Quanti sono i dubbi della curia romana sulla “operazione San Raffaele”

Paolo Rodari

In Vaticano il fronte dei dubbiosi circa l'“operazione San Raffaele” si è esteso dopo il suicidio di Mario Cal. E in qualche modo si farà sentire, oggi, nel giorno in cui il nuovo cda è riunito per una seduta cruciale per il futuro del gruppo, una seduta in cui provare a fare chiarezza anche sul sistema di contabilità parallela usato per scopi non chiari. Del fronte dei perplessi fa parte una figura di peso della curia romana: il cardinale Attilio Nicora, capo dell'Autorità di informazione finanziaria vaticana.

Leggi I tanti nemici di don Luigi Verzé e del suo “carisma del denaro”- Leggi Il martire del San Raffaele - Leggi l'inchiesta del Foglio sul San Raffaele - Leggi Arcangeli e Debiti

    In Vaticano il fronte dei dubbiosi circa l'“operazione San Raffaele” si è esteso dopo il suicidio di Mario Cal. E in qualche modo si farà sentire, oggi, nel giorno in cui il nuovo cda è riunito per una seduta cruciale per il futuro del gruppo, una seduta in cui provare a fare chiarezza anche sul sistema di contabilità parallela usato per scopi non chiari. Del fronte dei perplessi fa parte una figura di peso della curia romana: il cardinale Attilio Nicora, capo dell'Autorità di informazione finanziaria vaticana, uomo vicino alla buona finanza cattolica lombarda, la “finanza bianca”.

    La domanda che Nicora e altri entro le mura leonine si fanno è una: perché? Perché il cardinale Tarcisio Bertone spinge per entrare nel San Raffaele garantendo, tramite i suoi uomini di fiducia, Giuseppe Profiti, Ettore Gotti Tedeschi, Giovanni Maria Flick e Vittorio Malacalza, di poter sanare lo spaventoso debito accumulato da don Luigi Verzé, 972 milioni di euro?

    La risposta nessuno la conosce. Senz'altro c'è la volontà, legittima, di mettere insieme un piano ambizioso, il più grande polo ospedaliero cattolico in grado, se ben gestito, di garantire le entrate necessarie per far fronte alle perdite che ogni anno incombono sul bilancio della Santa Sede, comprese quelle della Radio Vaticana. Se è vero che ai tempi delle prime avvisaglie della crisi finanziaria il Vaticano trasformò i propri investimenti azionari in lingotti d'oro, è anche vero che poco prima il cardinale Edmund Szoka, presidente del governatorato dal 1997 al 2006, aveva venduto parte dell'oro per investire, con esiti negativi, sui mercati americani.

    Nicora fino a oggi è rimasto nell'ombra. Le sue riserve non le ha mostrate in pubblico. Si dice che dietro il silenzio del mondo della finanza bianca lombarda ci sarebbero interessi non secondari, tra questi l'Università Cattolica di Milano alla quale Nicora, con l'appoggio di Bertone, vorrebbe cambiare gli statuti per portarla a dipendere direttamente dal Vaticano. Da tempo il link tra Bertone e la finanza cattolica è diretto. Difficilmente, infatti, sarebbe stato possibile che il Vaticano vincesse dentro il San Raffaele su Bruno Ermolli, il consigliere di Silvio Berlusconi, e sull'imprenditore Giuseppe Rotelli, entrambi disposti a soccorrere don Verzé.

    Non a caso Corrado Passera, amministratore delegato di Banca Intesa Sanpaolo, il cui consiglio di sorveglianza è presieduto da un esponente nobile della finanza bianca, ovvero Giovanni Bazoli, già a inizio luglio aveva dato il proprio placet all'operazione vaticana: “E' stato scelto di approfondire e realizzare un'alleanza con la sanità vaticana e con altri portatori di fondi filantropici internazionali”. I dubbi di parte del Vaticano risiedono qui, sui fondi internazionali. Lo Ior può garantire 200 milioni di euro. E gli altri 772? Si è parlato di una charity internazionale, disposta a investire per un miliardo di dollari. Ma chi c'è dietro questa charity? Si dice apparterrebbe all'universo del miliardario americano George Soros. Un universo che aumenta il mistero.

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