Olmi plagia Crialese (o viceversa), la Arnold presenta la versione brutale di "Cime empestose"

Mariarosa Mancuso

Una madonna nera in “Terraferma” di Emanuele Crialese (con un ventenne siciliano che non conosce il significato della parola topless, ma si può). Una madonna nera nel film di Olmi. Una partorisce in garage, l'altra partorisce in una chiesa “dismessa” (Olmi dixit). Ci ricordano che dovremmo soccorrere e dare caritatevole alloggio ai clandestini.

    IL VILLAGGIO DI CARTONE di Ermanno Olmi (fuori concorso)
    Una madonna nera in “Terraferma” di Emanuele Crialese (con un ventenne siciliano che non conosce il significato della parola topless, ma si può). Una madonna nera nel film di Olmi. Una partorisce in garage, l'altra partorisce in una chiesa “dismessa” (Olmi dixit). Ci ricordano che dovremmo soccorrere e dare caritatevole alloggio ai clandestini.

    WUTHERING HEIGHTS di Andrea Arnold (concorso)
    La regista di “Fish Tank” ha le idee talmente chiare che le perdoniamo perfino qualche uccelletto in gabbia, qualche flashback inutile, brughiere e torbiere in dosi massicce. Prende “Cime Tempestose” di Emily Brontë e ne tira fuori tutta la brutalità, anche un po' necrofila. L'orfanello nero Heathcliff e la pallida Cathy si rotolano nel fango da ragazzini. Cresciuto, ricco e vendicativo, lui aprirà la finestra per lo spiffero fatale.

    TAO JIE (A SIMPLE LIFE) di Ann Hui (concorso)

    Magnifico film su una vecchia governante, accudita dal padrone che ha visto crescere. E che ora amorevolmente le compra la dentiera e la va a trovare all'ospizio. Toccante ma non melenso. Una tragedia casalinga, raccontata con garbo e precisione.

    HIMIZU di Sion Sono (concorso)
    Diffidare dei film che annunciano “discese agli inferi”. Vale per “Shame” visto domenica e per questo instant movie, da un manga corretto in corso d'opera con il disastro di Fukushima. Fandango lo ha comprato, in sala non incasserà un euro, ripartirà il dibattito sul pubblico rovinato dalla tv. Mica vero: è “Himizu”, urlato dalla prima all'ultima scena, a respingere gli spettatori non ricattabili con la parola “terremoto”.