Ufficio oggetti proibiti

Stefano Di Michele

Non si fa. Per rispetto della legge. Per rispetto del buon gusto. E' nei verbali dei magistrati, nelle confessioni degli svergognati, nelle cronache dei giornali. Cronache nere, cronache politiche: tra la spacconata e il cazzeggio. Vagonate di roba, magazini di masserizie, patetici segni del potere – del dare e del prendere. Ingiustificata ingordigia: non tanto nella sostanziosa donazione (lì trattasi, sotto un certo punto di vista, di giustificata ingordigia), piuttosto nel cialtronesco accaparramento:

    “Tutta quella roba se l'era fatta lui, col suo non dormire la notte, col prendere la febbre dal batticuore o dalla malaria, coll'affaticarsi dall'alba alla sera, col logorare i suoi stivali e le sue mule…” (Giovanni Verga, “La roba”).

    Non si fa. Per rispetto della legge. Per rispetto del buon gusto. E' nei verbali dei magistrati, nelle confessioni degli svergognati, nelle cronache dei giornali. Cronache nere, cronache politiche: tra la spacconata e il cazzeggio. Vagonate di roba, magazini di masserizie, patetici segni del potere – del dare e del prendere. Ingiustificata ingordigia: non tanto nella sostanziosa donazione (lì trattasi, sotto un certo punto di vista, di giustificata ingordigia), piuttosto nel cialtronesco accaparramento: elettrodomestici da pochi soldi, terra per i vasi, bollette del gas… Un piccolo accattonaggio che lascia a bocca aperta per lo stupore – e che quasi illumina di grandiosa potenza, al confronto un vero e proprio assalto al Palazzo d'inverno, i creditori che si sono andati a riprendere i comodini e i divani da Aiazzone. Essendo tale la situazione, si offre apposito dizionario degli oggetti da cui tenersi assolutamente lontani. E di altri manufatti che niente hanno a che vedere con la cronaca giudiziaria, di legittima proprietà e assoluta legalità: magari un dì spiritose ostentazioni, oggi – a tener conto sciascianamente del contesto, a voler rimuginare sui cristiani segni tempi, o solo a fiutare l'aria che tira – surreali esibizioni. Sarebbe come se Berlusconi oggi si rimettesse la bandana. Mai lo farebbe. O almeno si spera.

    Accappatoio e vestaglia.
    Tra i doni, a leggere le cronache, destinati a livello ministeriale e segretariale. Chiaro che dell'accappatoio non si può fare a meno, e bisogna tenerlo – ecco, soltanto comprarselo. Anche perché qui c'è bufera nell'aria. E un governo mica è una sposa: se si bagna non è fortunato, si ritira.

    Alberghi.
    Urge rivalutazione degli ostelli della gioventù, delle case del pellegrino, dell'albergo diurno alla stazione Termini, degli ostelli della Caritas, del Rifugio della giovane. La malacreanza di dormire e mangiare a spese altrui, oltretutto essendo alcune di queste ospiti di sanissima e statuaria costituzione, male abituata e l'organismo indebolisce. C'è quello che chiede “di pagare il conto all'Hotel de Russie per una sua amica che aveva un nome sovietico (un nome sovietico a Unione sovietica finita? E chi era, Lenin, ndr), ricordo d'aver pagato duemila euro per volta”. Forse la discendente della Tereshkova poteva essere alloggiata meno dispendiosamente. Ma pure: “A Milano, per la Scala, ho alloggiato al Principe di Savoia”. Bisogna essere invece decenti: a costo di dover andare a recuperare di persona il letto da Aiazzone.

    Benedizione. Pare che il solito noto imprenditore abbia pagato a un certo monsignore, che stava a Propaganda Fide, cinquemila euro per una benedizione. Manco una cena con Obama costa tanto. Manco una partecipazione a un bunga bunga fruttava tanto. Meglio lasciar perdere: le benedizioni debbono essere tali per chi le riceve, non per chi le fa.

    Biglietti (per le partite di calcio, per il teatro).
    L'accattone che trionfa sul bagarino. Mettere mano al portafoglio, non c'è altra strada per mantenere la propria propensione calcistica o scenica. Casomai, se non si può, accontentarsi della Gazzetta dello Sport e attendere il ritorno di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Pure Silvio ultimamente ha fatto sapere: “Ho sempre fatto regali ai tifosi del Milan e continuerò con questa costosissima abitudine”. Ma i biglietti non c'entrano niente. E se si sente canticchiare fuori dal teatro “Aggiungi un posto a tavolaaa…” non pensare immediatamente che spetti a noi.

