“Ratzinger è rigido, non ha chance”. Rileggere il conclave su Wikileaks

Paolo Rodari

Tra gli ultimi file desecretati da Wikileaks pochi giorni fa ce ne è uno rimasto finora inedito e che reca la data 18 aprile 2005. E' il giorno prima che i cardinali riuniti in conclave eleggano il cardinale Joseph Ratzinger successore di Giovanni Paolo II. Il segretario di stato americano Condoleezza Rice chiede se davvero quanto l'ambasciata statunitense presso la Santa Sede guidata da Jim Nicholson ripete con insistenza, e cioè che Ratzinger non abbia chance, corrisponda al vero.

    Tra gli ultimi file desecretati da Wikileaks pochi giorni fa ce ne è uno rimasto finora inedito e che reca la data 18 aprile 2005. E' il giorno prima che i cardinali riuniti in conclave eleggano il cardinale Joseph Ratzinger successore di Giovanni Paolo II. Il segretario di stato americano Condoleezza Rice chiede se davvero quanto l'ambasciata statunitense presso la Santa Sede guidata da Jim Nicholson ripete con insistenza, e cioè che Ratzinger non abbia chance, corrisponda al vero. La risposta del file del 18 aprile è lapidaria: “Nonostante una settimana di speculazioni da parte dei media che suggeriscono che il cardinale tedesco e stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, Joseph Ratzinger, sia vicino ad avere la maggioranza di voti, pare gli manchi il sostegno sufficiente per ottenere i voti dei due terzi dei partecipanti al conclave a motivo della forte opposizione nei suoi confronti da parte delle fazioni che vedono in lui una figura troppo rigida e gelosa delle prerogative di Roma”.

    A dispetto dei file pubblicati da Wikileaks nei mesi passati, quest'ultimo dispaccio mostra con maggiore forza quanto i diplomatici statunitensi residenti a Roma ritenessero non fosse il 2005 l'anno giusto per l'elezione di un Papa valutato, sulla carta, troppo conservatore. Piuttosto, rivelano i diplomatici, potrebbe affermarsi un candidato che rifletta in qualche modo il pensiero dell'arcivescovo emerito di Milano Carlo Maria Martini. Chi? Il cardinale gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio arcivescovo di Buenos Aires (che poi risulterà il cardinale più votato dopo Ratzinger) oppure il cardinale arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi. Scrisse in proposito pochi giorni dopo il conclave su Limes il vaticanista Lucio Brunelli che è proprio il nome di Tettamanzi a dimostrare quanto la gran parte dei pronostici pubblicati sui media erano dei “wishful thinking” lontani dalla realtà. Tettamanzi, in conclave, raccolse soltanto due voti. Certo, ammettono i diplomatici americani anche qui sbagliando pronostico, se invece dovesse prevalere la linea più conservatrice, allora i candidati sarebbero due italiani, Camillo Ruini o Angelo Scola. Secondo le comunicazioni dell'ultima ora l'idea del ritorno di un Papa italiano dopo i ventisei anni e mezzo di un Pontefice polacco resta comunque altamente improbabile.

    Dicono i dispacci che “nonostante il continuo calo della popolazione osservante cattolica in Europa e la secolarizzazione crescente in molti paesi tradizionalmente cattolici, l'Europa resta il nucleo tradizionale della chiesa cattolica e la casa della metà dei cardinali elettori. Dopo aver rotto la morsa italiana sul papato, con un Papa polacco, molti credono che la porta sia aperta ad altri europei non italiani”. Tra questi, più che Ratzinger, l'arcivescovo portoghese di Lisbona José Policarpo che “è recentemente emerso come un europeo che potrebbe raggiungere l'America latina”. Il 19 aprile ad affacciarsi alla loggia centrale della basilica vaticana fu Ratzinger. Dicono i ben informati che i diplomatici americani quando lo videro “erano sotto shock e per parecchi minuti non riuscirono a parlare”.