Pangloss reloaded
Poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale un marziano cretino atterra negli Stati Uniti e penetra nottetempo, quando non c'è nessuno, in un laboratorio dove si trova uno dei primi grandi calcolatori digitali. “Che macchina primitiva!”, esclama tra sé e sé il marziano cretino. “Cosa mai potrà fare?”, si chiede. Una trentina di anni dopo atterra di nuovo per curiosare e scopre che ora sono spuntati dei calcolatori molto più veloci e meno ingombranti. “Un'evoluzione interessante”, commenta prendendo appunti su un avanzatissimo taccuino elettronico e riparte sul suo disco volante.
Poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale un marziano cretino atterra negli Stati Uniti e penetra nottetempo, quando non c'è nessuno, in un laboratorio dove si trova uno dei primi grandi calcolatori digitali. “Che macchina primitiva!”, esclama tra sé e sé il marziano cretino. “Cosa mai potrà fare?”, si chiede. Una trentina di anni dopo atterra di nuovo per curiosare e scopre che ora sono spuntati dei calcolatori molto più veloci e meno ingombranti. “Un'evoluzione interessante”, commenta prendendo appunti su un avanzatissimo taccuino elettronico e riparte sul suo disco volante.
Torna dopo un altro trentennio e scopre che ora macchine piccolissime, poco più grandi di un libro, fanno in pochi secondi milioni di operazioni ciascuna delle quali richiedeva giorni di lavoro ai vecchi calcolatori. “Ma queste sono macchine di grande intelligenza! – esclama – persino capaci di operazioni autonome e quindi di creare qualcosa… Magari di creare le prime macchine di sessant'anni fa… Ma io ho visto come sono spuntate fuori: attraverso un processo di evoluzione. Ne deduco quindi la seguente legge: ‘Qualsiasi intelligenza creativa abbastanza complessa da progettare qualcosa è solo il prodotto finale di un lungo processo di evoluzione graduale'”.
Bene, in realtà la legge non l'ha enunciata il marziano cretino bensì il noto biologo Richard Dawkins nel suo libro “L'illusione di Dio”. Solo che mentre il povero marziano cretino aveva dedotto la legge basandosi pur sempre su osservazioni di fatti reali, Dawkins procede in altro modo. Prima enuncia la legge e poi la “dimostra” così: “Siccome si sono evolute, le intelligenze creative arrivano giocoforza tardi nell'universo e non possono quindi averlo progettato”. Insomma, prima egli dà per scontato che le intelligenze si sono evolute (“siccome”), e quindi ne deduce che si sono evolute… “Forse tu non pensavi ch'io loico fossi!”, ci par di sentire esclamare Dawkins alla maniera del diavolo di Dante, magari accompagnando la frase con qualche suono osceno, perché, come vedremo, il nostro loico scienziato ha una certa tendenza coprofila. Il diavolo Dawkins ghigna, perché con la sua legge ritiene di aver dimostrato che Dio non esiste. Difatti, Dio, in quanto intelligenza creativa complessa non può che essere il risultato di un processo di evoluzione, e quindi non può essere all'origine di alcunché, non può aver creato un fico secco. “Tu non pensavi ch'ïo loico fossi”.
Forse basterebbe questo per spiegare perché un personaggio come Richard Dawkins è il mio nemico per eccellenza. Non tanto perché è ateo – legittimi fatti suoi – ma per la suprema insipienza con cui propaganda le sue tesi e per l'arroganza con cui pretende che chi non condivide i suoi “ragionamenti” (con rispetto parlando per i ragionamenti, s'intende) sia un perfetto imbecille. E soprattutto perché facendo la sua campagna in nome della razionalità scientifica fa fare alla scienza una figura barbina.