    Camicie (di Formigoni). E' uno dei grandi misteri d'inizio millennio: ma come si combina, Formigoni? Dove va a trovare quelle camicie che sembrerebbero azzardate pure nella “Pupa e il secchione”, indossate dalla pupa? Persino da Berlusconi a zonzo tra i cactus della villa sarda? Tutti quei ghirigori floreali, a cosa mirano? Lo spirito dei figli dei fiori è arrivato al Pirellone? Per sicurezza – e per non far apparire, nel confronto, persino troppo elegante l'onorevole Cetto Laqualunque – meglio tornare al classico. Sennò, proprio a voler essere singolari, farsi prestare un tailleur dalla Letizia Moratti.

    Candelabri.
    Fanno mestizia. E magari portano sfiga. Evitare. Adesso ancora con più decisione. Al massimo, un dono per il monsignore: magari ha pure un altare da qualche parte dove metterli.

    Casa. Necessaria. Comunque, sapere sempre chi ha pagato la nostra – tanto per non essere afflitti per tutta la vita da una semplice dimenticanza.

    Casale (a Cortona). Dopo quello che sta capitando ad Antonio Bassolino, indagato per un casale in loco, molto meglio puntare, per degnamente riposarsi dalle settimanali fatiche, direttamente su: a) bilocale a Fregene; b) campeggio a San Vito Lo Capo; c) ospitalità presso parenti a Massa Marittima (con bicchierino di Stravecchio Branca al bar della piazza).

    Cesto (di Natale). Oh, ecco finalmente una cosa sensata – un rimembrare di cassette Stock 84. Prodotto eminentemente destinato al proletariato (autista, ecc.), ma con una sua storica grandezza: panettoni, salumi, torroni, vino, olio, baciperugina… “A Dimiche', hai visto che cesto t'ho mannato? Quanto è grosso, eh?”, chiedeva anni fa irruento un assessore capitolino al giovane cronista. Qualcosa lì dentro si pesca sempre, il cesto vuoto vien buono per il gatto. In fondo, non è l'oggetto più dannoso qui preso in esame.

    Crociera. Siccome è un po' da pezzenti tenere le chiappe al sole sulla terraferma, molto richieste sembrano anche le crociere. E' un'altra aspirazione piccolo borghese che si realizza. Poi, si capisce: nei tempi gloriosi imbarcava tutti Berlusconi sulla “nave della libertà”, da dove minacciava di buttar giù le mura di Piombino, intese mura dell'italico Cremlino, adesso ognuno si arrangia come può e come sa. Più saggio e più decoroso non allontanarsi patriotticamente dalla battigia.
     
    Divise. I giorni austeri che ci aspettano, obbligano anche a riporre le divise usate per gioco. Molto si malignò su poliziotte e infermiere che bungabungavano in quel di Arcore – tant'è che poi arrivarono pure le divise vere, con dentro gli sbirri veri, a protestare lì davanti. E il momento di prendere a modello la saggezza di Mina: “Non gioco più, me ne vado…”. Un unico rimpianto, a proposito di divise: anni fa Mara Carfagna confidò che da ragazza pensava di fare la carabiniera. Vestita da maresciallo sarebbe stata impeccabile: dalla Benemerita alla Bonomerita.

    Frullatore. Più precisamente, come da annotazione, frullatore per ministro. Il quale ministro, giustamente, ha smentito. Ma ecco, che a qualcuno possa venire in mente di regalare un frullatore – manco alla cugina di quarto grado che si sposa quarantacinquenne si regala – è un'ammirevole riprova del profondo provincialismo italiano: “Tiè, ve fate un frullato de banana!”. Di questo passo, se non si mette un freno – estetico, se non giudiziario, si finisce alla grattugia elettrica, alla yogurtiera casalinga, il depilatore a pile. Ma forse, non è così estraneo al momento politico attuale, come può apparire a prima vista, il frullatore. La prova su Wikipedia: “Il suo compito è quello di insufflare aria nei composti per renderli spumosi e leggeri…”. La migliore analisi politologica dai giorni dei primi “Porta a Porta”.

