Se è Tequila puoi guidare
Da quando è iniziato l'aumento dei prezzi del petrolio ha cominciato a diffondersi la produzione di carburante di origine vegetale: una trovata in passato essenzialmente brasiliana, grazie alle eccedenze di canna da zucchero, ma che poi è divenuta un'iniziativa strategica anche dell'amministrazione Bush per ridurre la dipendenza dal pericoloso greggio mediorientale. L'America ha iniziato producendo etanolo a partire dal mais, mentre la Colombia ha utilizzato la barbabietola.
Da quando è iniziato l'aumento dei prezzi del petrolio ha cominciato a diffondersi la produzione di carburante di origine vegetale: una trovata in passato essenzialmente brasiliana, grazie alle eccedenze di canna da zucchero, ma che poi è divenuta un'iniziativa strategica anche dell'amministrazione Bush per ridurre la dipendenza dal pericoloso greggio mediorientale. L'America ha iniziato producendo etanolo a partire dal mais, mentre la Colombia ha utilizzato la barbabietola. Mentre tutti gli esperti concordano sul dire che non esista una coincidenza tra la maggior richiesta di materia prima per etanolo e i rincari di alimentari che a livello mondiale si sono reiterati in questi ultimi anni, non c'è dubbio che, per lo meno a livello psicologico, l'idea di poter “bruciare” il cibo nel momento in cui si faceva più caro ha agitato l'opinione pubblica. Di conseguenza inizia la ricerca dei cosiddetti biocombustibili di seconda o terza generazione: producibili a partire da materie prime non coincidenti con alimentari di prima necessità, e comunque ottenibili in aree diverse da quelle destinata alle coltivazioni alimentari. E tra le varie alternative proposte, salta fuori anche quella dell'agave azzurra, una pianta tipica del Messico.
L'idea viene da uno studio di Energy and Environmental Science dell'Università di Oxford. Il testo spiega la pianta, pur offrendo un elevato livello di zuccheri, “può crescere nel deserto e in terreni marginali, ma non in aree coltivabili”. Il primo esperimento di trasformazione degli zuccheri di agave in etanolo è stato fatto a Jalisco, con esiti incoraggianti. Tra l'altro, sostengono gli scienziati, la produzione di etanolo attraverso l'agave emette solo 35 grammi di ossido di carbonio per ogni megajoule di energia, contro gli 85 dell'etanolo da mais e i 100 dei derivati dal petrolio. Altro dato positivo: in Africa e Messico l'agave è una coltura tradizionale per la produzione di fibra tessile che però sta venendo sempre più messa fuori dal mercato dalla plastica. Dunque un suo rilancio come fonte di combustibile permetterebbe anche di salvare posti di lavoro e crearne di nuovi.
Tutto bene, allora? Sembra di no! Il fatto è che in Messico l'agave non serve solo per fare fibre, ma è anche la materia prima della tequila, la bevanda nazionale esportata in tutto il mondo, e alla base di cocktail famosi: dal Margarita (tequila più triple sec più succo di lime o limone), al Tequila Sunrise (tequila più succo d'arancia più sciroppo di granatina), al Bloody Mary (tequila più succo di pomodoro e spezie), al Matador (tequila più succo di ananas più succo di lima), al Tequila Slammer (tequila più gazzosa). La storia del prodotto non è del tutto chiara, anche perché complicata da leggende spesso inventate ai soli fini del marketing. Di certo c'è che risale agli aztechi il pulque, una birra di succo di agave fermentato, tuttora popolarissima in Messico. Il succo di agave distillato dà invece il mezcal, terza bevanda tradizionale del Messico. E una seconda distillazione dà la tequila – è probabile che in passato la materia prima fosse la stessa, anche se oggi i tre liquori partono da varianti di agave differenti.
La tequila è sempre stata amata anche dagli americani, che durante il proibizionismo passavano spesso la frontiera col Messico per andarsi a sbronzare. E' il boom del 1992 che ha portato, attorno al 2000, a una grave crisi di approvvigionamento della materia prima. L'emergenza allora fu superata, ma che succederà se ora l'agave iniziasse a essere usata anche per far andare le auto?
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