E' davvero ora di piantarla?

Giulia Pompili

Da Parigi a Tel Aviv si parla di nuovo di droghe "leggere". Lontano il periodo in cui parlare di canne era esclusivo dei movimenti hippie, a dare il via al dibattito serio è stato il documento dalla Global Commission on Drug Policy (*), pubblicato a giugno scorso, che ufficializzava il fallimento delle politiche repressive nella "guerra alla droga" e chiedeva ai governi una riflessione sulle nuove strategie da attuare soprattutto per quelle che vengono definite “light drugs”, cannabis, marijuana e ashis (leggi La guerra culturale alla droga è persa. Fine di uno scandalo sociale).

    Da Parigi a Tel Aviv si parla di nuovo di droghe "leggere". Lontano il periodo in cui parlare di canne era esclusivo dei movimenti hippie, a dare il via al dibattito serio è stato il documento dalla Global Commission on Drug Policy (*), pubblicato a giugno scorso, che ufficializzava il fallimento delle politiche repressive nella "guerra alla droga" e chiedeva ai governi una riflessione sulle nuove strategie da attuare soprattutto per quelle che vengono definite “light drugs”, cannabis, marijuana e ashis (leggi La guerra culturale alla droga è persa. Fine di uno scandalo sociale).

    In un'intervista d'apertura sul quotidiano francese Monde, l'economista e docente della Sorbona Pierre Kopp ha spiegato dettagliatamente quali benefici potrebbe avere la Francia dalla legalizzazione – e la conseguente tassazione – della cannabis: “Lo stato potrebbe guadagnare più di un milione di euro l'anno per finanziare la prevenzione” delle tossicodipendenze, dice Kopp. Nella situazione attuale, prosegue il docente, “sono gli spacciatori ad approfittarsi dei 1,7 milioni di francesi che fanno uso regolare di droghe leggere, esclusi quelli che se la producono a casa”. Per Kopp è il prezzo dell'erba ad essere il primo elemento chiave, perché “se è troppo alto potrebbe portare al commercio illegale, mentre se troppo basso all'aumento del consumo”. E poi, naturalmente, l'educazione: “Bisogna prevenire l'uso pericoloso avvertendo i ragazzi dei rischi del sovradosaggio”.  

    Anche in Israele, dove il consumo di marijuana è tollerato solo per scopi medici e terapeutici, si parla da tempo di legalizzazione (alcuni movimenti hanno addirittura visto nella "marija libera" l'unica via d'uscita per l'eterno conflitto con la Palestina, rendendo gli uomini "più mansueti"). Il Jerusalem Post riporta oggi le parole di Drora Nehamni, funzionario del ministero della Giustizia, che ieri al comitato della Knesset per il consumo di droga ha detto: “E' ora di cominciare a distinguere tra droghe leggere e droghe pesanti”. Oggi la legge israeliana non fa distinzione tra eroina e cannabis, anche se c'è un limite per quanto riguarda l'uso personale (in Italia l'uso personale è proibito dalla legge Fini-Giovanardi, anche se la Cassazione di recente ha consentito il possesso di una piantina ornamentale).

    La Nehamni, comunque, ha detto che "il numero di procedimenti penali aperti per uso di droghe leggere è semplicemente uno spreco di risorse". In pratica, se le autorità cessassero di trattare i consumatori di droghe leggere come criminali, "si potrebbe fornire loro delle strutture di riabilitazione”. Nel rapporto della Nehamni alla Knesset si fa esplicito riferimento alla pubblicazione di giugno, che invitava i governi a sperimentare “forme di regolarizzazione che minino il potere delle organizzazione criminali e salvaguardino la salute e la sicurezza dei cittadini”.

    In America la situazione è un po' diversa: a novembre scorso la California, primo stato americano a legalizzare l'uso medico della marijuana, ha risposto negativamente al referendum sulla Proposition 19 che voleva rendere libera l'erba anche per scopi ricreativi (leggi Fumando California). Eppure sono in molti ad essere d'accordo sul trattamento medico con marijuana e sul suo uso sostitutivo dei miorilassanti (i farmaci che vengono utilizzati per rilassare chimicamente la muscolatura – in Italia si tratta con miorilassanti anche la cefalea muscolo-tensiva). Già legale in diciassette stati americani, la scorsa settimana un editoriale del New York Times accoglieva con favore la scelta del governatore del New Jersey, Chris Christie, che ha dato l'autorizzazione a sei centri di trattare in maniera alternativa i malati terminali di cancro, Hiv e Sla. L'uso medico dell'erba è molto circoscritto e richiede il controllo sistematico sia delle dosi che del paziente. Secondo il principale quotidiano americano, anche il governatore di New York, Andrew Cuomo, dovrebbe rivedere le sue idee proibizioniste perché “a tutti i cittadini non venga tolto il diritto di trovare sollievo nelle cure”. Intanto, anche in Ohio si stanno attrezzando

    * Dopo la pubblicazione on line di questo articolo, il Dipartimento per le Politiche Antidroga di Palazzo Chigi ha replicato e precisato che "il documento al quale fa riferimento non è affatto un documento ONU", come in effetti era riportato precedentemente nel testo. L'articolo è stato quindi corretto e nel link al Global Commission on Drug Policy è possibile verificare la provenienza del documento .Ecco il testo completo della replica.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.