Al Gore & Co.
Il ritorno dei catastrofisti. Chi non crede al global warming è un nazista
Sarà stato il bluff dell'uragano Irene che avrebbe dovuto spazzare via New York, o il caldo degli ultimi giorni di agosto arrivato dopo un'estate tra le più fresche degli ultimi decenni; fatto sta che, dopo almeno un anno di quasi silenzio mediatico, i catastrofisti del clima hanno ricominciato a spargere profezie funeste e a minacciare chi non la pensa come loro. Il metodo è il solito: noi abbiamo ragione, voi torto (e fino a qua ci può stare), e proprio per questo voi non avete diritto di parola.
Sarà stato il bluff dell'uragano Irene che avrebbe dovuto spazzare via New York, o il caldo degli ultimi giorni di agosto arrivato dopo un'estate tra le più fresche degli ultimi decenni; fatto sta che, dopo almeno un anno di quasi silenzio mediatico, i catastrofisti del clima hanno ricominciato a spargere profezie funeste e a minacciare chi non la pensa come loro. Il metodo è il solito: noi abbiamo ragione, voi torto (e fino a qua ci può stare), e proprio per questo voi non avete diritto di parola. L'ultima in ordine di tempo è un'intervista video – ripresa dal Mail online – al paladino della lotta al riscaldamento globale Al Gore.
Il Nobel per la Pace spiega che i “negazionisti dei cambiamenti climatici presto saranno visti come oggi si guardano i razzisti”. L'uso delle parole è intelligente, frutto di anni di propaganda: “negazionisti” e “razzisti” sono termini solitamente attribuiti ai nazisti; non è una novità che per l'ideologia algoriana negare la Shoah e predicare la superiorità di una razza sull'altra equivalga a nutrire dubbi sull'effettivo peso delle attività umane sul clima. “I had a dream”. L'ex vicepresidente americano invita tutti a combattere: come un tempo sembrava normale essere razzisti, spiega, così oggi a molti sembra normale nutrire dubbi sul global warming. Ma verrà un giorno…
Poiché a suo tempo Al Gore condivise il Nobel con l'Ipcc, anche l'agenzia Onu nata per dimostrare le colpe dell'uomo nei cambiamenti climatici, ha voluto partecipare alla rimpatriata catastrofista. Rimasta per un po' ai margini del dibattito dopo una serie di previsioni più adatte a una rivista sul giardinaggio che a pubblicazioni scientifiche (ricordate l'Himalaya che si scioglierà tutto nel giro di qualche anno? Ecco), è tornata a ricoprire il ruolo di testo sacro vivente della climatologia mondiale. Come raccontato da Carlo Stagnaro ieri sul Foglio.it, in Belgio è bastata una lettera minacciosa e diffamatoria del vicepresidente dell'Ipcc Jean-Pascal van Ypersele per impedire il normale svolgimento di una conferenza sul riscaldamento globale, sospettata di essere un sedizioso raduno di eretici. Lo hanno raccontato due dei protagonisti della vicenda, il matematico Claes Johnson dell'Università di Stoccolma e Henri Masson della Société Européenne des Ingénieurs et Industriels (Seii): dopo avere ricevuto la lettera che criticava la poca scientificità degli ospiti invitati all'incontro, la stessa Seii ha fatto pressioni perché il tutto venisse annullato. Risultato: incontro spostato in altro luogo, e da svolgersi in forma strettamente privata.
I giornali non sono ovviamente da meno. Nei giorni in cui Paul Krugman sul New York Times definisce i repubblicani “antiscientifici” perché critici con la teoria del global warming antropico, non poteva mancare Repubblica, che dopo l'eccitazione durata un intero weekend per l'uragano Irene (“Brooklyn allagata” è stato il titolo più sobrio dell'edizione online), ha intervistato il climatologo Vincenzo Ferrara che ha subito tranquillizzato i catastrofisti delusi: “Siamo di fronte a nuovi uragani, figli di un clima mutante. Seguono altre rotte, la loro potenza è anomala, l'andamento imprevedibile. Questa volta i danni sono stati limitati, ma purtroppo la linea di tendenza è chiara: i fenomeni estremi si stanno moltiplicando e il conto diventa sempre più salato”.
Sarebbe stato utile spiegare anche però che la rotta e la potenza di Irene, lo dimostrano gli studi del Noaa, l'agenzia federale americana che monitora oceani e atmosfera, fossero nella norma e che non ci sia alcuna evidenza di un aumento di “fenomeni estremi” come cicloni tropicali negli ultimi anni. Curioso poi che in tanti si siano dimenticati di dire che Irene non è stato, nella storia recente, l'uragano abbattutosi sulla East Coast che ha prodotto più danni. Andò peggio negli anni Trenta e Quaranta, quando né il global warming né Al Gore c'erano ancora.
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