Così la piazza di Santoro & co. prepara la sua rivoluzione d'ottobre

Marianna Rizzini

Michele Santoro, Marco Travaglio, il giudice Antonio Ingroia, i professori Paolo Flores d'Arcais, Alberto Asor Rosa, Gustavo Zagrebelsky, Valerio Onida e Stefano Rodotà, l'editorialista Barbara Spinelli, Roberto Saviano, il sindaco di Napoli ed ex magistrato Luigi de Magistris, Serena Dandini, Dario Fo, i precari militarizzati, gli studenti, le neo femministe del “se non ora quando?”, i lettori del Fatto quotidiano, la Fnsi, gli arrabbiati della cultura, don Mazzi, don Gallo e i frati volanti sulla bandiera della pace , gli ex elettori di Antonio Di Pietro delusi dal Di Pietro in svolta moderata, i blogger non più grillini.

    Michele Santoro, Marco Travaglio, il giudice Antonio Ingroia, i professori Paolo Flores d'Arcais, Alberto Asor Rosa, Gustavo Zagrebelsky, Valerio Onida e Stefano Rodotà, l'editorialista Barbara Spinelli, Roberto Saviano, il sindaco di Napoli ed ex magistrato Luigi de Magistris, Serena Dandini, Dario Fo, i precari militarizzati, gli studenti, le neo femministe del “se non ora quando?”, i lettori del Fatto quotidiano, la Fnsi, gli arrabbiati della cultura, don Mazzi, don Gallo e i frati volanti sulla bandiera della pace, gli ex elettori di Antonio Di Pietro delusi dal Di Pietro in svolta moderata, i blogger non più grillini, il popolo dei post-it gialli in guerra preventiva alla legge sulle intercettazioni, i noTav, i no copyright e i popoliviola della protesta situazionista che un giorno sventolano la Costituzione o un giorno si fanno cacerolazo sudamericano.

    Tutti questi, più i metalmeccanici Fiom, più gli ex girotondini in cerca di buona causa, più i no global d'antan che sciamano stanchi nei cortei annuali dell'anticapitalismo. Sono la base, la materia e la voce per la realizzazione di ciò a cui pensava Santoro il primo luglio scorso, quando ha detto “con l'aiuto fondamentale del pubblico dimostreremo che un paese semilibero non ci basta: tutto cambia”. Sono il postdipietrismo e postgrillismo che si ammantano della parola “Costituzione”. Spunta infatti il ricordo di quel 2 febbraio 2011: Santoro, Travaglio e Barbara Spinelli che lanciano il manifesto “Per legittima difesa” (dei “magistrati” e della “libera informazione”), e annunciano un “movimento” “per la difesa dei princìpi alla base della nostra Costituzione”. Ci sta dentro tutto e il contrario di tutto (volendo anche un partito).

    C'è chi dice che Michele Santoro, complice le vittoriose campagne di autofinanziamento su Internet per le sue serate da mattatore in streaming, e contando sul passaparola indignato degli appellisti internettiani, un po' ci ha pensato, a trasformare la piazza mediatica in piazza elettorale. Ci ha pensato molto prima di candidarsi non troppo scherzosamente a “direttore generale della Rai” e molto prima di dire a Enrico Mentana “tu sei diversamente libero” a margine della rottura di trattativa con La7 (fa niente se Mentana si era già fatto garante legale di un eventuale “Annozero” targato TelecomItaliamedia).

    E forse la saldatura Santoro-Travaglio-Ingroia-Fiom durante la serata bolognese “Tuttinpiedi” per i centodieci anni del sindacato metalmeccanici (17 giugno 2011), con quei due euro e cinquanta di autofinanziamento, è stata una prova generale di una “cosa” movimentista che si sta già muovendo e che dopo l'estate si paleserà come nuova creatura che a parole vuole essere apolitica e apartitica: “Basta una protesta d'autunno per la manovra economica in un panorama di quasi crack”, dice un insider, “e la ‘cosa' di Santoro mette fuori la testa”. Chissà. Se è così, ci sono molti antefatti. C'è stato il 2 ottobre 2009, con Santoro paladino del “pubblico che non vuole censure” (si era in piena campagna anti bavaglio targata Fnsi). C'è stato il 25 marzo 2010, con Santoro su un palco bolognese per “Raiperunanotte”, la capostipite delle serate in streaming autofinanziate (parola d'ordine: il superamento del divieto di talk-show durante la campagna per le regionali). C'è stato il primo luglio 2010, con piazza Navona all'apoteosi dell'antibavaglio e con tolleranza zero verso Patrizia D'Addario venuta a dare solidarietà. Ci sono stati i NoBday dal volto truce e il mite 16 ottobre 2010, la manifestazione congiunta Fiom-intellò (da Flores d'Arcais ad Andrea Camilleri a Furio Colombo): fu allora che letterati e professori si invaghirono dello slogan “no ai ricatti, sì ai diritti” e scesero in piazza colmi di nostalgia per Mimì metallurgico ferito nell'onore. Fu allora che l'antiberlusconismo si saldò all'antimarchionnismo, e l'amarcord sessantottino si unì al futuribile “no” ai “criminali al potere”, formula abbastanza vaga da esser buona per tutte le stagioni.

    Passa qualche mese, ed è l'altra gamba del movimentismo indignato – i magistrati che si buttano più o meno apertamente in politica – a indossare la bandiera della Fiom. Ecco dunque il pm Ingroia sul palco di “Tuttinpiedi”a dire noi siamo come voi, magistrati e operai, non fanno lavorare noi come non fanno lavorare voi, e come voi noi vogliamo rispetto. Poi, un profluvio di parole a forte impatto emotivo per rimando agli “eroi” Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, screditati prima del martirio. “Mi batterò ancora fuori e sopra i palchi”, ha detto infine Ingroia in giorni in cui il magistrato insultato, lo scrittore coraggio, il conduttore che si definisce “epurato” diventano i re taumaturghi del cosiddetto “pubblico” (così Santoro chiama le moltitudini internettiane che periodicamente si indignano). C'è un “enorme pubblico che “ci chiede di rompere gli schemi” ed è disposto “a finanziarci”, dice il conduttore, collocandosi come un vigile all'incrocio tra i movimentismi tutti.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.