Stare fermi

Alessandro Giuli

In tempi perigliosi l'immobilità diventa una virtù, almeno quanto in giorni di bonaccia urge muoversi alla ricerca del vento giusto. Dovrebbero pensarci bene gli indignados del Pdl e della maggioranza più in generale, gli emendatori di ogni possibile manovra, gli scrutatori delle sanguinolente viscere di Piazza Affari, i candidati all'escogitazione risolutiva e i lamentosi di qualunque ordine e grado abbracciati all'intervistatore di turno come fosse il loro personale lacrimatoio politico. E' vero, la salute economica dell'Italia scivola gradatamente nell'incomprensibilità.

    In tempi perigliosi l'immobilità diventa una virtù, almeno quanto in giorni di bonaccia urge muoversi alla ricerca del vento giusto. Dovrebbero pensarci bene gli indignados del Pdl e della maggioranza più in generale, gli emendatori di ogni possibile manovra, gli scrutatori delle sanguinolente viscere di Piazza Affari, i candidati all'escogitazione risolutiva e i lamentosi di qualunque ordine e grado abbracciati all'intervistatore di turno come fosse il loro personale lacrimatoio politico.

    E' vero, la salute economica
    dell'Italia scivola gradatamente nell'incomprensibilità e l'inerzia si accompagna al senso d'una corale inadeguatezza della così detta classe dirigente europea. Ma questo, dal punto di vista berlusconiano, è già un motivo ragionevole per diffidare degli esternatori in servizio permanente. L'agitarsi compulsivo dei frondisti – i Formigoni, i Martino, i Brunetta, gli Stracquadanio e gli Scajola – produce una superfetazione di proposte salvifiche, genera effetti imitativi nell'intendenza di confine (Responsabili e no), obbliga a un contrattacco sfiancante i lealisti di Palazzo Grazioli – dall'esasperato Cicchitto al tumido Lupi. Il che avviene in un palcoscenico domestico nel quale gli attori recitano più o meno malvolentieri in abiti balneari, cotti dall'ansia e dalla canicola. L'immagine insalubre proiettata all'esterno trionfa sulla parola, la confusione sul concetto, l'irresolutezza sulle piccole trame di corte.

    Stare fermi, in una circostanza del genere, sarebbe meglio. E in fondo è anche la lezione impartita da Berlusconi, cui certo non fa difetto l'istinto di autoconservazione. Quando può, quando deve, lui applica in silenzio la strategia del morto a galla: asseconda il flusso delle onde e scompare dall'orizzonte. Ogni tanto si convince che è preferibile attendere l'autoguarigione italiana dalle febbri speculative, parlare il meno possibile durante le oscillazioni dei listini, sottrarre pretesti agli esegeti del rimbalzo borsistico. La pratica si era dimostrata felice in occasione della prima sincope finanziaria occidentale, tre anni fa, quando il ministro Tremonti aveva opposto la sua fissità bronzea alle trasfusioni di denaro richieste dagli incauti economisti d'opposizione sedotti dall'interventismo dell'America. Oggi nessuno plaude più a quella protezione dell'erario italiano e va di moda giudicare Tremonti come un lemure dell'economia, lento e furbesco, depressivo nei confronti del feticcio sviluppista. Oggi gli si preferisce l'epilessia dei suoi aspiranti successori. E invece le cronache del momento ci dicono che non esiste un intervento sufficientemente tempestivo né una correzione capace di soddisfare le aspettative degli investitori o un capovolgimento politico liberatorio. Sono allucinazioni alimentate dall'ipercinesi, un dispendio rumoroso di energie. Il fotogramma di un Parlamento vuoto in estate non è forse più rassicurante del clangore d'una maggioranza di coscritti avviticchiati al loro scontento?

    Oltretutto c'è già l'opposizione a incaricarsi di completare una metà del lavoro suicidario nazionale, comportandosi come fanno i ribelli di Bengasi con Muammar Gheddafi: dall'alba al tramonto avanti e indietro per le dune in disordine sparso, coltellate fra beduini consanguinei sospettati di tradimento, ma poi alla sera tutti in ginocchio sullo stesso kilim a pregare – ormai disillusi da Fini e Bossi e Draghi – il dio del mercato azionario affinché getti la sua bomba a grappolo sul bunker del Cav. Mentre il Cav. fin quando può fa il morto a galla e tira avanti alla meno peggio. Come l'Italia, e non soltanto d'estate.