Mercato neuro

La Bce aiuta i Bot ma non le Borse

Stefano Cingolani

La crisi del debito sovrano ha aperto ieri un nuovo capitolo: la battaglia dei governi occidentali, e delle Banche centrali che li sostengono, contro i mercati in preda a una chiara crisi di nervi. La turbo-finanza è crollata nel 2008, adesso comincia la neuro-finanza che, nel timore di finire come tre anni fa, vende in anticipo titoli pubblici e privati creando così le premesse di un nuovo 2008. Lo scontro ha avuto finora fasi alterne. Il comunicato del G7 domenica sera e l'acquisto di Btp italiani e Bonos spagnoli da parte della Banca centrale europea, ieri hanno fatto scendere lo spread con il Bund tedesco sotto quota 300.

    La crisi del debito sovrano ha aperto ieri un nuovo capitolo: la battaglia dei governi occidentali, e delle Banche centrali che li sostengono, contro i mercati in preda a una chiara crisi di nervi. La turbo-finanza è crollata nel 2008, adesso comincia la neuro-finanza che, nel timore di finire come tre anni fa, vende in anticipo titoli pubblici e privati creando così le premesse di un nuovo 2008. Lo scontro ha avuto finora fasi alterne. Il comunicato del G7 domenica sera (“prenderemo tutte le misure necessarie”) e l'acquisto di Btp italiani e Bonos spagnoli da parte della Banca centrale europea (tra i 3 e i 5 miliardi di euro), ieri hanno fatto scendere lo spread con il Bund tedesco sotto quota 300, cioè cento punti base meno di venerdì, la giornata più nera con i tassi sui titoli decennali che hanno sfiorato il 7 per cento sia a Roma sia a Madrid. Le Borse europee avevano cominciato bene, con un'impennata di Milano. Il tutto è durato fino all'ora di pranzo. Poi il differenziale sui titoli pubblici è risalito a 303 e gli indici azionari sono tornati negativi. Il Ftse Mib ha chiuso a meno 2,35. Parigi ha ceduto 4,68 punti, Francoforte 5.

    Wall Street ha aperto subito in rosso e a metà seduta il Dow Jones era a meno 2,65 per cento, rilanciando le perdite delle Piazze asiatiche ormai legate da un bizzarro destino. Il problema tra le due rive del Pacifico si chiama debito americano. Il downgrading di Standard & Poor's, che ieri Barack Obama ha minimizzato e che invece è stato giustificato da John Chambers, presidente della commissione rating di S&P's, con motivazioni squisitamente politiche (le divisioni al Congresso e le incertezze dell'Amministrazione) dimostra che il confine tra governi e mercati è ormai varcato. S&P's minaccia nuove bocciature (ieri ha tagliato il rating di Fannie Mae e Freddie Mac, le due agenzie di credito immobiliare). Anche Moody's ha un outlook negativo sui titoli del tesoro federale. Sul fronte europeo la battaglia è solo agli inizi. Chi oggi sembra fuori pericolo domani potrà essere trascinato nella tempesta. E' il caso della Francia: le tre A su un debito che, in quantità, avvicina quello italiano non sono garantite per sempre.

    Ieri i cds (credit default swaps) cioè i contratti di copertura contro l'insolvenza di pagamento, hanno registrato nuovi massimi sulla Francia. Vuoi vedere che fra poco anche il presidente francese Nicolas Sarkozy sarà messo sotto tutela dal connazionale Jean-Claude Trichet, presidente della Banca centrale, e dal suo successore Mario Draghi? La stessa coppia che ha firmato la lettera inviata giovedì a Silvio Berlusconi nella quale sono indicate in dettaglio le correzioni alla politica economica: anticipo del pareggio di bilancio al 2013, liberalizzazioni per decreto, vendita di quote delle aziende pubbliche (da Eni e Enel alle municipalizzate), flessibilità in uscita sul mercato del lavoro (il tormentato articolo 18 dello Statuto dei lavoratori).

    Il “podestà straniero” evocato da Mario Monti non si limita solo all'Italia, se persino il governo degli Stati Uniti viene schiaffeggiato da un'agenzia di rating e strapazzato dalla Cina.
    Ma fino a che punto le Banche centrali potranno aprire l'ombrello? Si è riaccesa la discussione sulla loro indipendenza: la Fed già compera titoli Usa a go-go; più difficile la posizione della Bce che ha un limite statutario al ruolo di sostegno dei governi. La Bundesbank resta contraria all'acquisto massiccio di bond italiani e spagnoli. La Bce ha in pancia già 75 miliardi di titoli greci, portoghesi e irlandesi. Secondo le stime di Jacques Cailloux, influente guru della Royal Bank of Scotland, si potrà arrivare fino a 850 miliardi. Il rischio è che si traduca in aumento della base monetaria (difficile sterilizzare attraverso i depositi a termine delle banche un ammontare così elevato, sottolinea Carsten Brzeski del gruppo belga ING), gettando benzina sul fuoco dell'inflazione. Altro punto fermo è che i 440 miliardi del fondo di stabilizzazione non bastano. Tim Geithner, segretario al Tesoro americano, ha già sollecitato l'Ue ad aumentarlo. Serviranno almeno 1.500 miliardi, poco meno dell'intero debito italiano. La Germania si oppone, ha detto il portavoce della cancelleria. E qui parte un sogno (o un incubo): vuoi vedere che i poteri forti multinazionali commissariano pure Angela Merkel?