I consigli anti debito di Mussari: vendere gli immobili statali

Michele Arnese

Italia in tensione sui mercati finanziari. Non soltanto per Piazza Affari debole, in particolare per il comparto bancario. Ma soprattutto per il livello da primato raggiunto dallo spread fra i nostrani Btp e i tedeschi Bund. I motivi dell'accresciuto rischio paese sono diversi: l'effetto perpetuo dei recenti allarmi delle agenzie di rating su Grecia e Portogallo, con ricadute indirette pure per l'Italia; le fibrillazioni politiche dopo le inchieste giudiziarie che lambiscono il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti.

    Italia in tensione sui mercati finanziari. Non soltanto per Piazza Affari debole, in particolare per il comparto bancario. Ma soprattutto per il livello da primato raggiunto dallo spread fra i nostrani Btp e i tedeschi Bund. I motivi dell'accresciuto rischio paese sono diversi: l'effetto perpetuo dei recenti allarmi delle agenzie di rating su Grecia e Portogallo, con ricadute indirette pure per l'Italia; le fibrillazioni politiche dopo le inchieste giudiziarie che lambiscono il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, per la richiesta di arresto del deputato Marco Milanese (Pdl), suo consigliere politico e uomo di stretta fiducia.

    Le tensioni si sono affievolite con due dichiarazioni. La prima di Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia e prossimo presidente della Banca centrale europea, che ha rassicurato sulla solidità dei conti pubblici italiani, apprezzando la manovra economica del governo. La seconda di Silvio Berlusconi, dopo un incontro con il ministro dell'Economia e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta: “E' stato fatto il punto sui problemi più attuali – si legge nel comunicato di Palazzo Chigi – a cominciare dal rafforzamento dell'azione di governo. Il presidente Berlusconi ha ribadito la volontà del governo italiano di raggiungere il pareggio di bilancio per il 2014, in linea con gli impegni assunti a livello europeo. Il decreto sulla manovra sarà approvato prima dell'estate”.

    Al ministero dell'Economia si stringono anche i tempi sul patrimonio pubblico. Di privatizzazioni delle partecipazioni nelle società non si parla, ma ieri il Tesoro ha comunicato i primi risultati del censimento dei beni immobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche avviato lo scorso anno. Il censimento è comunque parziale, visto che finora il Tesoro ha acquisito i dati soltanto da oltre la metà delle amministrazioni pubbliche. Il presunto valore di mercato degli immobili è tra i 239 e 319 miliardi di euro, mentre per i terreni il valore oscilla tra gli 11 e 49 miliardi di euro. Di patrimonio pubblico si è occupata anche una delle commissioni, volute da Tremonti per la riforma del fisco e del bilancio pubblico, presieduta dall'economista Piero Giarda, già sottosegretario alle Finanze nel governo Prodi. Durante i lavori della commissione, costituita anche dai rappresentanti di imprenditori, professionisti e sindacalisti, è arrivata un'indicazione chiara dell'Associazione bancaria italiana (Abi): urge un maxi piano di vendita di immobili statali per ridurre davvero il debito pubblico. Due le proposte dell'Abi che si ricavano dal documento riservato, che il Foglio ha letto, dell'associazione presieduta da Giuseppe Mussari.

    La prima considera un piano di vendite “in grado di metterci in condizioni di rispettare la nuova possibile regola europea”: in questo quadro i saldi di finanza pubblica beneficerebbero “oltre che degli effetti diretti della dismissione sullo stock di debito anche degli effetti indiretti legati sia a una minore spesa per interessi, sia al beneficio derivante dalla dismissione di un patrimonio che costa più di quello che rende”. La seconda proposta “ipotizza che lo stato mantenga lo stock di asset disponibile, ma si attivi per migliorarne la redditività”. Secondo i banchieri, “sarebbe possibile aumentare significativamente il rendimento lordo del patrimonio pubblico fino a un livello del 5,7 per cento, che corrisponde a un rendimento al netto dei costi del 3,8 per cento”.

    I due piani alternativi producono diversi effetti: “Se nel breve periodo sarebbe più conveniente fare affidamento sul piano di dismissione, un'azione di aumento della redditività del patrimonio risulterebbe invece in grado di massimizzare la riduzione del rapporto debito/pil nel più lungo termine: questa opzione consentirebbe di raggiungere nel 2035 un livello del rapporto di poco superiore al 60 per cento, livello di oltre 13 punti inferiore a quello che si otterrebbe via dismissioni”.