Come si spiegano le divergenze parallele tra Bersani e la coppia Amato-Prodi

Sergio Soave

Giuliano Amato e Romano Prodi hanno molto in comune. Ambedue hanno presieduto due governi, ambedue hanno un piede nella Prima Repubblica e uno nella Seconda. E' curioso che in una fase particolarmente complessa della vita nazionale ambedue escano dal riserbo e si espongano alle luci dei riflettori mediatici. L'elemento comune del loro ragionamento, nonostante siano fermi oppositori di Silvio Berlusconi, è la clemenza che impiegano nel giudicare il governo, del quale non chiedono affatto le dimissioni.

    Giuliano Amato e Romano Prodi hanno molto in comune. Ambedue hanno presieduto due governi, ambedue hanno un piede nella Prima Repubblica e uno nella Seconda. E' curioso che in una fase particolarmente complessa della vita nazionale ambedue escano dal riserbo e si espongano alle luci dei riflettori mediatici. L'elemento comune del loro ragionamento, nonostante siano fermi oppositori di Silvio Berlusconi, è la clemenza che impiegano nel giudicare il governo, del quale non chiedono affatto le dimissioni, sottolineando le difficoltà internazionali di tipo sistemico che è chiamato ad affrontare.

    Amato ha spiegato ai giovani radunati nel Meeting di Rimini che la situazione attuale è più pesante di quella tragica che dovette affrontare lui nel '92 con la maxi manovra, Prodi scrive insieme con il professor Alberto Quadrio Curzio sul Sole 24 Ore un articolo a sostegno dell'esigenza di introdurre titoli di debito europei, il che coincide con una richiesta reiterata del governo italiano, e lo fa con l'autorevolezza di un ex presidente della Commissione di Bruxelles, che è quindi meno sospettabile di una visione legata esclusivamente agli interessi particolari del suo paese. La proposta di garantire gli Eurobond con le riserve auree dei singoli stati, che ammontano a ben 450 miliardi di euro, dovrebbe essere particolarmente persuasiva e dimostra la serietà non provinciale della proposta.

    La prima osservazione che sorge spontanea riguarda la distanza netta che separa le esternazioni dei due “grandi vecchi” del centrosinistra, piene di senso di responsabilità e di realismo, dalle posizioni assunte dal loro partito e dal segretario Pier Luigi Bersani, intrise di demagogia egualitaria. Amato, peraltro, vi accenna esplicitamente quando parla della difficoltà di inserire la tradizione del riformismo socialista e cattolico, cioè quella del centrosinistra storico della Prima Repubblica, nel nuovo contenitore politico, operazione che continua a ritenere solo “una scommessa”. Il profilo anti demagogico delle considerazioni di Amato e Prodi corrisponde alla loro formazione e alla loro professionalità anche tecnica, ma rappresenta comunque un controcanto significativo alle esibizioni prevalentemente retoriche del Partito democratico.

    Si può anche pensare, senza malizia, che, in vista della scadenza dell'incarico di Giorgio Napolitano nel 2013, le due personalità storiche del centrosinistra intendano entrare in gioco e che anche questa prospettiva li induca a non accentuare gli elementi di tensione e di critica nei confronti dell'attuale maggioranza. D'altra parte l'ambizione, peraltro legittima, è un ingrediente naturale della politica e se induce a ragionamenti realistici può essere anche utile. Nel Partito democratico esistono persone e gruppi che soffrono la deriva giustizialista e quella egualitaria che caratterizzano l'attuale direzione politica, e per loro la lezione di responsabilità che viene dagli ex premier può rappresentare un punto di riferimento importante anche se non immediatamente operativo, anche perché corrisponde all'ammonimento che tenacemente viene dal Quirinale. Si vedrà già nel corso della discussione sul decreto di agosto se queste idee hanno anche una forza.