Guai ai vinti - 3

Montezemolo sventato

Marianna Rizzini

“Cultura, orgoglio italiano”. Doveva cadere, forse per caso, in un momento particolare (a Cavaliere mezzo disarcionato?), il convegno della montezemoliana ItaliaFutura organizzato ieri a Roma: un'iniziativa di encomiabile brainstorming sul tema “industria culturale motore di crescita”, con ministri, artisti, registi e pezzi grossi delle fondazioni, dei musei e delle case editrici stipati al Teatro Argentina per dare un “contributo al centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia”. Doveva essere, forse sì e forse no, una giornata di riflessione con il gatto già messo nel sacco.

    “Cultura, orgoglio italiano”. Doveva cadere, forse per caso, in un momento particolare (a Cavaliere mezzo disarcionato?), il convegno della montezemoliana ItaliaFutura organizzato ieri a Roma: un'iniziativa di encomiabile brainstorming sul tema “industria culturale motore di crescita”, con ministri, artisti, registi e pezzi grossi delle fondazioni, dei musei e delle case editrici stipati al Teatro Argentina per dare un “contributo al centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia”. Doveva essere, forse sì e forse no, una giornata di riflessione con il gatto già messo nel sacco – c'erano anche le poltrone in stile “Porta a Porta”, trascinate fuori dal palco da esili hostess rossovestite (ma non c'era un facchino? O anche solo un gentiluomo?). C'era quell'insistenza sulla “cultura specchio dell'Italia all'estero”, come a voler dire, e poi Montezemolo l'ha detto, che “l'Italia ha una cattiva reputazione” e “l'Italia è in una situazione emergenziale”, roba che il reporter dell'Economist ci scriveva un altro pezzo. Doveva essere uno scambio di idee nell'epoca nuova appena cominciata, con la cantante Malika Ayane che dice “andavo in giro come in un romanzo di Herman Hesse” e Diego Della Valle che discute di pubblico e privato con l'archeologo Andrea Carandini, sotto la guida dello scrittore Antonio Monda, il professore italiano di cinema più amato di Central Park (storici i suoi brunch della domenica). Doveva essere un giorno di capolino sul futuro, con Della Valle che lancia un appello agli imprenditori: “Fate cose per la cultura e ne trarrete beneficio… in un momento così complicato occorre solidarietà, per il bene del paese”. E però cambia il vento e capita che chi poteva (voleva?) intercettarlo, il vento, si ritrovi intercettato dai pm – e non c'è nulla di nulla, nell'intercettazione, solo una Maserati in viaggio-prova verso Mauro Masi, ma Montezemolo nulla incassa da questi giorni di scampata crisi di governo. Eppure al convegno dice: “Dobbiamo avere il coraggio di aprire una fase costituente”.

    Non è un giorno di incasso ma, come se lo fosse, Montezemolo alza la bandiera delle persone “perbene” che devono prendere in mano il paese. “Politici giovani”, sì, ma “anche la mia generazione deve fare qualcosa”. Don Antonio Loffredo parla di catacombe salvate dai ragazzi a Napoli e Montezemolo grida “non augurerei al peggior nemico di essere precario” (fuori, gli attori che occupano il Teatro Valle rumoreggiano. “Sono molto agitati ma li capisco”, dice LcdM, non prima di aver magnificato la bellezza dell'Italia: “Sono stato in viaggio di nozze sulla Sila”). Che orrore “chi opera con il machete” sui tagli alla cultura, dice. Teme il populismo “a destra e a sinistra”, il Montezemolo che butta lì un “chi non paga le tasse ruba” e fa “il catalogo delle piaghe italiane” e dice peste e corna della Seconda Repubblica, chiedendo la fine “della guerra civile” e commuovendosi come neanche il Walter Veltroni ecumenico mentre parla dell'incontro con un soldato tornato dall'Afghanistan. E pensare che aveva fatto il suo ingresso in teatro alla chetichella, LCdM, salutando il giurista Michele Ainis prima degli ospiti pop e facendosi largo tra la folla (Carlo Rossella non trova posto e quasi quasi rinuncia). Non aveva ricevuto applausi a scroscio, il presidente di ItaliaFutura, al suo ingresso nella platea di professori e curiosi (“ma guarda quante facce da rappresentante di autosalone”, dice un'operatrice culturale). Siamo a Roma e non a Monza, dove LCdM appare in gigantografia nelle stanze degli hotel in stile savoiardo. Gli applausi seguiranno (all'ennesimo appello alla società civile).

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.