Per salvarsi Cameron deve rispondere a un'unica domanda

Paola Peduzzi

Il premier inglese, David Cameron, ha deciso di rientrare in anticipo dal tour africano perché a Londra lo scandalo delle intercettazioni illegali nel gruppo di Murdoch diventa ogni giorno più ingestibile (c'è chi dice che per venerdì anche Cameron sarà nell'elenco dei caduti di questa crisi) e perché mercoledì vuole parlare in Parlamento, dopo le testimonianze del clan Murdoch.

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    Il premier inglese, David Cameron, ha deciso di rientrare in anticipo dal tour africano perché a Londra lo scandalo delle intercettazioni illegali nel gruppo di Murdoch diventa ogni giorno più ingestibile (c'è chi dice che per venerdì anche Cameron sarà nell'elenco dei caduti di questa crisi) e perché mercoledì vuole parlare in Parlamento, dopo le testimonianze del clan Murdoch. Dopo che Scotland Yard ha perso i suoi pezzi più importanti, dopo che la faida tra i conservatori si è scaldata in modo non proprio rassicurante per il premier, è stata data la notizia (dal Guardian, ovviamente) del ritrovamento di un cadavere. E' di Sean Hoare, il primo giornalista di News of the World che fece i nomi di quelli coinvolti nello scandalo, poi allontanato dal giornale per problemi di alcol e droga: fu il primo ad aver citato Andy Coulson, ex direttore del tabloid poi diventato capo della comunicazione di Cameron, poi dimessosi e, la settimana scorsa, finito in galera. Alla mancanza di credibilità del sistema britannico, mentre voci dicono che i servizi segreti saranno presto coinvolti, si aggiunge anche la morte di un uomo in qualche modo collegato al premier.

    Scotland Yard non sa più come salvarsi:
    ieri si è dimesso John Yates, uno dei vice del capo della polizia londinese, che già aveva testimoniato la settimana scorsa davanti alla commissione parlamentare (ed era stato massacrato). Negli spasmi della Metropolitan Police è finito invischiato il premier: domenica, quando il poliziotto in capo Sir Paul Stephenson si era dimesso, nella dichiarazione, in fondo, c'era un messaggio per Cameron. Non l'avevo coinvolto troppo, ha detto Stephenson, perché non volevo metterlo in imbarazzo con il suo capo della comunicazione, Andy Coulson, che è come dire: sapevo che avrei creato una crisi istituzionale, perché Cameron non è estraneo allo scandalo, e così ho taciuto, ma la colpa non è certo mia. Ogni giorno la marea si alza sempre più, e si avvicina inarrestabile a Downing Street. E tutti gli intoccabili cadono, uno via l'altro.

    I sostenitori del premier ieri sui giornali cercavano di alimentare la strategia del contenimento (non è bastata a Murdoch, potrà mai bastare a Cameron?), spiegando da un lato che ci sono parecchi ambiti in cui Downing Street può riprendere l'iniziativa e sostenendo dall'altro, con inquietante certezza, che c'è una lista lunga di motivi per cui Cameron non può cadere. Poi è arrivato Boris Johnson, il sindaco conservatore di Londra.
    In una conferenza stampa ieri mattina ha commentato quanto stava accadendo a Scotland Yard (è lui che aveva nominato Stephenson), ha detto che le dimissioni erano inevitabili a questo punto e poi, a una domanda diretta, ha steso Cameron (sulla rivalità fra i due si favoleggia da tempo, da quando il premier ha tirato la volata a Londra a Johnson e poi si è detto che l'ha fatto per toglierselo di mezzo dalla corsa alla leadership del partito).

    “Se Sir Paul Stephenson ha dovuto
    dimettersi per i suoi legami con Neil Wallis (ex vicedirettore di News of the World quando il direttore era Coulson poi assunto come consulente da Scotland Yard, arrestato venerdì scorso: lo chiamavano Wolfman, ndr), quando si dimetterà David Cameron per i suoi legami con Andy Coulson?”, ha chiesto un giornalista. E Johnson ha replicato: “Questa è una domanda che dovreste fare in modo franco al numero 10 di Downing Street, e vi consiglio di farla”.
    Tutto gira attorno a Coulson. Cameron può anche raccontare – come intende fare – tutti gli incontri avuti con la famiglia Murdoch, può dire della festa di Natale assieme a Rebekah e dell'arrivo di Rupert dalla porta secondaria di Downing Street qualche giorno dopo l'insediamento, ma non basterà. Tutti vogliono sapere perché si è fidato di Coulson, perché ha deciso di dargli una seconda chance, perché ha pensato che lo scandalo fosse contenuto e contenibile (per Boris Johnson, a onor del vero, lo scandalo era “una fesseria”: si riposizionano tutti). E l'unica risposta plausibile – era bravissimo, i giornalisti di Murdoch sono bravissimi – non sarà sufficiente.

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    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi