La rinunciabilissima transumanza spirituale degli eletti (non da Dio)

Stefano Di Michele

Anche in periodi precedenti “il falò della casta” che adesso quotidianamente s'attizza, una certa saggezza popolare poco aveva da spartire con la pratica politica. E così, se è noto (e persino saggio) che “chi vuole Cristo se lo prega”, in Parlamento avevano deciso altrimenti: chi vuole Cristo se lo va a cercare in torpedone. La singolare faccenda che la Camera riapriva una settimana dopo perché i deputati dovevano andare in pellegrinaggio in Terrasanta è di quelle che possono far finire nel ridicolo anche le meglio e più elevate intenzioni.

    Anche in periodi precedenti “il falò della casta” che adesso quotidianamente s'attizza, una certa saggezza popolare poco aveva da spartire con la pratica politica. E così, se è noto (e persino saggio) che “chi vuole Cristo se lo prega”, in Parlamento avevano deciso altrimenti: chi vuole Cristo se lo va a cercare in torpedone. La singolare faccenda che la Camera riapriva una settimana dopo perché i deputati dovevano andare in pellegrinaggio in Terrasanta (si mettessero in cammino ad agosto, o pensano che il Padreterno sia in ferie pure Lui?), è di quelle che possono far finire nel ridicolo anche le meglio e più elevate intenzioni. A volte, se le vanno proprio a cercare. Questa sorta di transumanza spirituale degli eletti ha preso piede da qualche anno, precisamente dal 2004, su iniziativa dell'allora “cappellano di Montecitorio”, monsignor Fisichella – al momento impegnato nella rievangelizzazione dell'occidente, compito magari persino meno gravoso della rievangelizzazione parlamentare, e quindi ha affidato tanto il gregge quanto il tour al suo successore, monsignor Leuzzi – e con il fervido supporto organizzativo dell'onorevole ciellino Lupi. Iniziativa meritoria, si capisce – anche se, e senza voler mancare di rispetto, sul monte Sinai probabilmente non staranno smaniando per veder comparire all'orizzonte l'onorevole Giovanardi.

    Meritoria ma pure un po' buffa:
    le intenzioni non si discutono, i risultati spirituali appaiono al momento incerti. C'è qualcosa di gita aziendale fantozziana nella visione di centinaia di parlamentari che s'avviano, opportunamente salmodiando, verso i luoghi sacri. In questi anni si è andati per ogni dove, da Damasco a Lourdes, da Mosca al lago di Tiberiade, da Santiago di Compostela a Betlemme, dalla Turchia al monte Athos – e se ne trovano tracce e giusto vanto nei siti dei singoli eletti e partecipanti (“è l'onorevole Carlo Ciccioli a rappresentare le Marche nel pellegrinaggio…”), in certe foto ammonitrici con la Binetti e la Turco sulla riva del mar Morto, in preziose informative che giacciono negli archivi del Tg1: “A proprie spese vanno alla ricerca delle radici della fede…” – e ci mancherebbe: che volevano, la fede spesata?

    Ora, visto che il presidente Fini
    ha deciso che la settimana extra di ferie salta, pellegrinaggio o non pellegrinaggio, restano poche alternative: a) partire prima, intorno a Ferragosto: il solleone fortifica la fede; b) radunarsi in una chiesa dalla parti di Montecitorio, a portata di convocazione: Dio è in ogni dove, l'eletto è meglio che stia dove deve stare; c) attendere tempi migliori per mettersi in moto a proprio piacere: per esempio, quando non si sarà più onorevole. Certo, dovesse saltare il pellegrinaggio – la bellezza di 170 eletti che si porteranno dietro per tutto l'autunno il rimpianto di Betania e dei “momenti di raccoglimento” messi a punto da monsignor Leuzzi – sarebbe disdicevole, ma sarebbe anche opportuno. Del resto monsignor Fisichella, quando organizzò il primo viaggio, propose agli onorevoli una meditazione sulla lettera di san Clemente ai Corinzi: “Ciascuno al suo posto…”. Meditazione utilissima e opportuna: perciò, ciascuno al suo posto a settembre si faccia trovare.