Lo squalo si difende

Paola Peduzzi

Dicono tutti che Rupert Murdoch non uscirà bene oggi dalla testimonianza davanti alla commissione parlamentare inglese che indaga sullo scandalo delle intercettazioni illegali nel gruppo editoriale del tycoon australiano. “Non è una cosa che sa fare”, ha detto il suo biografo Michael Wolff (che ormai è diventato il vate di tutta questa faccenda, non si fa che ascoltare le sue previsioni).

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    Dicono tutti che Rupert Murdoch non uscirà bene oggi dalla testimonianza davanti alla commissione parlamentare inglese che indaga sullo scandalo delle intercettazioni illegali nel gruppo editoriale del tycoon australiano. “Non è una cosa che sa fare”, ha detto il suo biografo Michael Wolff (che ormai è diventato il vate di tutta questa faccenda, non si fa che ascoltare le sue previsioni). Murdoch è timido, non parla in modo molto forbito, è facile che si faccia prendere dal nervosismo e dica cose che in pubblico sarebbe meglio non dire mai. I suoi consiglieri lo stanno istruendo per quell'ora di testimonianza (si inizia alle 14.30 orario londinese) – rispondi con poche parole, di' il minimo indispensabile, non fornire elementi per innescare altre domande – ma la commissione non si accontenterà dei monosillabi.


    Lui prepara un “gesto diversivo”,
    ma per le cassandre, oggi è il giorno della fine di Rupert Murdoch, la sua campagna di immagine per ripartire dalle ceneri di News of the World è iniziata male e finirà peggio, mentre tutti i protetti cadono, uno via l'altro. Gli avvoltoi girano famelici su quel che pensano sia ormai un quasi cadavere: secondo Bloomberg, metà del board di News Corp. sta pensando alla successione, guarda i dati economici in tracollo e sostiene che Rupert è il vero problema, non si può ripartire purificati se a rappresentare l'azienda continua a essere quell'odiatissimo vecchietto. Di certo c'è che la strategia del contenimento non ha funzionato: si pensava di seppellire lo scandalo assieme al tabloid, ma quello era soltanto l'inizio. E' caduta anche Rebekah Brooks, la priorità di Murdoch, arrestata domenica, rilasciata ieri mattina su cauzione e oggi attesa davanti alla commissione (un'ora dopo il suo ex capo).

    Mentre si sprecano i paragoni con re Lear, Rupert Murdoch resta il più battagliero. Basta leggere l'editoriale del Wall Street Journal (diretto da Robert Thomson, l'uomo più vicino al boss negli ultimi tre anni, il prossimo a cadere secondo molti) per capire la linea di difesa: tutti facevano così, tutti lo sapevano, se buttate giù me, dovete buttare giù anche gli altri, anche in America.

    La situazione è grave, scrive il quotidiano rilevato da Murdoch nel 2007 in un editoriale dal titolo “News and Its critic”, “ma è anche bene notare quanto appare ironica questa indignazione rivolta soltanto verso un'azienda editoriale, quando i tabloid inglesi sono noti da anni per la loro abilità nel comprare scoop e nel gettare discredito sulle celebrities”. Tutti facevano così, non soltanto i giornali di Murdoch e non soltanto nel Regno Unito. “Il Wall Street Journal non paga le sue fonti per avere informazioni – continua l'editoriale – ma questa pratica è comune da altre parti nella carta stampata, anche negli Stati Uniti”.

    La strategia quindi è questa:
    quel che è accaduto è da condannare, ma state attenti a intestardirvi nel cavalcare questa popolare ondata di rivincita contro Murdoch, perché viene giù tutto il sistema mediatico globale (basta leggere le registrazioni che l'attore Hugh Grant ha fatto delle conversazioni con Paul McMullan, giornalista di News of the World, per capire che la strada è buona: è ovviamente tutto da verificare, ma lì si dice che il Daily Mail pagava le intercettazioni illegali più dello stesso News of the World).

    Resta poi da stabilire quanto
    sapessero i manager di questa pratica. Secondo alcuni, Rebekah Brooks ha scelto di farsi arrestare per non dover rispondere a troppe domande: ora può avvalersi, davanti alla commissione, della facoltà di non rispondere (comunque le dichiarazioni non sono rilasciate sotto giuramento, non si rischia il reato di falsa testimonianza). Ma James Murdoch? Quanto sapeva, quanto ha nascosto, quanto può sopravvivere a questo scandalo? Secondo molti, papà gli chiederà di prendersi una pausa, di scomparire per un po', se si salva dall'arresto (l'eventualità esiste, naturalmente) deve uscire di scena. Pare che la sorella Elizabeth sia pronta a prendere il posto di James, lei che ha già scaricato in un attimo l'amica Rebekah (“è lei che ha fottuto l'azienda”), ma molti vedono male l'inserimento di un altro figlio nella linea di successione. Non foss'altro per quel continuo paragone con re Lear.

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    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi