La riforma accidentata

L'intuizione di Cameron sulle “free schools” lascia gli inglesi un po' freddini

William Ward

Con l'inizio dell'anno scolastico si è aperto un nuovo fronte nelle guerre culturali dell'istruzione pubblica nel Regno Unito: le “free schools”, un progetto pensato e voluto dai conservatori ma contestato dall'establishment statalista e di sinistra. Alla ricerca di nuove politiche liberal-conservatrici nell'ambito della Big Society, il premier, David Cameron, e l'amico e collega Michael Gove, ministro dell'Istruzione, avevano scoperto in Svezia un nuovo modo di concepire l'istruzione elementare: scuole fondate e gestite da gruppi sociali diversi, indipendenti dalla burocrazia statale.

    Londra. Con l'inizio dell'anno scolastico si è aperto un nuovo fronte nelle guerre culturali dell'istruzione pubblica nel Regno Unito: le “free schools”, un progetto pensato e voluto dai conservatori ma contestato dall'establishment statalista e di sinistra. Alla ricerca di nuove politiche liberal-conservatrici nell'ambito della Big Society, il premier, David Cameron, e l'amico e collega Michael Gove, ministro dell'Istruzione, avevano scoperto in Svezia un nuovo modo di concepire l'istruzione elementare: scuole fondate e gestite da gruppi sociali diversi, indipendenti dalla burocrazia statale (l'ispirazione è stata tratta anche dalle “charter schools” americane, molto amate dalla destra libertaria repubblicana). Le “free schools” sono state molto valorizzate anche come alternativa ideale alle “academy” di Tony Blair, scuole liceali autonome e gestite o sovvenzionate da aziende locali.

    Come accadde nei primi anni al progetto blairiano (soltanto quest'anno le “academies” registrano i primi solidi segnali della loro superiorità rispetto agli istituti statali), le “free schools” di sapore libertario sono state criticate dai tradizionalisti di destra (troppa libertà nella scelta scolastica) e di sinistra (egemoni nella burocrazia e nell'amministrazione dell'istruzione nel Regno Unito), che temono un putsch contro i ragazzi delle famiglie meno agiate, l'ennesimo tentativo di mantenere una divisione social-culturale nelle aule del regno, come quella di una volta, quando i figli della buona borghesia frequentavano le scuole private e quelli delle famiglie povere si dovevano accontentare di quelle statali. Ma Cameron e il suo collega scozzese Gove (ex vicedirettore del Times, nonché uno dei pochi intellettuali non omologati alla sinistra a presenziare spesso nei dibattiti salottieri in tv sui temi culturali: parla “liberalese” meglio di molti liberal) hanno incoraggiato gruppi sociali di tutti i tipi – dalle minoranze etnico-religiose a genitori semplicemente scontenti della qualità di insegnamento nelle scuole della zona – a consorziarsi in enti sociali (di fresca definizione legale) pur di lanciarsi in questa nuova avventura. Il Guardian, l'Independent e la Bbc hanno ironizzato parecchio sul numero piuttosto ridotto dei gruppi autonomi ansiosi di fondare la propria scuola: Gove aveva prospettato diverse centinaia di gruppi per l'inizio dell'anno scolastico: soltanto 24 erano pronti. Per non parlare delle critiche al governo generoso nei confronti dei pionieri pedagogici nel garantire i sussidi necessari – compresi gli stipendi degli insegnanti e il riscaldamento per l'inverno – mentre l'austerità penalizzava le scuole statali: uno scandaloso favoritismo a favore dei suo beniamini, insomma. Al centro delle malignità s'è ritrovata la “free school” fondata da Toby Young, giornalista eccentrico e politicamente scorretto contrario a ogni forma di egualitarismo: nella sua scuola gli allievi porteranno una divisa all'antica, studieranno obbligatoriamente storia, latino e greco, come nelle scuole della gloriosa epoca vittoriana, quando “la British Education era ancora la migliore al mondo”.

    Nonostante la determinazione del governo nell'introdurre una riforma liberale, l'avvio delle “free schools” è stato accidentato: delle 24 che hanno aperto le porte lunedì, otto sono ancora alla ricerca di allievi – per classi che avranno un massimo di 25 studenti, un sogno per le scuole statali, dove spesso le classi sono di 32-34 studenti. Ma la preoccupazione di molti conservatori è un'altra: le “free schools” non possono trarre profitto dalle loro attività: un ostacolo burocratico e antilibertario che lascia molti decisamente perplessi.