“Shame” è un porno britannico esistenzialista, Alfredson ci riprova con le spie

Mariarosa Mancuso

Un nerd con i Gremlins in cameretta (Mia Farrow e Christopher Walken sono i genitori, sempre davanti alla tv) incontra una depressa cronica, al tavolo dei single durante un matrimonio. Dopo tre minuti le chiede di sposarlo. Todd Solondz infierisce come solo lui sa fare, nella forma e nella sostanza. Al primo impiccio, il nerd sogna di riportare indietro la fidanzata e cambiarla, perché “ha conservato lo scontrino”. Il perfido commesso risponde: “Nella vita, tutti abbiamo lo scontrino”.

    DARK HORSE di Todd Solondz (concorso)
    Un nerd con i Gremlins in cameretta (Mia Farrow e Christopher Walken sono i genitori, sempre davanti alla tv) incontra una depressa cronica, al tavolo dei single durante un matrimonio. Dopo tre minuti le chiede di sposarlo. Todd Solondz infierisce come solo lui sa fare, nella forma e nella sostanza. Al primo impiccio, il nerd sogna di riportare indietro la fidanzata e cambiarla, perché “ha conservato lo scontrino”. Il perfido commesso risponde: “Nella vita, tutti abbiamo lo scontrino”. Il Dark Horse del titolo è l'outsider su cui scommette chi ama il rischio.

    TINKER, TAILOR, SOLDIER, SPY di Tomas Alfredson (concorso)
    John Le Carré disse una volta: “Vedere un tuo romanzo sullo schermo, è come vedere il tuo bue ridotto ai dadi per il brodo”. Il regista del vampiresco “Lasciami entrare” ci prova con le spie. Sullo sfondo c'è lo smascheramento di Kim Philby, infiltrato del Kgb nei servizi segreti inglesi. Fece saltare anche la copertura dell'agente David Cornwell, che cambiò mestiere e scrisse “La talpa”, da cui il film è tratto. Più complicato e faticoso da seguire del romanzo.

    ALPS di Yorgos Lanthimos (concorso)

    Regista greco, premiato a Cannes per “Dogtooth”. Idea geniale – un'agenzia che procura sostituti per i cari estinti, e tutti chiedono di rivivere i litigi, non l'armonia. Svolgimento lento e confuso.

    SHAME di Steve McQueen (concorso)

    Nasce videoartista, di casa alla Tate Modern e premiato con il Turner Prize. Videoartista rimane, più interessato al nudo plastico e rigoglioso di Michael Fassbender che a una trama. Fa cantare a Carey Mulligan “New York New York” quasi senza musica: un pezzo di bravura che da solo vale il film. Se un personaggio si taglia le vene, è subito action painting. Tolte le strepitose immagini, resta un porno britannico con tocchi di esistenzialismo.