Vuoto di potere

Marco Palombi

“Ho notato che più o meno ogni vent'anni in Italia si sviluppa un forte movimento di avversione al ceto politico: il fascismo, la resistenza, il Sessantotto, Tangentopoli e oggi. E' sicuramente un caso, ma ci sono evidentemente cicli che culminano in genere proprio in un fatto esterno al mondo politico”. E questo, per Luciano Violante, non è un caso vista l'eterna incapacità di autoriforma di quel mondo. L'ex presidente della Camera, oggi responsabile del Pd per i problemi dello stato, parla col Foglio nel giorno dello strano incrocio tra Papa e Tedesco.

    “Ho notato che più o meno ogni vent'anni in Italia si sviluppa un forte movimento di avversione al ceto politico: il fascismo, la resistenza, il Sessantotto, Tangentopoli e oggi. E' sicuramente un caso, ma ci sono evidentemente cicli che culminano in genere proprio in un fatto esterno al mondo politico”. E questo, per Luciano Violante, non è un caso vista l'eterna incapacità di autoriforma di quel mondo.

    L'ex presidente della Camera, oggi responsabile del Pd per i problemi dello stato, parla col Foglio nel giorno dello strano incrocio tra Papa e Tedesco, nel giorno in cui finisce sulla graticola il potente democratico milanese Filippo Penati; poi le perquisizioni all'Eni e le rimozioni di un paio di generali della GdF a seguito dell'inchiesta sulla cosiddetta P4. Una valanga. E' il nuovo 1992? “Siamo ancora troppo dentro alla cronaca per dare una risposta”, sostiene l'ex magistrato: “Certo sia oggi sia negli anni Novanta, oltre alla rivolta sociale, entra in gioco anche il fattore giudiziario, ma non si può semplificare troppo: i processi in atto sono sempre assai più vasti”. Allora, è la tesi, fu la fine del bipolarismo Usa-Urss a cancellare la ragion di stato su cui prosperava il sistema di corruzione e illecito finanziamento dei partiti: “Quella stagione non inizia certo con l'arresto di Mario Chiesa: il primo segnale è la vittoria dei sì al referendum sulla preferenza unica del 1991 contro le indicazioni dei partiti di maggioranza”. Stavolta, invece, “il detonatore potrebbe essere la crisi economica e il giudizio dei cittadini su un ceto politico che si tutela mentre impone agli altri sacrifici insostenibili”.

    La cronaca di questi giorni, chiunque riguardi, non racconta un “sistema” di illegalità, ma tante, piccole, sfilacciate storie di cadute: a partito liquido, corruzione liquida, potrebbe dirsi. C'è un dato, per così dire, di natura che non va però sottovalutato: “Quando un potere viene meno ne subentra un altro che ne garantisce le funzioni e ricrea equilibrio: è accaduto spesso, ma non so se oggi toccherà alla magistratura”. L'unica cosa certa è il vuoto: “Quel che sta succedendo sarebbe marginale se non accadesse durante un vuoto di governo”.

    La rabbia corre lungo le strade, fossero anche virtuali, del paese e mette sotto accusa “il sistema della rappresentanza: non il premier o i governatori, ma i deputati e i consiglieri regionali. Non è una questione di tagli ai costi – spiega Violante – oggi per molti italiani anche un euro di stipendio sarebbe troppo per un parlamentare. Una tendenza pericolosa che, come spesso è successo, accomuna l'antipolitica gauchiste con la tradizione antiparlamentare dell'eterno reazionarismo italiano”. Nel solco che s'è scavato tra società e politica “c'è però un dato di rivolta morale da non sottovalutare: gli eletti non possono mostrare indifferenza, o peggio disprezzo, per l'etica pubblica. Pensi a quanto pesa il giudizio morale negli Stati Uniti. Secondo me potremmo fare una cosa simile a quella che ha fatto di recente il Parlamento francese: rimettere a un comitato esterno alcuni fatti che riguardano appunto l'etica pubblica come i vari conflitti di interessi dei deputati”.

    L'importante è muoversi, “se non c'è una risposta – prevede l'ex presidente della Camera – scatta la rivolta. E purtroppo quella risposta non la vedo”. Non è facile: tra il Palazzo e ciò che sta fuori pare non esserci più contatto: “Durante Tangentopoli, la corruzione del ceto politico rispecchiava un profilo analogo esistente nella società. Ora è diverso: nessuno ha scelto questa classe dirigente, non rispecchia il popolo, al massimo lo scimmiotta mediaticamente tentando di recuperare in tv un rapporto che la politica non si può più permettere. E' così che si finisce a fare cose cafonesche come mangiare i maccheroni in piazza”. Violante non nasconde le colpe dei suoi ex colleghi in toga, ma non le ingigantisce: “Alcuni magistrati parlano di controllo di legalità, ma quello è un compito della politica: a loro spetta semmai la verifica delle responsabilità. Ci si muove cioè su credibili notizie di reato, non per vedere se qualcuno ne ha per caso commesso uno. Questo è un punto di democrazia. Solo che l'espandersi delle funzioni della magistratura non è certo colpa sua: oggi tutto diventa penale perché la politica non ha alcuna capacità di autoregolamentazione”.

    Le inchieste, i processi, colpiscono così a fondo perché “non trovano un muro sul quale fermarsi. Se la politica non prende in mano il timone del paese lo fa qualcun altro perché un paese non vive senza un punto di riferimento”. Quel muro non può essere il blocco delle inchieste con qualche leggina, bisogna “avere l'autorevolezza e la capacità di dare un ordine alla società, una gerarchia credibile ai suoi valori e interessi perché – insisto – se non lo fa la politica, ci pensa qualcun altro”.