Cosa si muove nel Pd dietro la fronda dei quarantenni critici con la Cgil

Claudio Cerasa

Due giorni fa abbiamo dato conto sul Foglio della coraggiosa iniziativa maturata in un gruppetto di intraprendenti quarantenni del Partito democratico: la creazione di un documento politico nato per criticare la scelta della Cgil di convocare uno sciopero generale per il prossimo sei settembre proprio in concomitanza con l'arrivo della manovra in Parlamento. Ebbene: ieri pomeriggio il documento è stato completato e i parlamentari del Pd firmatari del testo lo hanno già inviato per conoscena anche al segretario della Cgil Susanna Camusso.

    Due giorni fa abbiamo dato conto sul Foglio della coraggiosa iniziativa maturata in un gruppetto di intraprendenti quarantenni del Partito democratico: la creazione di un documento politico nato per criticare la scelta della Cgil di convocare uno sciopero generale per il prossimo sei settembre proprio in concomitanza con l'arrivo della manovra in Parlamento. Ebbene: ieri pomeriggio il documento è stato completato e i parlamentari del Pd firmatari del testo lo hanno già inviato per conoscena anche al segretario della Cgil Susanna Camusso.  

    Sintesi dell'appello-documento: chiedere una rilfessione al sindacato e provare a rinviare lo sciopero “al fine di scongiurare il rischio che la mobilitazione finisca per venire strumentalizzata”. Ma per capire in che contesto si inserisce l'iniziativa di questo gruppo di quarantenni del Pd bisogna fermarsi un attimo e spiegare chi sono gli Stefano Esposito, gli Antonio Misiani, i Dario Ginefra, i Francesco Boccia, gli Emanuele Fiano, gli Antonio Boccuzzi, i Sandro Gozi, le Paola De Micheli, i Vinicio Peluffo che ieri hanno messo le loro firme in calce al documento “Non ora!”. Primo dato interessante: nessuno dei parlamentari che ha sottoscritto il documento fa parte di una delle classiche correnti del partito; e dunque, sì, niente bersaniani, niente dalemiani, niente veltroniani, niente mariniani, niente fioroniani e niente vicinanze ad alcuna sottorealtà politica presente nel maggior partito d'opposizione.

    Secondo dato importante:
    nessuno tra i democratici che hanno promosso il documento ha una storia culturale maturata nei classici ambienti cattolico-post-democristiani, storicamente più sensibili al verbo del sindacato più riformista (la Cisl) e storicamente più critici nei confronti del sindacato più di lotta (la Cgil); al contrario i quarantenni che fanno parte del gruppo sono in linea di massima cresciuti in quelle realtà post comuniste che da sempre professano grande cautela nel criticare il pensiero cigiellino (visto mai si allentasse ancora troppo la vecchia cinghia di trasmissione tra sindacato e partito…).

    Terzo spunto di riflessione: questo gruppetto di quarantenni del Pd è formato da ragazzi convinti che per dare delle risposte concrete sul famoso tema del ricambio generazionale esistano delle formule diverse rispetto a quelle “drastiche” da rottamatore adottate per esempio dal sindaco di Firenze Matteo Renzi. E se c'è qualcuno che anche all'interno del Pd ha iniziato a utilizzare per questa corrente – corrente non politica ma di pensiero, naturalmente – l'espressione “carrozzieri” è perché questi quarantenni democratici credono che il modo migliore per contribuire alla creazione di una nuova classe dirigente non sia quello di prendere a calci nel sedere i vecchi reduci del partito ma sia piuttosto quello di imporre quanto più possibile dall'interno del partito quell'agenda riformista che i vecchi volti e i vecchi leader del Pd non sembrano avere più la forza di dettare da ormai molto tempo.

    “Noi – ci dice Stefano Esposito, promotore insieme con Antonio Misiani del documento critico con la Cgil – abbiamo il compito di far capire ai nostri elettori che nel Partito democratico esistono delle nuove leve che non hanno paura ad affrontare di petto alcuni temi che dalle nostre parti sembrano essere ancora degli indecifrabili tabù. E così come tempo fa ci siamo stretti tutti attorno ad Andrea Orlando quando venne attaccato a malo modo dai vari Di Pietro e dai vari De Magistris dopo aver presentato la sua proposta di riforma della giustizia, oggi non abbiamo alcuna paura a dire che se il sindacato sbaglia semplicemente bisogna dirlo, e bisogna dirlo con convinzione”.

    A questo punto sarebbe anche lecito
    chiedersi se un domani i carrozzieri siano pronti oppure no a esprimere oltre che una corrente di pensiero anche un'eventuale leadership alternativa a quella attuale. La risposta più sincera che si possa dare in questo momento è: “Sì, in teoria sì, ma solo in teoria”. Nel senso che nessun carrozziere nega che la persona migliore per dare una risposta immediata alla richiesta di ricambio generazionale sia il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti. Ma dato che nel breve termine il futuro di Zingaretti sembra essere legato più a prospettive capitoline (tipo la candidatura a sindaco di Roma) che a scenari nazionali, se si esclude qualche quarantenne che con timidezza sostiene che in fondo anche Andrea Orlando sarebbe un ottimo volto da spendere nei prossimi mesi, la verità è che i carrozzieri sono ancora un gruppo di democratici in cerca di un autore che possa aiutarli a dare in futuro un buon volto alla loro sceneggiatura. E giusto a proposito di sceneggiatura, dopo la piccola prova di forza sullo sciopero della Cgil sembra che ora il gruppo di quarantenni del Pd abbia intenzione di lavorare a un vero manifesto capace di sintetizzare nel miglior modo possibile la propria corrente di pensiero. Il manifesto non si sa ancora quando verrà pubblicato ma si sa invece che anche di questo si discuterà il prossimo tre settembre a Pesaro nel corso di un seminario politico a cui parteciperanno gran parte dei carrozzieri e a cui parteciperà – novità – anche lo stesso Zingaretti. Titolo del seminario: “Rifare l'Italia, rinnovare il Pd”. Padrone di casa un altro ragazzo da tenere d'occhio: Matteo Ricci, 37 anni, presidente della provincia di Pesaro. Un tipo che i carrozzieri del Pd consigliano di seguire davvero con particolare attenzione.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.