“Non ora!”

Nel Pd spunta un documento che censura lo sciopero della Cgil

Claudio Cerasa

“No: non ci dobbiamo essere”. Questa volta c'è qualcosa di più della tradizionale protesta del tradizionale gruppetto di cattolici di tendenza cislina, che di fronte al tradizionale sciopero convocato periodicamente dal sindacato confederale più importante d'Italia non perde mai l'occasione per criticare con convinzione “gli irresponsabili” dirigenti della Cgil, “ostaggi” di quei vecchi e assai poco riformisti volponi dei sindacalisti della Fiom.

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    “No: non ci dobbiamo essere”. Questa volta c'è qualcosa di più della tradizionale protesta del tradizionale gruppetto di cattolici di tendenza cislina, che di fronte al tradizionale sciopero convocato periodicamente dal sindacato confederale più importante d'Italia non perde mai l'occasione per criticare con convinzione “gli irresponsabili” dirigenti della Cgil, “ostaggi” di quei vecchi e assai poco riformisti volponi dei sindacalisti della Fiom. No: stavolta nel Partito democratico succede che ad ammonire con convinzione le decisioni “inopportune”, “poco responsabili”, “fuori luogo” e “prive di coerenza” prese dal segretario della Cgil, a proposito dello sciopero proclamato per il prossimo sei settembre dal gruppo dirigente cigiellino (con in testa naturalmente Susanna Camusso), vi sono anche alcuni importanti dirigenti non devoti al verbo bonanniano, non storicamente vicini al sindacato più moderato (la Cisl), ma bensì legati a una tradizione culturale, se così si può dire, decisamente di sinistra.

    E così, mentre ancora ieri durante l'incontro con le parti sociali il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani ha continuato a non dare grandi segnali di discontinuità rispetto alla scelta della Cgil di proclamare uno sciopero contro la manovra proprio nei giorni in cui la manovra verrà discussa in Parlamento da tutte le forze politiche, capita che nel Pd si registri un improvviso allargamento del fronte dei democratici poco solidali con il nuovo profilo barricadiero assunto dalla Cgil. Un fronte formato da una quindicina di parlamentari democratici che rimprovera l'inopportuna tempistica scelta da Susanna Camusso, che critica l'incapacità della Cgil di portare avanti una coerente politica di unità sindacale e che proprio in queste ore sta lavorando a un documento congiunto da presentare quanto prima ai vertici del più grande sindacato italiano. E il titolo del documento in via di stesura da parte di un gruppo di deputati quarantenni del Pd, già di per sé, sintetizza bene il senso dell'iniziativa: “Non ora”.

    “No – scandisce Antonio Misiani, tesoriere del Partito democratico e sostenitore del documento – noi non ci dobbiamo essere, non ci dobbiamo cascare. Noi è giusto che in un momento delicato come quello che sta attraversando il nostro paese non perdiamo di vista l'orizzonte dialogante e responsabile suggeritoci in questa fase dal presidente Giorgio Napolitano. E per quanto la manovra presentata dal governo sia iniqua e a mio avviso non all'altezza della situazione, l'idea di uno sciopero convocato durante la discussione parlamentare della manovra mi sembra sia quanto di meno appropriato si potesse proporre in questo frangente; e credo sia anche un clamoroso passo indietro rispetto alla fase in cui sembrava si fosse creata una significativa unità delle organizzazioni sindacali. Ed è anche per questo, dunque, che non dovremmo esitare a dire no, ragazzi, noi il sei settembre non saremo in piazza con la Cgil. Non è il momento giusto. Punto”.

    A prendere in queste ore l'iniziativa di scrivere un documento contrario allo sciopero cigiellino – documento che potrebbe essere firmato anche da gran parte degli esponenti della corrente minoritaria del Pd, i Modem; corrente di cui fa parte anche lo stesso Giuseppe Fioroni che ieri pomeriggio ha espresso un giudizio molto duro sulla scelta dello sciopero della Cgil: “E' un atto di irresponsabilità” – è stato il deputato torinese del Pd Stefano Esposito, che al Foglio spiega lo spirito dell'iniziativa. “Il vero punto è che, pur con tutte le giuste motivazioni possibili, pur con tutto il più che comprensibile risentimento che la Cgil può nutrire nei confronti di un governo che non ha accolto nessuna delle richieste offerte in queste settimane, il momento scelto per lo sciopero è clamorosamente toppato. Così si offre un grande assist al governo. Così si contribuisce a non creare le condizioni giuste per migliorare la manovra. Così, soprattutto, si dà una spallata decisiva al famoso spirito dell'unione sindacale. Per questo – aggiunge Esposito – nel documento che stiamo preparando inviteremo i dirigenti della Cgil a ripensarci sullo sciopero, a rinviarlo alla fine della discussione parlamentare, magari coordinandosi anche con le altre forze sindacali. Gli scioperi, naturalmente, sono strumenti legittimi, ma sono strumenti di cui bisogna servirsi nei momenti giusti. Sarebbe positivo se su questo punto nel Pd non ci fossero tentennamenti”.

    A pensarla in modo però diametralmente opposto alla fronda del Pd contraria allo sciopero del sei settembre vi sono molti dirigenti legati al segretario del partito, che sembrano non condividere affatto lo spirito del “Non ora”. Tra questi c'è anche il responsabile Cultura del Pd, nonché membro della segreteria del partito, Matteo Orfini, che al Foglio spiega perché sia un atto di “ipocrisia” chiedere al segretario della Cgil di non scioperare durante la discussione in Aula della manovra. “Non capisco dove sia il problema – dice Orfini – la Cgil ha fatto le sue proposte, le sue proposte non sono state prese in considerazione e ora il sindacato utilizza la sua ultima cartuccia a disposizione, quella dello sciopero, per cercare di esercitare una giusta pressione sul governo per provare a migliorare la manovra. Mi sembra una reazione più che giustificata. Questo non vuol dire che il Pd debba aderire allo sciopero, attenzione. Ma non vuol dire neanche che sia un errore partecipare a quello sciopero. Non lo è, affatto. E dire in questo momento ‘non ora', sinceramente, mi sembra davvero un atto di scarsa lungimiranza politica”.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.