Caro Amicone, perché invece non ti fai la domanda giusta?

Maurizio Crippa

Caro Gigi, il tuo vibrato intervento è davvero pieno di sorprese. Anch'io non ho votato, non per combattere il presunto quorum cattocomunista, ma semplicemente perché ero in giro e, in fondo, credo che su quesiti talmente opinabili, niente di non negoziabile comunque, sia un diritto democratico anche non avere un'urgente opinione. Dunque mi ha sinceramente sorpreso apprendere da te che “i cattolici dovrebbero essere attraversati da un brivido di inquietudine” per un voto che “mortifica la ragione” e “la stessa dottrina sociale della chiesa”. Perbacco.

    Caro Gigi, il tuo vibrato intervento è davvero pieno di sorprese. Anch'io non ho votato, non per combattere il presunto quorum cattocomunista, ma semplicemente perché ero in giro e, in fondo, credo che su quesiti talmente opinabili, niente di non negoziabile comunque, sia un diritto democratico anche non avere un'urgente opinione. Dunque mi ha sinceramente sorpreso apprendere da te che “i cattolici dovrebbero essere attraversati da un brivido di inquietudine” per un voto che “mortifica la ragione” e “la stessa dottrina sociale della chiesa”. Perbacco.

    Ma soprattutto mi sorprende la scoperta che le grandi ed efficienti aziende pubbliche di cui, da cittadino come te lombardo, vado fiero, si siano trasformate tutto d'un tratto in sentine di satana. Doppio perbacco. Dico, pescando così dal mazzo, la A2A: gioiello delle multiutilities mondiali che gestisce alla grande la nostra mondezza nel felice principato formigoniano, un colosso da 6 miliardi di fatturato beatamente controllato al cento per cento dai comuni di Milano e Brescia. O Metropolitana Milanese spa, la società dell'acquedotto, controllata in toto da Palazzo Marino (convenzione fino al 2027) che non ha nulla da temere nemmeno dalla bocciatura del decreto Ronchi. O la Sea, la società degli aeroporti, anche lei trionfalmente a controllo pubblico, a maggior gloria di noi cittadini. Forse ricordo male, ma non ho mai sentito né te, né i tuoi amici nostalgici del Movimento popolare (caspita, quante scoperte in un articolo solo) stracciarsi le vesti per la palese contraddizione della dottrina sociale cattolica, o dimettersi in massa dai cda invocando il principio di sussidiarietà. E fanno benone, e io sono orgoglioso di essere cittadino di una regione che ha una mano pubblica sulle utilities così efficiente.

    Che c'entra dunque la dottrina sociale? Dici che mollare gli acquedotti pubblici “secondo la dottrina sociale della chiesa” rappresenterebbe “un esempio di ‘sussidiarietà'”. Ora, la commistione tra pubblicol privato può essere ottima; ma che c'entra con la sussidiarietà? La privatizzazione delle ferrovie di Montezemolo è sussidiarietà, o è libero mercato? O sogni la gestione sussidiaria di una centrale nucleare? E perché non mandare i liberi cittadini con pala e piccone a costruirsi sussidiariamente le autostrade, ognuno il suo ultimo miglio? Ci sono cose che non impegnano proprio la dottrina sociale. L'ottone dei rubinetti è un elemento che nella tavola periodica delle materie non negoziabili non compare. Sul nucleare, poi, tema opinabilissimo per antonomasia, sono più in sintonia col Papa che con Chicco Testa (se questo, ben inteso, non contraddice la dottrina sociale). E non essendo materie non negoziabili, chiunque può pensarla e votare un po' come cazzo gli pare, per dirla in punta di sana dottrina. E i cattolici che hanno gioito per il sì, magari pure sbagliando, non hanno violato dogmi, né accelerato la venuta dell'Anticristo.

    Hai ragione, invece, quando dici che “il referendum è stato caricato di una evidente valenza politica pro o contro Berlusconi”. Sì, hanno votato contro Berlusconi. Può spiacere. In futuro potrà arrivare anche di peggio. E certo fa benissimo la Cdo a invitare a “essere meno ingenui sul potere salvifico della politica”. Ma, come l'A2A e un sacco di altre cose, fa parte della politica, dell'opinabile, persino dei gusti, non della dottrina. Secondo te la “mobilitazione in casa cattolica ha portato acqua alla divaricazione dal realismo e dalla razionalità contenuti nel magistero petrino e nella dottrina sociale cattolica”. E tutto questo solo perché è un voto contro Berlusconi. Forse ti converrebbe guardare le performance grottesche, a essere generosi, di questo governo sul testamento biologico, il quoziente familiare o i familismi giovanardiani, per capire che a questo punto persino qualche cattolico può legittimamente, e laicamente, domandarsi perché continuare a votarli. A meno di stare ancora fermi a quando il buon don Gianni Baget Bozzo, anche dalle colonne del tuo Tempi, pontificava sull'Unto del Signore. Già, a proposito di “essere meno ingenui sul potere salvifico della politica”.

    Non mi sembra che i cattolici si siano “autoinflitti una sberla”. Francamente non so se “esista già ‘in sonno' un ‘partito di cattolici'” insufflato dalla gerarchia, e non sono particolarmente eccitato all'idea. Ma forse, invece di chiedere ai figlioli di Tettamanzi perché abbiano giocato con la tavola periodica dei valori negoziabilissimi, per capire l'euforia di molto mondo cattolico per la “macchina da sberle”, dovresti farti altre domande. Quanto bene ha davvero fatto, a quella che chiami “personalità cristiana” in campo pubblico, un ventennio di ruinismo a trazione berlusconiana? Il voto di una parte dei cattolici ai referendum nasconde questa domanda, altro che la dottrina sociale degli acquedotti.

    Forse potresti girare il quesito, più che al fantasma del Movimento popolare, al buon Formigoni: “Non chiederti cosa possiamo fare noi per te, chiediti cosa tu puoi fare per noi”. Il voto cattolico del referendum, se non ci mettiamo delle fette di municipalizzate sugli occhi, è un segnale che quella sorta di Patto Gentiloni informale che da un ventennio presiede, benedetto dalle gerarchie, alla presenza dei cattolici nella politica italiana è un po' agli sgoccioli. Che fare? Secondo me anche niente, il deserto avanza lo stesso e non è un articolo di fede avere un progetto politico, se non c'è. E allora l'estate è lunga, tu vai in Sardegna e io in Valmalenco. Che lì l'acqua è buona, e gratis.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"