Mai una sola volta

Annalena Benini

Indimenticabile e rivoluzionario fu Romano Prodi. Fotografato dieci anni dopo in montagna con la stessa giacca a vento beige del millenovecentonovantasette, un po' grande, un po' scesa, brutta già in partenza, e una cuffia di lana calata sugli occhiali. Tutti volevano vedere quel piumino, toccarlo, sincerarsi che fosse davvero lo stesso e non semplicemente uno uguale (anche Silvio Berlusconi ha sempre la stessa cravatta blu a pallini, ma si immagina, nel suo caso, un'intera cabina armadio dedicata a quell'unico accessorio).

    Indimenticabile e rivoluzionario fu Romano Prodi. Fotografato dieci anni dopo in montagna con la stessa giacca a vento beige del millenovecentonovantasette, un po' grande, un po' scesa, brutta già in partenza, e una cuffia di lana calata sugli occhiali. Tutti volevano vedere quel piumino, toccarlo, sincerarsi che fosse davvero lo stesso e non semplicemente uno uguale (anche Silvio Berlusconi ha sempre la stessa cravatta blu a pallini, ma si immagina, nel suo caso, un'intera cabina armadio dedicata a quell'unico accessorio, posseduto in migliaia di copie identiche, con addetti al nodo sempre pronti).

    La giacca a vento in naftalina provocò ironie, editoriali, riflessioni sullo stile di vita sobrio, spunti per una decrescita (anche infelice), e da allora tutte le persone importanti (attrici, principesse, premieresse, first lady, sindaci, capi del mondo) si sentono liberate dall'obbligo di sfoggiare sempre nuovi abiti. Lo stile sultano del Brunei, insomma, è finalmente tramontato, e la gara dell'eleganza prevede un armadio ridotto (evitare anche, d'ora in poi, di usare l'espressione: cambio di stagione, perché le stagioni non esistono più e comunque nessuno ha tempo di farlo, se possedete dei maglioni di lana norvegese con disegni etnici non significa che li indosserete a Natale in città, quindi lasciateli dentro le valigie della montagna).

    Kate Middleton, che nella vita non deve fare altro che cambiarsi d'abito, tagliare nastri e essere gentile con la Regina, è stata fotografata in diverse occasioni ufficiali con lo stesso abitino verde e con lo stesso cappotto da timida duchessa. Michelle Obama ha riciclato più volte un vestito bianco a fiori blu, mostrando che anche le lavanderie della moglie del presidente degli Stati Uniti sbagliano i lavaggi e scoloriscono gli abiti.

    Angela Merkel non si è mai più sfilata un tailleur lungo viola lucido, messo già quattro volte, che sarebbe stato forse meglio non rivedere. Ma non è solo una questione di frugalismo, di necessità di mostrare al mondo che non c'è spazio per le frivolezze: indossare lo stesso vestito a distanza di un anno o due è la miglior prova del proprio equilibrio psicofisico, inteso come eroica capacità di invecchiare mantenendo la taglia (il massimo è quando il vestito, la seconda volta, balla, e la forma più assoluta di felicità è mettere i jeans di quando si aveva vent'anni).

    Il sindaco di New York, Michael Bloomberg, molto miliardario, fa risuolare ogni anno le stesse scarpe e sostiene di possederne soltanto un altro paio di riserva, in caso di allagamento o di attentati. Mentre il buco nella suola di Barack Obama è stato un grande guizzo della campagna elettorale (tutti si guardavano sotto le scarpe, cercando una prova del proprio impegno nel salvare il mondo).

    Il Daily Beast, nella didascalia a una foto di Anna Wintour, che ha indossato lo stesso vestituccio di Chanel, a un mese di distanza, a una cena di stato alla Casa Bianca e agli Oscar della moda (la Wintour, regina di Vogue e del mondo, non indossa mai un abito una sola volta, e probabilmente ha anche lei i buchi sotto gli stivali), ipotizza che il motivo sia questo: il riciclo è il nuovo nero. Portare un vestito fino alla stremo, farlo morire di morte naturale (con qualche accanimento), renderlo significativo, come la gonna di Marilyn che si alza col vento, come la borsetta di Margaret Thatcher, come la divisa di Dylan Dog. Nessuno ha più voglia di passare ore nei negozi a farsi maltrattare dalle commesse (hanno un pezzo di piombo al posto del cuore, sono state addestrate a individuare i punti deboli di chi entra in un camerino e si divertono con umiliazioni continue), e comunque il vintage è più rassicurante: un vestito già indossato, mostrato e sciupato può essere brutto, ma non cattivo.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.