L'urna di Madrid
Ieri il primo ministro spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, ha annunciato le elezioni anticipate: si voterà il 20 novembre, cioè quattro mesi prima del previsto. Il premier era ormai rimasto in solitudine a zufolare la canzone della scadenza naturale della legislatura e a sostenere l'opportunità di dare tempo al paese di iniziare la risalita della china economica sotto l'ombrello di una continuità governativa, che è però pieno di buchi e da tempo non rassicura nessuno.
Ieri il primo ministro spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, ha annunciato le elezioni anticipate: si voterà il 20 novembre, cioè quattro mesi prima del previsto. Il premier era ormai rimasto in solitudine a zufolare la canzone della scadenza naturale della legislatura e a sostenere l'opportunità di dare tempo al paese di iniziare la risalita della china economica sotto l'ombrello di una continuità governativa, che è però pieno di buchi e da tempo non rassicura nessuno.
Il Partito popolare e i catalanisti di Convergència i Unió chiedevano esplicitamente, già da tempo, di andare al voto al più presto. Ma anche all'interno del Partito socialista, benché tutti rispettassero una specie di consegna del silenzio sull'argomento, era ormai prevalente, per non dire plebiscitaria, la convinzione che una campagna breve e intensa fosse il meno peggio per il candidato del Psoe alla premiership, Alfredo Pérez Rubalcaba. L'ultima spintarella d'incoraggiamento a Zapatero è venuta da un recentissimo sondaggio del Centro de Investigaciones Sociológicas, un organismo autonomo che dipende dal ministero della Presidenza, secondo cui il vantaggio del Pp sul Psoe è sceso di 3,3 punti: ora i popolari sono dati al 43,1 per cento, i socialisti al 36 (se così fosse, il centrodestra vedrebbe opacizzarsi le prospettive di maggioranza assoluta).
Mentre la Spagna attende di ricevere qualche fluido vitale da una redditizia stagione turistica, l'annuncio di Zapatero si accompagna ad altre due notizie. Una non è negativa, ma soltanto i più spregiudicati ottimisti possono considerarla buona: il tasso di disoccupazione è calato dello 0,4 per cento, ma resta annichilente (20,89 per cento). L'altra notizia è preoccupante: Moody's minaccia di limare al ribasso il rating del debito sovrano spagnolo (ora è Aa2) e quello di alcune banche importanti (Bbva, Santander, CaixaBank, la Caixa), mentre ha già peggiorato il rating di sei regioni autonome spagnole, tra cui la Catalogna. La Borsa di Madrid ha accolto la notizia del voto anticipato con una lievissima flessione.
Ora che c'è una data certa per le elezioni (data che fa slittare alla prossima legislatura la complicata approvazione della Finanziaria per il 2012), può partire la campagna elettorale, che si configura come una “battaglia delle erre”. Il Psoe, sulla falsariga dello slogan coniato a suo tempo per l'attuale premier, “Con Z de Zapatero”, ha puntato sull'iniziale di Rubalcaba già dal primo video propagandistico, che racconta il candidato con 24 parole con la “R”: “Rápido, Reflexivo, Responsable, Regenerador…”. E il Pp oppone alla difficilissima rimonta di Rubalcaba la “R” del proprio candidato, Mariano Rajoy, che per la terza volta cerca nelle urne la chiave che apre la serratura della Moncloa. Per dedicarsi alla sua mission impossible, Rubalcaba ha già lasciato gli incarichi di ministro dell'Interno, primo vicepremier e portavoce del governo. Il suo programma economico ha un sapore più di sinistra di quelli zapateriani (sì a una tassa patrimoniale, no a privatizzazioni nella sanità, sì a misure che costringano le banche a favorire la riduzione della disoccupazione, specie giovanile) e ammicca agli “indignados” (Rubalcaba si impegna affinché “la politica sia e appaia trasparente” e nel cercare consenso in Parlamento per una legge elettorale più proporzionalista, sul modello tedesco). Mentre Zapatero riduce la sua ombra nociva sulla corsa del Psoe e annuncia che non tornerà in Parlamento da deputato ma si ritirerà nella sua León, il Pp non è in grado di dare il colpo di grazia preventivo a Rubalcaba; l'atout principale di Rajoy sembra ridursi al fatto di essere il vincitore annunciato e inevitabile, per inerzia.
Infine c'è la “variabile Eta”. Nei giorni scorsi, la Razón e altri giornali avevano diffuso la voce secondo cui il governo aspettava a indire le elezioni, in attesa di un'eventuale, corroborante dichiarazione di autodissoluzione, dopo 52 anni, da parte del gruppo terrorista basco. Zapatero aveva parlato di “fantascienza” e l'annuncio di elezioni ha azzerato queste voci. Ma se nel corso dell'estate l'Eta dovesse davvero autoliquidarsi, offrirebbe un rosolio a Rubalcaba, che da ministro dell'Interni ha agito con efficacia contro il gruppo armato.
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