L'invasione barbarica
Se Marina Berlusconi è la regina delle interviste terrorizzanti e tridimensionali, quelle da leggere in un rifugio antiatomico, immaginando i “no” che spaccano vetrine, ammirando i fulmini che escono dall'inchiostro, desiderando una goccia di quel talento da boxeuse, sua sorella Barbara, ventisei anni e faccia d'angelo, è il più grande spettacolo dopo il big bang. Lei non parla, accarezza con le parole, le infila una accanto all'altra, armoniosamente, e ne fa delle collane perfette, lucide, filosofiche, steineriane.
Se Marina Berlusconi è la regina delle interviste terrorizzanti e tridimensionali, quelle da leggere in un rifugio antiatomico, immaginando i “no” che spaccano vetrine, ammirando i fulmini che escono dall'inchiostro, desiderando una goccia di quel talento da boxeuse, sua sorella Barbara, ventisei anni e faccia d'angelo, è il più grande spettacolo dopo il big bang. Lei non parla, accarezza con le parole, le infila una accanto all'altra, armoniosamente, e ne fa delle collane perfette, lucide, filosofiche, steineriane. Ogni sua intervista (questa è la terza copertina che le dedica Vanity Fair) è sempre stata un sonetto sulla compostezza, sull'equilibrio e sui grandi ideali, ottimo per gettare nella frustrazione tutto il resto del mondo.
Ci sono ragazze che hanno attorno l'alone di perfezione, e fanno venire i complessi di inferiorità alle altre: i capelli sempre biondi, lo sguardo sempre luminoso, i voti sempre alti, i modi sempre gentili e il giudizio sempre severo. Barbara Berlusconi, laureata in Filosofia, ha anche due figli bellissimi, sicuramente molto beneducati e che non mettono i piedi in faccia agli ospiti o urlano “cacca” a tavola, un ex compagno (“ci siamo dedicati al nostro amore con serietà”) con cui ha un ottimo rapporto di reciproca stima e affetto nonostante la separazione, un grande attaccamento alla realtà che le ha permesso di superare i passaggi dolorosi, un lavoro importante, una madre che è il suo primo interlocutore sui sentimenti, un padre ingombrante ma affettuoso che le dà “consigli costruttivi” e una visione limpida del mondo, oltre al senso di “un'etica di impresa” (e, argomento essenziale nei confronti estivi da costume da bagno, Barbara ha un fisico asciutto).
Barbara Berlusconi nei mesi scorsi non ha fatto sconti nemmeno al padre, per gli aspetti controversi della sua vita privata, e ha deprecato la mancanza di gavetta di Mara Carfagna, ha giudicato le valutazioni superficiali che hanno sminuito la politica nel suo complesso. La lettrice mediamente disperata, casinista e cellulitica, di solito ha già annegato la propria inadeguatezza nell'alcol, a questo punto. Invece Barbara Berlusconi adesso si è reinnamorata, ed è caduta nelle meraviglie della realtà, che sa quasi sempre essere imperfetta, inopportuna perfino. Elevata alla dirigenza del Milan, si è fidanzata con Pato, un calciatore brasiliano, più giovane, suo dipendente (con l'inevitabile, romanticissimo conflitto di interessi), di cui ha dovuto dire che non è incedibile (come giocatore), anche se lo ama. Prima misurare il mondo con il metro della perfezione era forse più semplice e rigoroso, ma misurarsi con il possibile, adesso, è molto più interessante. Provare che stare con un calciatore non è intellettualmente degradante e farsi paparazzare con lui a Rio de Janeiro non mette in discussione la serietà di madre e di manager o l'etica d'impresa. “Che ipocrisia: perché dovrei scegliere il mio compagno secondo un cliché? Preferisco assecondare le mie impressioni e il mio cuore”. Che bello quando anche il cliché della perfezione viene mandato al diavolo, quando la vita ti infila in labirinti impensabili. Perché è strana, complicata, non si sa mai cosa può succedere. Che bello quando finalmente Barbara Berlusconi dice: “Se avrò commesso un errore lo scoprirò da me: non posso certo vivere secondo i criteri che altri si arrogano di scegliere”. Meno perfetta, ma molto più immedesimabile (a parte gli addominali di Pato).
Il Foglio sportivo - in corpore sano