Messi si è fatto Xavi, e Pigi Battista si è messo ad allenare il Perù
E' tornato il fanciullo divino. Anche lui, prima del fischio d'inizio, si fa più volte il segno della croce, a tradire l'angoscia. Anche questa volta canticchia un po' spaesato l'inno nazionale che tra l'altro non fila del tutto liscio, la musica va e viene e il cantante canta a cappella. Comunque è tornato. Con un'altra maglia e un altro numero: Messi si è fatto Xavi, ha scritto il Paìs. Deve essersi stancato anche lui di essere Leo, misterioso oggetto di studio e di inquietudine.
GRUPPO A: Argentina-Costarica 3-0. Reti: Agüero 46' pt (A), Agüero 8' st (A), Di Maria. 19' st (A). Arbitro: Victor Hugo Rivera (Perù)
E' tornato il fanciullo divino. Anche lui, prima del fischio d'inizio, si fa più volte il segno della croce, a tradire l'angoscia. Anche questa volta canticchia un po' spaesato l'inno nazionale che tra l'altro non fila del tutto liscio, la musica va e viene e il cantante canta a cappella. Comunque è tornato. Con un'altra maglia e un altro numero: Messi si è fatto Xavi, ha scritto il Paìs. Deve essersi stancato anche lui di essere Leo, misterioso oggetto di studio e di inquietudine. Di cui tutto sembra importante, come saluta, se ride oppure no, come e quante volte si morde la maglietta, come gira il cucchiaino del caffè, se canta appunto a voce piena l'inno nazionale per fare vedere che è sinceramente attaccato a quella terra, a quella bandiera, a quei colori. Come se l'amor di patria potesse davvero misurarsi con la forza del grido sacro “libertad” e con il giuramento di vivere coronati di gloria o con gloria morire. Decisamente troppo per un ragazzo che dall'età di dodici anni la sua personale battaglia ha dovuto combatterla davvero, per crescere nel corpo. Non è bello insinuare sospetti proprio su di lui, che la patria e una certa idea velenosa di calcio cacciarono perché affetto da deficit di somatotropina e costrinsero a emigrare con la famiglia al seguito. Proprio su di lui, che malgrado sia da cinque anni cittadino spagnolo non ha mai cercato rivincite e non ha mai avuto dubbi su quale fosse il suo paese. Se dunque sbaglia o mormora appena le parole furenti dell'inno, lo fa perché magari è schivo. Forse timido. E forse, dentro, ancora ferito. Così Leo non fa più il Messi ma lo Xavi, ovvero un extra-terrestre normale. Così, anziché cercare a tutti i costi di segnare perché con la maglia della Nazionale non segna da quindici partite ufficiali, lui che a Barcellona ha la media terrificante di più di un gol a partita, ha deciso di far segnare gli altri. Sempre con lo stesso culo basso e quelle gambe agitate freneticamente, immarcabile, imprendibile: uno, due, sei, sette passaggi luminosi, ricamati con umiltà e diletto. Solo la rozza avidità dei compagni ha impedito che fossero altrettanti gol. Bentornato dunque a Lionel Andrés Messi. A cui noi italiani dobbiamo essere doppiamente grati. Perché discende da un signore di Recanati emigrato in Argentina a metà dell'Ottocento, il che conferma che ad andarsene via si può sempre combinare qualcosa di buono. E perché con la sua stessa esistenza ci ricorda i limiti del nostro calcio: non perché uno come lui non ce l'abbiamo ma perché un giorno nemmeno tanto lontano avemmo chi lo vide, lo scartò, non fa al caso nostro disse. Non lesse dietro quell'incedere sbilenco la sostanza universale del genio. E bentornata all'Argentina, anche che se questo spirito River Plate come era e non sarà più, questa iattanza da bianchi di souche che diffidano dei poveri, degli indios e vedono i brasiliani come macachi, ecco questa Argentina che non piace a Diego Maradona non può piacere nemmeno a noi che di lui abbiamo nostalgia.
GRUPPO C: Cile-Perù: 1-0. Reti: autogol Carrillo (P). 48' st Arbitro: Fagundes (Brasile)
Dopo un'ora e mezza di batti e ribatti con botte da orbi, più correttamente da ipovedenti, cinque ammoniti e due espulsi, uno per parte – ci si avvia verso lo zero a zero, più che accettabile per due squadre già passate ai quarti. Ed ecco che succede il fattaccio: corner battuto a effetto dalle maglie rosse, portiere che va a farfalle per anticipare Sànchez, palla che carambola sui piedi di un difensore peruviano ed entra. Il Cile è primo con sette punti, l'Uruguay secondo con cinque. Il Perù con quattro punti passerà comunque come una delle due migliori terze. Guardate il suo allenatore: si chiama Markarian, in realtà viene da via Solferino e si chiama Pigi Battista.
GRUPPO C: Uruguay-Messico: 1-0. Reti: Alvaro Pereira 15' pt (U). Arbitro Ràul Orosco (Bolivia)
L'Uruguay è seconda: nei quarti dovrà vedersela con l'Argentina, ventotto Coppe in due. E' bastato un quarto d'ora: punizione da fuori di Diego Forlan, il portiere messicano non trattiene, irrompe Alvaro Pereira, il sostituto di Cavani che si è infortunato al ginocchio. Ancora palo a porta vuota e almeno quattro-cinque occasioni sprecate dalla banda di Tàbarez, maestro triste e certamente ancora più triste da quando fu esonerato dal Cav. Si è fatto notare l'ottimo Cristian Rodrìguez del Porto che ha corso in lungo e in largo. Il colletto della maglia dei suoi compagni è moscio e madido di sudore. Il suo stava su dritto che nemmeno Gunter Sachs a Saint-Tropez.
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