Quanta inutile retorica contro la norma che lima le super pensioni
Nel pacchetto di misure governative per il riequilibrio della finanza pubblica giudicate positivamente dall'Ocse e dalla Commissione europea (“in linea con la raccomandazione di predisporre senza ritardi tutte le misure necessarie per raggiungere l'obiettivo di una posizione di bilancio equilibrata nel 2014”), ci sono cose buone e cose cattive. Fra quelle buone c'è la limatura della scala mobile per le pensioni più elevate; misura migliorabile ma non derogabile.
Leggi Piove, opposizione ladra
Nel pacchetto di misure governative per il riequilibrio della finanza pubblica giudicate positivamente dall'Ocse e dalla Commissione europea (“in linea con la raccomandazione di predisporre senza ritardi tutte le misure necessarie per raggiungere l'obiettivo di una posizione di bilancio equilibrata nel 2014”), ci sono cose buone e cose cattive. Fra quelle buone c'è la limatura della scala mobile per le pensioni più elevate; misura migliorabile ma non derogabile. Come inderogabile è il vincolo di riduzione del deficit nel 2012 al 2,7 per cento del pil.
Data la situazione difficile, per raggiungere questo scopo si possono anche accettare manovre tributarie di second best o third best, purché servano all'obiettivo, che va raggiunto con tagli intelligenti alla pubblica spesa. Gli aumenti di imposte come segnali demagogici di “austerità” non sono accettabili per chi crede in un sistema di mercato, tanto più mentre si sostiene, dal punto di vista teorico, che vi è la necessità strutturale di ridurre la pressione fiscale. Le operazioni di tassazione proprie della “sinistra dimostrativa” vanno dunque escluse, e questo va tenuto a mente anche per la futura implementazione del disegno di legge delega sul fisco. Queste operazioni servono eventualmente soltanto ai ministri che, pensando magari a nuove coalizioni di governo trasversali, strizzino l'occhio a sinistra; e per quelli che, nel loro intimo, sono incalliti giustizialisti, nostalgici del Partito d'azione.
Ma vengo al tema di fondo, ovvero la riduzione della scala mobile per le pensioni (che tra l'altro mi riguarda personalmente). Essa non è soltanto necessaria, ma anche giusta. In un periodo in cui l'inflazione è giunta al 2,6 per cento, tutti i contribuenti subiscono l'effetto della draga fiscale che inasprisce il carico tributario. I contratti collettivi di lavoro del settore privato attendono di essere rinnovati e i lavoratori subiscono una riduzione del loro potere di acquisto che non era prevista quando i contratti vigenti furono stipulati. Nel pubblico impiego è stata accettata una tregua al rinnovo dei contratti.
La scala mobile non c'è più per i redditi da lavoro, perché genera inflazione nei costi, squilibrio nella bilancia dei pagamenti, crisi aziendali, disoccupazione, anche quando esiste una moneta nazionale. A fortiori non può essere accolta quando si fa parte di una Unione monetaria come quella europea. Tutto ciò, in una fase di recupero dalla crisi, fa parte del processo di aggiustamento. La politica dei redditi deve coinvolgere anche i pensionati. Si possono adottare correttivi, forse, considerando che per le pensioni non ci sono i contratti che periodicamente le aggiornano. Ma chi avanza contro questa stretta obiezioni di principio, deve ricordarsi pure del referendum popolare anti scala mobile dell'epoca di Bettino Craxi.
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