappresentava quando era vincente era sbagliato. Non vederlo ora a maggior ragione sarebbe pericoloso. Il fenomeno Berlusconi è stato un grande, esteso fenomeno politico sociale di questo paese, che ha cercato di rispondere a desideri e domande, senza riuscirci. Non si può continuare ad agitare lo spettro di Berlusconi se nel frattempo Berlusconi è diventato uno spettro. E bisogna capire che è stato qualcosa di più della somma delle cose che ha fatto o che ha solo promesso”.
Ida Dominijanni, giornalista del “manifesto”, pensa che “ogni riduzione ad anomalia di qualcosa che è stato egemonico (come fu nella messa tra parentesi crociana del fascismo) è sbagliata. La sinistra dovrebbe rileggersi Gramsci e capire che il fenomeno egemonico rappresentato dal berlusconismo finisce perché finisce un ciclo che non contiene solo quello. Dovremmo rifletterci tutti, a sinistra e a destra. Ma la sinistra che non ha capito l'emergere del fenomeno Berlusconi, e che spesso ha sbagliato l'obiettivo polemico, rischia, di conseguenza, di non capire nemmeno la fine di quella parabola. Berlusconi è stato un sintomo, prima che un attore, e l'equivoco principale si è consumato sulla questione della libertà, attorno alla quale lui ha aggregato, dandole una valenza neoliberista, edonista e assolutista, nel senso di libertà senza regole. Ma sulla stessa parola la sinistra ha evitato di riflettere per vent'anni, ed è un problema (potrei fare anche l'esempio della sessualità o della legalità). Come sempre capita nella storia d'Italia – nel 1945, come scrive Ferrara, e aggiungerei nel '92 – si rischia di fare salti senza elaborazione adeguata. E' un difetto nazionale, non solo della sinistra. La quale ora rischia di cavalcare vittorie di movimenti e società civile (della quale non faccio un monumento perché c'è dentro di tutto, anche il giustizialismo) che già la oltrepassano. Il rischio, per la sinistra, ora è quello di lucrare su queste vittorie per fare un gioco che è già scritto, quello del governo di unità nazionale con Casini e Tremonti”.
Carlo Freccero, esperto di comunicazione critico del berlusconismo, sottolinea che “gli anni di Berlusconi ci hanno abituato a una specie di referendum permanente, nel quale la quantità ha vinto su ogni altra forma di valore. E' utilizzando la quantità come criterio di verità, ed è valutando lo share del 33 per cento di Santoro, che parliamo di fine del berlusconismo: usando, cioè, schemi interpretativi berlusconiani. Significa che il punto di vista berlusconiano è stato introiettato da tutti, sinistra compresa. Ma c'è dell'altro: oggi i movimenti spontanei crescono sulla tutela dei beni comuni, gli scenari sono nuovi, siamo alla fine di un pensiero unico liberista che ha coinvolto anche la sinistra. I ragazzi, in tutto il mondo, reagiscono ferocemente se qualcuno tocca internet, ed è così ora sull'acqua, sul cibo, sull'aria. Sta succedendo qualcosa di molto più vasto e profondo della fine del berlusconismo. Già prendere atto di questo significa uscire da schemi semplificatori, da rimozioni frettolose, da esecuzioni sommarie”. Per la giornalista Marina Terragni “si deve fare questo sforzo di valutazione equanime del berlusconismo, ma ancora non sappiamo come andrà a finire, e un giudizio storico è difficile da darsi nel pieno di una lotta politica ancora in corso. Il problema non è solo Berlusconi, ma la diffusa lontananza della politica di questi anni. Non sento tra i cittadini alcun desiderio di esecuzioni sommarie nei confronti di Berlusconi, mi pare che prevalga la voglia di cambiare, ma anche nel senso che c'è un paese stanco di se stesso e di un certo modo di intendersi. Il fatto è che gli italiani che lo hanno sostenuto sono stati a volte più berlusconiani di Berlusconi. Da lui hanno avuto delusioni, hanno visto tradite le premesse del loro consenso, eppure gli hanno rinnovato la fiducia, aspettando cambiamenti che non sono avvenuti. Ci sono stati fattori decisivi che prescindono da Berlusconi, come la crisi economica, ma ci sono state anche promesse mancate: uscire dalle secche dello statalismo, entrare in una situazione in cui il mercato e le libertà pesavano di più. Riconosco a Berlusconi che dal punto di vista delle libertà civili non ha fatto nulla delle nefandezze di cui gli veniva attribuita l'intenzione. Su questo il tradimento non c'è stato. Ma sulle meraviglie del mercato, sulle riforme, sull'America che dovevamo diventare, sì”.
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Berlusconi, cercansi giudizi equanimi
Con un editoriale Giuliano Ferrara si chiedeva se “è possibile” dare “un giudizio equanime sul berlusconismo” già oggi. Un giudizio sul berlusconismo in crisi è, e sarà, necessario. Abbiamo chiesto a un po' di blogger di provare a rispondere – in poche righe – alla domanda dell'editoriale del Foglio. Ecco i loro contributi. [continua a leggere]
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L'Italia non è in rovina, e la mia non è stata indulgenza ma piena e leale corresponsabilità
Caro Luca, l'Italia non è in rovina. E' stata governata un po' da Berlusconi e un po' dalla sinistra ulivista e unionista, a parte i due anni Dini-Scalfaro. E' la solita Italia, bene e male intrecciati. Le rivoluzioni liberali le promettono tutti, D'Alema non fece eccezione, e tutti se le rimangiano, et pour cause. [continua a leggere]
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E' possibile un giudizio equanime sul berlusconismo?
Se c'è ancora, e dovrebbe esserci, una sinistra italiana non televisiva e non manettara, questa sinistra dovrebbe porsi da subito il problema di un giudizio equanime sulla parabola di Berlusconi nella vicenda nazionale. [continua a leggere]
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Io rimanderei (risposta a Giuliano Ferrara sulla fine del berlusconismo) di Luca Sofri dal blog Wittgenstein
Una risposta indulgente alla risposta di Luca Sofri a Giuliano Ferrara di Christian Rocca dal blog Camillo
Il Foglio sportivo - in corpore sano