Perché la Destra storica non si sognava di “far piangere” i ricchi

Francesco Forte

Assieme alla necessità d'accelerare la manovra di finanza pubblica di fronte alle nuove turbolenze dei mercati internazionali, sono arrivate anche le “imposte simboliche”, un relitto fangoso della vetero socialdemocrazia che, per combattere la demagogia strumentale dei comunisti, sentiva il bisogno di dire anche lei (goffamente) “qualcosa di sinistra”. La patrimoniale simbolica da circa un miliardo di euro vuole essere il simboleggiare che anche i ricchi “fanno i loro sacrifici”.

    Assieme alla necessità d'accelerare la manovra di finanza pubblica di fronte alle nuove turbolenze dei mercati internazionali, sono arrivate anche le “imposte simboliche”, un relitto fangoso della vetero socialdemocrazia che, per combattere la demagogia strumentale dei comunisti, sentiva il bisogno di dire anche lei (goffamente) “qualcosa di sinistra”.

    La patrimoniale simbolica da circa un miliardo di euro, proposta tra gli altri da Luca Cordero di Montezemolo, e che dovrebbe gravare “sui più ricchi” (sarebbero quelli con un patrimonio di più di 5 milioni di euro, ma poi vattelapesca) vuole essere il simboleggiare che anche i ricchi “fanno i loro sacrifici”. Ma ai veri ricchi (specie ambigua tra l'altro), non si dovrebbe richiedere ciò, bensì di non fare soldi con l'incrocio fra potere economico e politico e di accettare la sfida della concorrenza. Vadano, cioè, a lavorare, con le dure regole del mercato. Il tempo del “padrone delle ferriere” che “mette mano al portafoglio” per risolvere i problemi della comunità è finito. E il suo paternalismo brodoso fa pena. In sé poi tassare i risparmi per risolvere i problemi di un eccesso di domanda rispetto all'offerta di risparmio, è un metodo sbagliato. E mentre un tributo di un miliardo, una tantum, per un triennio, per una manovra permanente di 40 miliardi, potrebbe essere facilmente sostituito, come simbolo di austerità, per le due ragioni appena dette, conferisce il messaggio sbagliato. Se poi si tratta di un messaggio con cui si vuole strizzare l'occhio alla sinistra, per costruire una formula politica ambigua, il messaggio è deleterio, perché fa supporre agli osservatori esterni che la maggioranza di governo, che ha la responsabilità di portare a termine l'operazione, potrebbe non farcela. Fra i messaggi simbolici sbagliati c'è naturalmente anche l'addizionale temporanea sui contribuenti con più di 90 mila euro.

    Anch'essa obbedisce alla dottrina per cui “anche i ricchi debbono fare la loro parte”. Rispetto alla patrimoniale ha però il merito di non essere il simbolo per cui ciò che non va, dei ricchi, è il risparmio, e di non volere introdurre surrettiziamente una patrimoniale che dai ricchi passerebbe poi a medi e piccoli ceti. Il peggiore di tutti, come tributo simbolico, sarebbe comunque l'imposta retroattiva di cui si parla in queste ore su chi ha scelto lo scudo fiscale per far rientrare i capitali in Italia. I tributi retroattivi sono in generale vietati dal codice del contribuente, varato con legge ordinaria. E se poi questi tributi fossero addirittura decisivi nel mutare le scelte del contribuente, la loro retroattività sarebbe vietata dall'articolo 53 della Costituzione che, quale base delle imposte, fa riferimento alla capacità contributiva nel momento in cui l'imposta è introdotta, non nel passato. Dunque come imposta simbolo il suo messaggio sarebbe che le imposte possono essere prelevate senza rispetto per la Costituzione e ridacchiando sul codice del contribuente, povero scemo.

    Per la difesa di queste imposte simboliche non vale infine il riferimento al rigore che fu della Destra storica. Essa pareggiò il bilancio non con “imposte simbolo” minacciose per proprietà e risparmio, ma con l'imposta sul macinato, rozzo antenato dell'Iva, ovvero con una più liberale e lungimirante tassazione del consumo.