Caro Cav., la furiosa caccia agli evasori è da sinistra classista

Francesco Forte

Caro presidente Silvio Berlusconi, mi permetta di darle alcuni consigli sulle imposte e gli evasori in queste ore in cui il centrodestra parla tra l'altro di “caccia” ai “grandi evasori”.
Sin dalla sua entrata nel campo della politica, lei ha sventolato una bandiera liberale contro la vessazione fiscale. Le do del lei, perché il tu potrebbe essere equivoco. Nel mio collegio elettorale  di Como-Sondrio-Varese, durante la buonanima della Prima Repubblica, nel Psi, quando non ci si conosceva, ci si dava del lei, perché ciascuno considerava gli altri come persone private.

    Caro presidente Silvio Berlusconi, mi permetta di darle alcuni consigli sulle imposte e gli evasori in queste ore in cui il centrodestra parla tra l'altro di “caccia” ai “grandi evasori”.
    Sin dalla sua entrata nel campo della politica, lei ha sventolato una bandiera liberale contro la vessazione fiscale.
    Le do del lei, perché il tu potrebbe essere equivoco. Nel mio collegio elettorale  di Como-Sondrio-Varese, durante la buonanima della Prima Repubblica, nel Psi, quando non ci si conosceva, ci si dava del lei, perché ciascuno considerava gli altri come persone private. Sembra banale ma non lo è.

    Secondo Franz Böhm, il giurista tedesco che assieme all'economista Walter Eucken ha fondato il movimento di Ordo, quella del “liberalismo delle regole” è una società di diritto privato. Questo concetto riguarda anche la materia fiscale di cui sto discorrendo. Quando lei afferma che non intende mettere le mani nelle tasche degli italiani, non dice soltanto che non li vuole aggravare fiscalmente. Dice   anche e soprattutto che non vuole entrare nella loro privacy, per prelevare l'obolo per il fisco. 
    L'ex ministro delle Finanze, Ezio Vanoni, mio maestro, ha stabilito la dichiarazione dei redditi, affinché si determinasse un rapporto di fiducia fra fisco e contribuente, portando nel rapporto tributario qualcosa di simile al contratto, cioè la società di diritto privato, non lo stato di polizia inquisitorio.

    Nella mia esperienza, come ministro delle Finanze che aveva fatto la gavetta al ministero come ragazzo di bottega di Vanoni e di Tremelloni (il ministro socialdemocratico con cui ci si dava del lei, pur essendo dello stesso partito), le posso assicurare che non servono le manette agli evasori, né i libri rossi con l'elenco dei contribuenti, per incrementare i gettiti e ridurre l'evasione.
    Nella società di diritto privato la dichiarazione dei redditi è un atto privato, che non va reso pubblico come se fosse una lista di proscrizione. E l'evasione tributaria non va concepita come reato penale da punire col carcere (magari preventivo, con pubblici ministeri amanti delle manette come metodo di confessione). E' un'omissione di cifre dovute, da penalizzare con sanzioni pecuniarie e la temporanea chiusura degli esercizi che hanno evaso. Credo di essere stato il ministro delle Finanze che ha incrementato il gettito semestrale della maggiore percentuale, per colmare paurosi deficit di bilancio. E l'ho fatto attuando la trattenuta alla sorgente, il registratore di cassa sigillato, il redditometro fondato su indici oggettivi, su base statistica; attuando il principio per cui non importa la proprietà ma il possesso effettivo dei beni e la verifica contabile.
    L'amministrazione finanziaria è una grande azienda. Bisogna cercare di farla operare con efficienza, con regole semplici e poco mutevoli. La moltiplicazione di obblighi invasivi complica inutilmente le cose.

    La “caccia” ai “grandi evasori” è un fatto classista, in cui i “grandi” sono odiati perché capitalisti e in cui la parola “caccia” dà la sensazione che il contribuente non sia uno che deve pagare il prezzo dei servizi pubblici, ma selvaggina da impallinare. L'imposta, se è moderata, appare giusta e chi non paga è mal giudicato.

    Caro presidente Berlusconi, non tradisca il suo Dna. Lasci il fisco come tortura e l'evasione come delitto alla sinistra giustizialista e ai finti liberali. Non si vergogni di  parteggiare per la società di diritto privato.