Nuove lezioni
Invaghirsi del film di J. J. Abrams
Legati a doppio filo dai film in super 8. A uso dei fortunati che sono cresciuti con la videocamera nel cellulare: era il formato della pellicola brevettata nel 1965 dalla Kodak per le cineprese amatoriali (più facile da usare del normale 8 mm usato dal sarto Abraham Zapruder, che dal suo muretto riprese l'assassinio di John Fitzgerald Kennedy a Dallas). Serviva ai genitori per riprendere le vacanze o i compleanni dei bambini, e ai ragazzini innamorati del cinema per i primi esperimenti.
Legati a doppio filo dai film in super 8. A uso dei fortunati che sono cresciuti con la videocamera nel cellulare: era il formato della pellicola brevettata nel 1965 dalla Kodak per le cineprese amatoriali (più facile da usare del normale 8 mm usato dal sarto Abraham Zapruder, che dal suo muretto riprese l'assassinio di John Fitzgerald Kennedy a Dallas). Serviva ai genitori per riprendere le vacanze o i compleanni dei bambini, e ai ragazzini innamorati del cinema per i primi esperimenti. Non bastava un click: c'era bisogno di un esposimetro per misurare la luce, un laboratorio di sviluppo, un proiettore per vedere le immagini, una giuntatrice per chi voleva lanciarsi nel montaggio.
Girava filmini in super 8 il giovane Steven Spielberg, classe 1946. E girava filmini in super 8 il giovane J. J. Abrams, classe 1966, dopo aver visto i film di Spielberg. Erano così belli che Spielberg affidò a J. J. Abrams il restauro dei suoi filmini casalinghi conservati in soffitta. “Avevo un'età – spiega Abrams in un'intervista su Time, ancora con un filo di stupore – in cui nessuno ti dà niente, se vuole averlo indietro intero”.
Era chiaro che prima o poi avrebbero fatto un film insieme, intrecciando passioni e nostalgie. L'occasione è arrivata dopo “Lost” (che ancora ci manca). “Super 8”, uscito il 10 giugno negli Usa, è diretto da J. J. Abrams e prodotto da Steven Spielberg. Protagonisti, un gruppo di ragazzini che vogliono girare un film di zombie (lo vediamo per intero in zona titoli di coda). Il regista ha le idee chiare: bisogna che il cacciatore di morti viventi abbia una moglie, per fare affezionare gli spettatori. Viene reclutata, e truccata con il fondotinta biancastro, Elle Fanning (la ragazzina vista in “Somewhere”): bravissima attrice professionista che imita le timidezze di un'attrice dilettante. Di fronte a un ragazzino innamorato che se la vorrebbe mangiare. Basta vedere come le passa la spugnetta sul volto, nella sua veste di truccatore, per capire che il maschio ha appena passato la linea d'ombra: un attimo prima le femmine sono rompiscatole e guastafeste, un attimo dopo occupano tutti i pensieri.
Il regista del super 8 – si chiama Charles, l'attore è Riley Griffiths – ha le idee chiare anche sui “production values”: la differenza che passa tra un film scadente, girato al risparmio, e un film con un budget. Quando un treno transita nella notte alla stazione di Lillian, cittadina di fantasia nell'Ohio, decide di incorporarlo nella scenografia. Detto e fatto: la scena sembra perfetta, finché il treno non salta in aria, qualcuno della troupe si accorge che c'era un ostacolo sui binari, arriva l'avvertimento: “Non dite niente a nessuno, se no vi uccideranno” (segue rantolo, e la comunicazione si chiude). La cinepresa cade per terra e continua a girare come in “Cloverfield” (diretto da Matt Reeves, che girava i suoi filmini assieme a J. J. Abrams).
Il film (dei grandi) è girato come Spielberg l'avrebbe girato nel '79. Anzi, come Abrams ricorda che quei film erano girati. Un po' di scene tratte dalla fantascienza anni 50, un po' di atmosfere “ai confini della realtà”, più citazioni da Spielberg di quelle che Spielberg stesso avrebbe osato ficcare in una sua pellicola-manifesto, o in un suo “best of”: biciclette e medaglioni son quelle che si possono dire senza rovinare la sorpresa. Lo si guarda ammirati, e anche un po' invidiosi, chiedendosi: ma i futuri registi italiani cosa facevano nell'età impressionabile in cui si prende il vizio del cinema vero e spettacolare? La lezione di Spielberg l'hanno mancata. Non resta che sperare nella generazione che ha amato “Lost”.
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