    Fuoristrada. Parente stretto del Suv (vedi sotto). Così pare che il costruttore Anemone “abbia versato 3.250 euro per le spese del fuoristrada del cerimoniere del Papa”, tale monsignor Camaldo. Ora, già fa ridere che il “cerimoniere del Papa” vada in giro come un palazzinaro – invece che sul mite somarello, se non al pari di Gesù, che del paragone potrebbe giustamente risentirsi, almeno come don Abbondio – ma che gli debbano pagare pure le spese… Una Panda di seconda mano: a questo il sant'uomo dovrebbe puntare. Sennò, abbonamento Atac: è molto più chic. E il fuoristrada? Farne opera di misericordia: sarebbe certo utile a qualche confratello che invece di smanettare la Sacra Berretta porta sollievo in qualche villaggio africano. Lo dice il nome (fuori dalla strada), e allora, finché sei dentro il Raccordo anulare, a che ti serve? Se non, appunto, ad andar fuori strada: almeno da quella del buon gusto e del senso della misura.

    Icone.
    A leggere le cronache, destinate ad alcuni ministri. Era finora ignota tanta considerazione per l'arte di Andrej Rublëv. Certe icone, anche non del sommo maestro, sono meravigliose: basta comprarsele con i propri soldi. O accontentarsi di una copia fatta in Cina dai bancarellari vicino San Pietro. Sennò accontentarsi di un santino (ce ne sono anche con delle icone stampate sopra: funzionano lo stesso). Esteticamente, chi riceve in regalo il pezzettino di carta potrebbe restarci male; di sicuro, ci resterebbero meglio il Cristo o la Madonna ritratti.

    Jaguar. C'è pure un passaggio di Jaguar, di verbale in verbale. Ora, la Jaguar – se tu non sei Diabolik e lei Eva Kant, con l'ispettore Ginko che vi morde il culo, invece è solo il solito “magistrato comunista” – rende patetici come poche altre cose al mondo. Il “culo flaccido” – non per citare, ma per rendere l'idea – del cumenda al volante con la bonona al fianco si presta al fischio del primo screanzato (screanzato, ma di ottimo gusto) di passaggio. Una volta, ci fu il caso di un ricco milanese che lasciò la Jaguar per riconvertirsi alla Fiat 126, tanto per dire che ogni atto che si deve compiere qualcuno l'ha già compiuto prima. “E comunque – sospira una signora della buona borghesia milanese – niente è più erotico di un uomo che si srotola da una macchina piccola”. Certo, c'è solo da appurare chi sia l'uomo, e quindi visionarlo all'atto pratico: se invece di srotolarsi Jude Law si srotola un sarchiapone con un giro vita di 125 centimetri e un'altezza di 161, è tutta un'altra cosa. E comunque la Jaguar non si porta. Così come certe Mini, per le fanciulle in cerca di buono e felice accasamento. “Fanno decisamente troppo Olgettina” – sempre la signora milanese di cui sopra. Cliccare su eBay per accaparrarsi le ultime Fiat 126 ancora disponibili.

    Massaggi (buoni per). Evitare. In certi frangenti c'è sempre un malpensante che può malignare su un'altra aspettativa, diciamo così, più solida, dopo il benefico rilassamento dei muscoli della schiena. O che almeno a farli sia una massaggiatrice cinquantenne, taglia XXL, magari con un accenno di baffi – ma non più di un accenno, che non si sa mai che strada possono prendere oggigiorno gli ormoni.

    Profumi. Sempre il monsignore della benedizione di cui sopra. Corriere della Sera: “E ha continuato a occuparsi di lui (il solito costruttore, ndr) Nel 2008 oltre 600 euro sono stati spesi in profumeria”. Questa faccenda di una casta pretigna tanto vanitosa e frivola, azzimata e profumata, automunita e mondana, andrà prima o poi esaminata. Ogni prete, al massimo, odori d'incenso. A letto presto e a sgranar rosari per tutta la notte. E via i profumi. E poi, che esagerazione: con una somma simile, si sistemava tutto il complesso dell'Olgettina per almeno un mese.

    Rolex. Sono una vera mania. A un certo punto, sempre scappano fuori. C'è sempre un Rolex che s'avanza, un Rolex che si richiede, un Rolex in cui si spera. Sempre la sensazione che c'è chi allunga le mani e chi i polsi (col rischio, poi, di vederseli circondati dalle manette invece che dall'orologio). Il giudice di Napoli, in quest'ultima inchiesta della P4, ha evidenziato il ruolo del “Rolex nudo”. Così inteso, da testimonianza della signorina Maria Roberta Darsena sull'onorevole pidielle Alfonso Papa, magistrato in aspettativa: “Mi chiedete dei regali che Papa mi ha fatto: mi ha regalato quest'anno sicuramente un Rolex, lo ricordo bene perché non me lo diede in una confezione regalo né aveva una garanzia né un'etichetta di alcun negozio ma me lo diede così, ‘nudo'. Ricordo che mi ha regalato anche un braccialetto tennis di oro bianco e diamanti a Natale di qualche anno fa. Anche il braccialetto non aveva la confezione di un negozio ma solo un astuccio…”. Chiosa il gip: “Sembra molto grave, come può agevolmente comprendere chi vive in una città come Napoli il riferimento al Rolex ‘nudo'…”. Sorprendente mania, quella per gli orologi di lusso. Anche certi altri imprenditori furono fotografati mentre vagavano di orologeria in orologeria. Beati i tempi dello Swatch. Che poi, in cella neanche te lo fanno tenere, il Rolex…
     
