Procure, giornali e intercettazioni, riecco la Confraternita dell'Origlio
E' tornata la venerabile Confraternita dell'Origlio. Intercettazioni telefoniche a go go, due pagine fitte sul Corriere della Sera, due ma aerate anche su Repubblica, addirittura quattro e fitte su Libero. Per non citare che questi tre quotidiani, in tutto trenta colonne di piombo e otto di quot per venti righe o giù di lì da cui sembra emergere una fattispecie di reato, l'estorsione da parte di Valter Lavitola, Gianpaolo Tarantini e signora nei confronti del presidente del Consiglio. Venti righe di ciccia annegate nel nulla.
E' tornata la venerabile Confraternita dell'Origlio. Intercettazioni telefoniche a go go, due pagine fitte sul Corriere della Sera, due ma aerate anche su Repubblica, addirittura quattro e fitte su Libero. Per non citare che questi tre quotidiani, in tutto trenta colonne di piombo e otto di quot per venti righe o giù di lì da cui sembra emergere una fattispecie di reato, l'estorsione da parte di Valter Lavitola, Gianpaolo Tarantini e signora nei confronti del presidente del Consiglio. Venti righe di ciccia annegate nel nulla. Se non che, dalla massa, esce comunque una chicca che riguarda il premier : “Non me ne fotte niente, tra qualche mese me ne vado per i cazzi miei da un'altra parte, vado via da questo paese di merda di cui sono nauseato, punto e basta”, dice la sera del 13 luglio al Lavitola, il cui telefono era sotto controllo. Ovviamente in un amen le parole del Cav. fanno il giro del mondo, aggiungendo sconcerto a sconcerto di fronte a un'opinione internazionale che tiene già sotto mira l'Italia per la sua pirotecnica manovra finanziaria. In generale ci sono cose che un capo di governo non dovrebbe mai dire né, forse, pensare.
Nemmeno quando si è sotto stress, gli alleati ringhiano e si è condannati a dare 560 milioni alla tessera numero uno del Partito democratico. Ma siamo pur sempre di fronte allo sfogo di mezzanotte nell'ambito di una conversazione privata: parole certamente incaute, se si vuole anche indecenti, che però non configurano alcun tipo di reato. Eppure c'è da scommettere che a questa frase finirà impiccato, proprio lui che diciassette anni fa disse di scendere in campo perché l'Italia era il paese che amava. Persino nel caso di Mussolini, il cui “governare gli italiani non è difficile, è inutile” rappresenta la vetta a tutt'oggi insuperata del cinismo in politica, gazzettieri e storici misero in secondo piano quel suo insulto al popolo e anzi in tempi recenti è stato addirittura ripreso con vezzo ammiccante. Ma per il Cav. non andrà così, eppure gli avversari hanno a disposizione altre corde e ben più robuste per appenderlo politicamente. Non c'è dunque alcun bisogno di attaccarsi allo sfogo inacidito di un momento, irrilevante anche politicamente perché nulla dice di lui che già non si sapesse. La divulgazione di questa ennesima infornata di intercettazioni appare perciò non solo risibile. E' barbarie, il sintomo ultimo e incancrenito della malattia che affligge da tempo il sistema giudiziario e il circuito dell'informazione. I magistrati di Napoli avrebbero potuto mettere la pecetta dell'omissis, non lo hanno fatto. I giornali avrebbero potuto decidere di non pubblicare, come fanno giornali autorevoli di altri paesi in virtù di un proprio codice deontologico. Non è successo.
C'è invece la solita, nauseabonda insistenza sulle vite private di persone magari pubbliche ma mai coinvolte in indagini di sorta. E nel caso invece di persone sotto indagine, pare che si possa allegramente violare il principio fondamentale secondo cui ognuno è innocente fino alla condanna definitiva. Inutile accampare il diritto dei cittadini all'informazione: per tutelarlo sarebbe bastato pubblicare solo le parti effettivamente riguardanti l'eventuale reato. Come fecero il procuratore dell'Illinois Fitzgerald e i giornali americani con le registrazioni che provavano la corruzione dell'ex governatore Rod Blagojevich.
In cosa tutto quanto pubblicato farebbe avanzare il corso della giustizia o soddisferebbe la sete di sapere dei cittadini? Chi può essere interessato a quello che il catturando Lavitola pensa del catturato Bisignani o il presidente del Consiglio di Letta e del generale Adinolfi? La domanda è un'altra, la stessa da tempo: può un presidente del Consiglio essere raggiunto al telefono ogni due per tre da figuranti delle cantine del Palazzo? Tutto il resto serve ad accarezzarci nel senso del pelo, a nutrire quell'Alfonso Signorini che è in ognuno di noi. Quanto ai magistrati dicono che le intercettazioni a raggiera, a cascata, e va da sé la successiva pubblicazione, servono ad illuminare il contesto in cui avviene il fatto delittuoso. Nessuno dunque che intenda limitare questa pesca a strascico che arriva ovunque e fa danni irreparabili per tutti, colpevoli e innocenti.
Non si pongono il problema i direttori della grande stampa: sono bulimici e onnivori, non fanno differenze, una intercettazione vale l'altra e pur di non perdere copie pubblicano tutto. E insorgono come un solo uomo ogni volta che si prova a regolarne l'uso. Non è questa la democrazia virtuosa. E non è un bel paese ma un paese per l'appunto di merda quello in cui un marito può scoprire l'infedeltà della moglie da un'intercettazione finita sui giornali. Questo non è danno collaterale, inevitabile ma preferibile a qualsiasi paletto messo alla libertà di informare. Non è male minore. E' la radice stessa del male. Proprio coloro che ci credono, dovrebbero sapere che una casa di vetro è vivibile se si tutela il diritto di chi ci abita a non farsi riprendere nudo.
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