Ogni leader ha il suo taglio

Perché i seguaci di Chávez si radono la testa come gli skinhead

Maurizio Stefanini

“Barbudos”, barbuti, era il nome dei seguaci di Fidel Castro ai tempi della Rivoluzione Cubana. Adesso però tra i simpatizzanti di Hugo Chávez, che Fidel considera il suo erede, si sta diffondendo il look della testa rasata. Una casualità che conferma quanto il significato progressista e rivoluzionario di barba e capelli possa essere a geometria variabile.

    “Barbudos”, barbuti, era il nome dei seguaci di Fidel Castro ai tempi della Rivoluzione Cubana. Adesso però tra i simpatizzanti di Hugo Chávez, che Fidel considera il suo erede, si sta diffondendo il look della testa rasata. Una casualità che conferma quanto il significato progressista e rivoluzionario di barba e capelli possa essere a geometria variabile.

    I guerriglieri castristi avevano giurato di non tagliarsi più né la barba né i capelli fino a quando il dittatore Batista non fosse stato cacciato. Niente di originale: un voto analogo è comune anche ai cetnici serbi, protagonisti di plurisecolari lotte contro turchi, austriaci, tedeschi e croati, e ai guerriglieri etiopi durante l'occupazione italiana tra 1936 e 1941.

    All'origine delle barbe lunghe che associamo all'integralismo islamico c'è invece una motivazione religiosa, non “mutilare” l'immagine che Dio ha dato all'uomo. I talebani arrivavano a punire chi si radeva. Ma anche ultraortodossi ebrei, i sikh e i religiosi cristiani ortodossi hanno un comandamento simile. Nel caso biblico di Sansone, per esempio, alla lunghezza dei suoi peli era legata la sua forza, simbolo di consacrazione a Dio. Per soldati romani la barba era invece un mezzo per incutere timore al nemico.

    Michael Casey, nel suo libro “La seconda vita del Che. Storia di un'icona contemporanea”, racconta che la famosa foto del Che divenuta icona del XX secolo fu scattata poco prima che il rivoluzionario rinunciasse “ai boccoli da soldato ribelle”, per iniziare a portare “i capelli corti e la barba più curata”. Nel 1968 Fidel vietò i capelli lunghi del tutto, per sottrarre la gioventù cubana a quella che giudicava essere la “decadente” influenza degli hippi occidentali (i “capelloni”).

    Lui però la barba lunga continua a portarla, perché "gli permette di risparmiare tempo alla mattina che può dedicare a cose più utili”. A Chávez invece i capelli sono caduti per via della chemioterapia, e domenica scorsa, nel corso di una cerimonia ecumenica di preghiera per la sua salute, decine di suoi sostenitori si sono rasati a zero per solidarietà. “Si sono pelati la zucca per solidarietà a questo umile servitore!”, si è commosso Chávez. “Voglio abbracciarli tutti, ragazzi e ragazze”. Alcuni simpatizzanti hanno compiuto atti simili anche in repubblica Dominicana, Ecuador e Bolivia.

    Eppure così i chavisti corrono il rischio di assomigliare agli skinheads, la subcultura che nacque nell'Inghilterra degli anni Sessanta come reazione dei giovani proletari dal look pacifista.

    Se andiamo poi indietro nella storia, vediamo che durante la prima rivoluzione inglese i capelli corti erano una caratteristica dei seguaci di Cromwell a punto da essere ribattezzati "teste rotonde", contro i capelli lunghi dei “cavalieri” sostenitori del re. A anche durante la Rivoluzione Francese i capelli corti furono un emblema dei rivoluzionari, contro le acconciature elaborate dei nostalgici dell'Ancien Régime: detti appunto “parrucconi” o “codini”.