    Scatole. Metterle sempre da conto (vedi sopra). Anche per non farsele rompere.

    Shampoo. A un certo punto, in un'intercettazione pubblicata da Repubblica, su una recente inchiesta a Roma, uno dice a un altro: “L'importante è che ci sia ‘lo shampoo'…”. Prendiamo per buono (per comodità, mica per fesseria) che si trattasse davvero del benefico lavaggio – come cantava Gaber “non ho neanche una voglia / non c'è via di scampo / devo farmi per forza uno shampoo”. A meno che qualcuno non si sia fatto regalare una bottiglietta di quello alla mela verde, lo shampoo va salvato. Sarebbe peraltro un duro colpo al Terzo polo e soprattutto alla chioma-simbolo di Luca Cordero di Montezemolo. E in ogni modo: è il momento ideale per rivalutare socialmente la bistrattata figura della sciampista.

    Sottobottiglie.
    Sottobottiglie? Esistono? Ma chi potrebbe mai volere dei sottobottiglie? Ma che se ne fanno? Eppure, anche questo manufatto – che mentalmente e idealmente si associa alle pattine per casa e al lievito Bertolini – è transitato tra i doni ricevuti. “Ma quelli d'argento sono da cafoni, ora vanno quelli di sughero”, dice la signora milanese. E qui davvero la bancarella dei cinesi può fare molto. Comunque, è un oggetto di cui si può tranquillamente fare a meno. Più o meno come dei liberaldemocratici che al governo stavano e al governo non stanno più.

    Sottosegretariato. Non un oggetto (beh, insomma, pure un oggetto: ti do un sottosegretariato, sta' bono…), ma funzione da non nominare più. Berlusconi ci si è rovinato gli ultimi mesi – e leva e metti, e quello che ti dorme praticamente sul pianerottolo e quell'altro che ti chiama all'alba. Più ne nominava e più ne spuntavano. Come i “trifidi” nel famoso film di fantascienza. Soltanto che alla fine si scopre come eliminarli: i sottosegretari appaiono invece parecchio più coriacei.

    Suv
    (o gipponi, quale felice espressione del ministro Tremonti). Ci sono di quelli che vanno vagando, per i vicoli di Roma, con pacchiani macchinoni buoni per la periferia di Baghdad. Come dice sempre Tremonti, meglio tenerli d'occhio. Anche perché i Suv, socialmente parlando, due categorie devono tenere allertate, oltre ai pedoni: la benemerita azione della Guardia di Finanza da un lato, qualche banda dell'est di riconosciuta competenza automobilistica dall'altra.

    Tacchi (a spillo). Almodóvar purtroppo non c'entra niente. Solo, dopo la sberla meneghina, vertiginosi tacchi come quelli della Santanchè – che ne fu massima teorica: “I tacchi a spillo logorano chi non ce l'ha…” – vanno evitati. Bisogna assolutamente riposizionarsi sull'austero mocassino genere Rosy Bindi. Anche l'onorevole Elvira Savino detta “Topolona”, a motivo di generalizzato apprezzamento – e che su vertiginosi tacchi debuttò a inizio legislatura – dovrà darsi una regolata. Ma il vero problema, data questa nuova impresentabilità del tacco alto, è il seguente: chi avrà il coraggio di dare anche quest'altra brutta notizia a Berlusconi?

    Terra per vasi. Armarsi di vanga e andare a farsela da soli, con maschio vigore liberale. Altro che regalo. Oppure recarsi, a proprie spese, presso la democratica istituzione dei vivai. Pagata da altri, si rischia di confonderla con il letame.

    Visoni (allevamenti e pellicce).
    Vade retro! L'onorevole Papa aveva anche proposto una legge più dura contro gli animalisti che liberano le piccole bestiole. Ora, se il visone (inteso pelliccia) è sempre deprecabile, da adesso in poi il visone (inteso bestia) libero fa ancora più simpatia.