Ma no, non basta, c'è molto altro e se qualcosa risparmieremo al nostro “nemico” è soltanto per colpa dello spazio. Intanto, presentiamo un'altra sua mirabile affermazione: “Non si può tecnicamente [sic] dimostrare che Dio non esiste, ma Dio è molto ma molto improbabile”. Bella forza! Che Dio, l'Ente supremo, il Creatore di tutto, l'Unico assoluto sia un evento molto ma molto improbabile è un'affermazione degna di un incrocio tra M. de La Palice e Pangloss. Il credente non può che essere d'accordo con Dawkins: Dio è l'evento improbabile per eccellenza. Ci mancherebbe soltanto che la sua probabilità fosse piccola ma apprezzabile: rischieremmo di trovarci in pieno politeismo… Ci si chiederà perché diamine Dawkins si sia dato una simile zappa sui piedi invece di dire tout court che Dio non esiste. Ebbene, il fatto è che lui ha ripercorso la solita via crucis dell'ateo ignorante: dimostrare, una a una, che tutte le dimostrazioni dell'esistenza di Dio hanno un baco (non sapendo che a questo aveva già provveduto Kant) per poi ammettere che non è possibile dimostrare neppure il contrario (anche a questo aveva provveduto Kant). Per cui, non riuscendo a risolvere la cosa per via “tecnica” (che è il modo con cui lui dice “metafisica”), cerca la dimostrazione per via “scientifica”, con il calcolo delle probabilità. Ma attenti, perché Dawkins è un gran furbo e prova a parare il colpo del credente, e cioè l'argomento secondo cui il sorgere della vita è un evento talmente improbabile che può essere spiegato soltanto come effetto dell'atto creativo divino. Niente affatto, osserva il nostro furbacchione: anche ammettendo che il sorgere della vita abbia la probabilità di formarsi soltanto in un pianeta su un miliardo, siccome i probabili pianeti dell'universo sono un miliardo di miliardi, “la vita sarebbe sorta su un miliardo di pianeti”… Vi stupite? – proclama Dawkins – e allora ribadisco: “Se le probabilità che la vita si originasse spontaneamente su un pianeta fossero una su un miliardo, questo evento molto, molto improbabile si verificherebbe in ogni caso su un miliardo di pianeti”. Avete letto bene: “In ogni caso”… L'illustre scienziato ricava da una probabilità una certezza: un miliardo di pianeti con la vita. Tanto per capirsi, lui è uno di quelli che crede che giocando al lotto lo stesso numero novanta volte, uscirà certamente. E, come non bastasse, si assesta un altro micidiale colpo di zappa sui piedi: “Dio è molto improbabile nello stesso senso statistico in cui sono improbabili le entità che egli dovrebbe in teoria spiegare”. E quindi Dio esiste certamente… magari un miliardo di volte…
Il fatto è che Dawkins, da buon incrocio tra M. de La Palice e Pangloss – quel precettore di Candide, secondo cui tutto ciò che esiste ha ragione di esistere, e così i nasi servono ad appoggiare gli occhiali e infatti possediamo gli occhiali – fonda tutte le sue spiegazioni sul “principio antropico”. Questo principio può essere enunciato dicendo che la realtà fisica è proprio quella che osserviamo, fra tutti gli universi possibili, perché non può che essere così; difatti, se non fosse così, noi esseri viventi non saremmo nati e non saremmo qui a osservarla. Dawkins si stupisce che il principio antropico piaccia a certi credenti.
Nossignori, egli sentenzia. Progetto divino e principio antropico sono antitetici perché il secondo “fornisce una spiegazione razionale e non teleologica del fatto che ci troviamo in situazione propizia alla nostra esistenza”. Bella spiegazione razionale dire che le cose stanno così, se no sarebbero diverse e non saremmo qui a osservarle. E quanto sia una spiegazione razionale, scientifica, lo ha spiegato lui stesso poche pagine prima. Ma se n'è subito dimenticato… Elencava quelle da lui considerate come le più esilaranti e sciocche prove dell'esistenza di Dio, e tra queste la seguente: “Se le cose fossero state diverse, le cose sarebbero diverse. E sarebbe un male. Dunque Dio esiste”. “Male” a parte, questo è nient'altro che il nucleo del principio antropico. E non è scienza, oltre a essere una vuotaggine incapace di dimostrare alcunché.
