Fast and furious alla messicana
Il programma non convenzionale che l'agenzia americana per il controllo di alcol, tabacco, armi e esplosivi aveva escogitato contro i narcos si chiamava “Fast and Furious”, ovvero “rapido e furioso”, come nel film del 2001 di Rob Cohen con Bruce Willis. L'idea era quella di far entrare in Messico, tra 2009 e il 2010, oltre duemila armi schedate in modo da ricostruire il loro percorso fino ai cartelli dei trafficanti di droga.
Il programma non convenzionale che l'agenzia americana per il controllo di alcol, tabacco, armi e esplosivi (Atf) aveva escogitato contro i narcos si chiamava “Fast and Furious”, ovvero “rapido e furioso”, come nel film del 2001 di Rob Cohen con Bruce Willis. L'idea era quella di far entrare in Messico, tra 2009 e il 2010, oltre duemila armi schedate in modo da ricostruire il loro percorso fino ai cartelli dei trafficanti di droga.
Alla fine del 2010 solo venti degli acquirenti erano stati identificati, circa l'un per cento del totale. Il resto del flusso ha finito semplicemente per alimentare l'ondata di violenza che insanguina il Messico. In particolare, con due armi del programma “Fast and Furious” lo scorso 14 dicembre è stato assassinato Brain Terry: un ex marine quarantenne, agente della polizia confinaria, che era in servizio in Arizona, e che è morto in un conflitto a fuoco con presunti narcos a trenta chilometri dal confine.
Furiosi dunque i familiari: “Chiediamo che se un funzionario ha preso una decisione sbagliata, lo ammetta e se ne prenda la responsabilità”, ha detto Robert Heyer, un cugino dell'agente morto. Furiosi i repubblicani Darrel Issa e Charles Grasseley, l'uno rappresentante e l'altro senatore: “Le morti erano un risultato prevedibile”. I due hanno presentato un rapporto critico sul programma, chiedendo una pena per gli ideatori di questa “rischiosa strategia”, primo di tutti il direttore stesso dell'Agenzia Kenneth Melson. Furiosi i vari agenti dello stesso Atf che sostengono di aver ripetutamente avvertito i superiori dei rischi che correvano, “ma siamo stati sistematicamente ignorati”, ha accusato l'agente speciale Olindo James Casa.
Furioso è anche il presidente messicano Felipe Calderón, accusato di aver innescato un'escalation di violenze tra i narcos soprattutto a causa dell'operazione dell'Atf, partita subito dopo il suo insediamento. L'amministrazione di Calderón è stata spesso dipinta dalla stampa americana con toni da stato fallito dell'Africa o del medio oriente, che si difende scaricando gran parte delle responsabilità sul potente vicino del Nord. Secondo il governo messicano, invece, non solo l'America è il consumatore insaziabile di droghe, ma è anche il principale fornitore delle armi con cui i messicani si massacrano.
“Accuso l'industria delle armi americana delle migliaia di morti che si stanno producendo in Messico ed esigo che si ponga ordine in questo tema”, ha detto Calderón in un incontro con la comunità dei messicani residenti in California. Secondo lui negli ultimi quattro anni sono state sequestrate alle bande criminali messicane ben 104.000 armi. E almeno l'85 per cento di esse sarebbero state di provenienza statunitense: un'aliquota che il rapporto di Issa e Grasseley abbassa fino al settanta per cento.
Nel 2006 le vittime della Guerra della droga in Messico sono state 62, salite a 2837 nel 2007; 6844 nel 2008; 9635 nel 2009; addirittura 15.273 nel 2010; e 4741 nei primi cinque mesi del 2011. Si è insomma già passata quota 39.000 cadaveri, e già entro luglio si dovrebbero oltrepassare anche quota 40.000.
A parte la quantità dei morti, fa sempre più impressione la modalità estrema degli omicidi. L'ultima storia, rivelata da un pentito allo “Houston Chronicle” rivela la passione dei membri del cartello "Los Zetas", il più feroce di quelli in campo, per una riedizione dei combattimenti gladiatori: turisti rapiti dagli autobus e costretti a affrontarsi tra di loro nell'arena a colpi di martelli, machete e bastoni. Il che spiegherebbe le strane ferite alla testa di alcuni tra i duecento cadaveri di recente ritrovati in una fossa comune. E mercoledì sempre i membri di "Los Zetas" hanno lasciato per una strada di Monterrey, la città più ricca del Messico, i corpi mutilati di due guardie del corpo del governatore dello stato del Nuevo León Rodrigo Medina. Avvolti in un lenzuolo, depositati vicino a un supermercato, e con vicino un messaggio: “Per il governatore Rodrigo Medina: qui stanno due delle tue guardie. Attento a dove ti metti”. Nata come milizia composta da ex-agenti dei corpi speciali che avevano deciso di raddoppiare lo stipendio con il Cartello del Golfo, il gurppo dei "Los Zetas" si è poi messo in proprio, sfidando lo stesso Cartello del Golfo per il controllo delle rotte di narcotraffico più proficue.
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