Riecco Elisabeth Badinter, filosofa francese anti maternità (e libertà)

Annalena Benini

Quando Elisabeth Badinter, filosofa francese piuttosto severa, dice alle madri: “Ehi, rilassatevi. Bevete un bicchiere di vino, fumatevi una sigaretta, date un biberon al vostro bambino e cercate di riprendervi la vostra vita”, non ha torto. Apre uno spiraglio nel tunnel (luminosissimo, arredabile) della maternità, quando sembra che anche solo mangiare gli spaghetti alle vongole prima della poppata sia un gesto snaturato, quando ritardare l'addormentamento del piccolo di quindici minuti per chiacchierare al telefono con un'amica è la dimostrazione dell'inadeguatezza e dell'incapacità di adattarsi ai ritmi della natura.

    Quando Elisabeth Badinter, filosofa francese piuttosto severa, dice alle madri: “Ehi, rilassatevi. Bevete un bicchiere di vino, fumatevi una sigaretta, date un biberon al vostro bambino e cercate di riprendervi la vostra vita”, non ha torto. Apre uno spiraglio nel tunnel (luminosissimo, arredabile) della maternità, quando sembra che anche solo mangiare gli spaghetti alle vongole prima della poppata sia un gesto snaturato, quando ritardare l'addormentamento del piccolo di quindici minuti per chiacchierare al telefono con un'amica è la dimostrazione dell'inadeguatezza e dell'incapacità di adattarsi ai ritmi della natura.

    La Badinter, ritratta sul New Yorker, ha scritto saggi su saggi per denunciare la tirannia dei figli, intesa come fondamentalismo della maternità e retorica della naturalità: “Queste giovani donne: è stato detto loro di usare i pannolini lavabili. Perché quelli usa e getta non sono naturali. Per me, l'epidurale è stata una vittoria sul dolore. Ma loro dicono no, loro vogliono sentire cosa significa essere una donna. La loro idea è che non si soffre si fallisce l'esperienza della maternità. Si è madri snaturate, vittime dell'individualismo capitalista e del consumismo”. Detta così, è un sollievo. Non sentirsi in colpa se non si allatta un figlio fino ai dodici anni, se non lo si tiene addosso tutto il giorno avvolto in foulard di seta indiana per favorire il contatto con il corpo, o se si azzarda un giro in passeggino e una sera di baby sitter. Badinter, odiata dalle femministe francesi, aggiunge cose rassicuranti nel colloquio con il New Yorker: “Io non direi mai alle donne di non allattare, o fino a quando allattare, e ancora meno direi di non provare il parto naturale – ma solo di decidere per loro stesse”. Non vuole nemmeno istigarle a diventare alcolizzate o tabagiste.

    “Io esagero perché voglio che si fermino a pensare”. E' proprio questo, invece, il motivo per cui la criticano: negare l'istinto e la natura nella maternità, considerarla una trappola che impedisce alle donne di comportarsi esattamente come gli uomini, provare una totale antipatia per la differenza (quella cosa per cui le vere femministe si sono battute, perché non dovessimo sentirci in obbligo di vivere come maschi), considerare i figli un gadget come un altro, qualcosa attorno a cui è stata costruita una mistica eccessiva, e in ogni caso una graziosa palla al piede che ostacola il raggiungimento di obiettivi, guadagni, divertimenti. Elisabeth Badinter ha scritto un anno fa “Il conflitto. La donna e la madre”, che in Francia è stato un bestseller perché scava nei nostri desideri frustrati, nella voglia di libertà che si scontra sempre con il senso di colpa e di protezione. Secondo lei le donne francesi rischiano di perdere le libertà conquistate (nonostante non ci sia un sistema al mondo così accogliente verso le donne che lavorano come quello francese), e non per la misoginia degli uomini, ma per la sacralità e l'ingombro dei figli. Le moderne ragazze francesi stanno per essere ricacciate nelle case a lavare a mano pannolini ecologici, mentre potrebbero essere felici e trionfanti e libere.

    Ecco, Elisabeth Badinter (tre figli, uno dietro l'altro, adesso nonna), nella sua crociata per l'educazione culturale delle madri (educazione alla disinvoltura, alla riappropriazione di spazi, all'idea che nessun figlio debba farci sentire in obbligo di chiedere il part time), esclude la felicità suprema del seguire l'istinto materno, dello spalmarsi il bambino addosso, e il desiderio di non lasciarlo nemmeno per un minuto. Ci sono cose che non sono costruzioni culturali, né dittature della naturalità. Ci sono cose che non sono mode, e semplicemente, miracolosamente accadono. Si può cercare, razionalmente, di scacciarle, in nome della libertà e della realizzazione, ma allora che libertà è?

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.