Un altro capolavoro di Dawkins è l'affermazione che “la religione è sprecona e dissipatrice” (perché mai lo sarebbe non si degna di spiegarlo), mentre la natura è economa, “una ragioniera taccagna che lesina sui centesimi, conta i minuti, punisce il minimo dispendio superfluo”. Il poveretto non sa che già nel Settecento si tentò di reintrodurre il finalismo in fisica dimostrando che le leggi della fisica derivano da un principio di economia della natura. Ironia della sorte: lo scopo dichiarato era quello di svelare l'esistenza di un principio divino regolatore. Non funzionava, perché si constatava che spesso la natura è una dissipatrice sprecona che obbedisce piuttosto a principi di “massima spesa”.
Tanto che già Leibniz – che aveva un po' più di sale in zucca di Dawkins – disse che era meglio parlare di un principio di “semplicità” piuttosto che di economia. Ma Dawkins ignora questo lontano dibattito, e ripropone una trovata, quella della natura economa, archiviata da almeno due secoli.
E qui, ponendo fine agli esempi di baggianate, vengono due dei motivi per cui trovo Dawkins un personaggio deplorevole, la quintessenza di tutto ciò che è necessario avversare. Il primo motivo è che Dawkins è di un'ignoranza pari soltanto alla supponenza. Le sue bibliografie sono lo specchio fedele di questa ignoranza: egli straparla della scienza e della sua storia, ma tutto è per sentito dire, per lo più raccattato entro libri da bancarella. Il secondo motivo è che il suo fanatico empirismo è tipico di chi non sa dove stia di casa la scienza. Come spiegava Alexandre Koyré, gli empiristi non hanno mai capito un'acca di cosa sia la scienza e Henri Poincaré ammoniva che la scienza non è una collezione di fatti più di quanto una casa non sia un ammasso di pietre. Proprio per questo gli empiristi sono i peggiori metafisici, i più dogmatici di tutti. L'aggravante è che esiste una metafisica empirista dignitosa. Quella di Dawkins è roba da tabloid.
Sentite come Dawkins fronteggia l'ingombrante circostanza che i regimi più criminali della storia, i totalitarismi del ventesimo secolo, nazismo e comunismo, erano dichiaratamente atei. Lui se la cava brillantemente così. Quanto a Hitler, cita la suprema autorità di un libro di John Toland il cui titolo basterebbe a qualsiasi persona sensata per evitarlo: “Adolf Hitler: The Definitive Biography”. Secondo l'autore della biografia “definitiva” – non ridete – “Hitler rimase sempre un rispettato membro della Chiesa di Roma” e quindi “poteva perpetrare lo sterminio senza rimorsi di coscienza poiché agiva come mano vendicatrice di Dio, purché avvenisse in maniera impersonale, e senza crudeltà”. Come del resto avvenne ad Auschwitz, in maniera impersonale e senza crudeltà… E così la questione nazismo è archiviata nella casella della religione. Quanto a Stalin, beh, in effetti era indiscutibilmente ateo, tocca ammetterlo, ma “niente fa pensare che l'ateismo fosse all'origine della sua brutalità”. Niente, neppure le sue campagne ateistiche e le sue persecuzioni antireligiose. La conclusione è apodittica, da buon empirista: “Gli atei non commettono mai i loro delitti in nome dell'ateismo”. E zitti tutti. Non provatevi a chiedere se l'ateismo sia all'origine del disprezzo virulento di Dawkins per la religione e per i religiosi, del suo additare i credenti come il male da cancellare dalla faccia della terra. Questa obiezione gliel'hanno fatta e lui ha risposto. Dicendo che la sua violenza è soltanto verbale e quindi non fa male a una mosca: tutti sanno che le parole sono sempre innocue. Quantomeno quelle degli atei, e soprattutto quelle di Dawkins. Tanto è vero che egli ci garantisce che mai e poi mai decapiterebbe o lapiderebbe un religioso… “Quanto è buono lei!”, avrebbe commentato Fantozzi. Le parole dei religiosi, invece no. Quelle sono pericolosissime origine di tutti i mali del mondo, di tutte le peggiori violenze. E, si badi bene, anche i religiosi moderati non si salvano, sono altrettanto pericolosi dei religiosi estremisti. Ne volete una prova? Basta pensare, osserva il nostro, agli attentati di Londra del 2005, compiuti da “cittadini britannici beneducati e amanti del cricket”. Quelli erano dei religiosi “moderati”, affetti da islamismo moderato, islamismo al cricket…
Dicevo che Dawkins è anche molto volgare. Prendete ad esempio la sua confutazione del classico argomento secondo cui, essendovi gradi di perfezione, deve esistere un essere perfettissimo, ovvero Dio. “Che argomento è?”, protesta Dawkins. Con lo stesso criterio potremmo dedurre che, siccome le persone puzzano più o meno, si può “far riferimento a un grado perfettissimo di possibile fetore. Quindi deve esistere un puzzone impareggiabile e superlativo, e questo puzzone noi lo chiamiamo Dio”. In verità, ho trovato questo brano illuminante perché permette di individuare l'origine della teoria cosmopetologica di Margherita Hack, secondo cui il Big Bang è stato niente altro che un'immensa scorreggia, teoria che ho già analizzato su queste pagine (7 aprile 2011). Tuttavia, soltanto la sua coprofilia può far apparire questa volgarità più volgare di tutte le denigrazioni della Bibbia, delle palate di letame rovesciate su tanti episodi – come quello del sacrificio di Abramo – che rivelano soltanto un'abissale insensibilità e ignoranza. Come è volgare il tentativo di dimostrare che non vi sono mai stati scienziati e pensatori di rilievo che fossero religiosi. Per qualificare come atei un buon numero di scienziati il trucco è il solito: affermare che il panteismo è ateismo.
E' ben vero che gli accusatori di Spinoza lo proclamarono ateo: ma, per l'appunto, erano fanatici integralisti… Anche Descartes fu accusato di ateismo e ci vorrebbe una bella faccia di bronzo per presentarlo come un ateo. Ma anche di fronte a Newton, Dawkins non si arrende: lui era religioso, e credeva in un Dio personale, ma soltanto per non incorrere in conseguenze giudiziarie. Insomma, le cose stanno così: uno scienziato se non è ateo è cretino, oppure è in malafede, o ancora è terrorizzato o ricattato da qualcuno.
Come ultima pennellata al ritratto andrebbe menzionato l'antisemitismo di Dawkins. Si badi bene, non è ostilità per Israele o antisionismo, ma esplicito antisemitismo. Quale altro sentimento ispira una frase come la seguente? “Pensate a quanto sia stata di successo la lobby ebraica, sebbene di fatto gli ebrei siano meno numerosi, mi dicono, degli atei, e ciononostante essi monopolizzano la politica estera americana, come chiunque può constatare. Per cui, se gli atei riusciranno ad acquisire una piccola frazione di questa influenza il mondo sarà un posto migliore”.
Si potrebbe chiedere se vale la pena avere un nemico simile invece di riservargli un dantesco “non ti curar di lui ma guarda e passa”. La risposta sarebbe affermativa se il “rottweiler di Darwin” non fosse sventolato da tanti come la bandiera della scienza e della razionalità scientifica, del progresso, della tolleranza e della libertà di pensiero, mentre è la quintessenza del contrario di tutte queste cose. Dawkins è l'emblema lodato ed esaltato della scienza-ideologia, della scienza-ateismo, della scienza-ignoranza, della scienza come lanciafiamme per fare terra bruciata di qualsiasi forma di cultura e di pensiero “diverso” dal più rozzo empirismo, della scienza come negazione della scienza come l'abbiamo conosciuta da qualche secolo a questa parte. Rispondere alla crociata di Dawkins con una guerra simmetrica contro i suoi seguaci, assolutamente no. Smascherare la miseria di questo pericoloso falso profeta, è utile e necessario.
Il Foglio sportivo - in corpore sano