Le evoluzioni di Tremonti nelle partite finanziar-industriali
“Dalle principali partite bancarie, finanziarie e industriali Giulio Tremonti sembra assente in questo periodo”. Un uomo di finanza milanese così descrive l'azione del ministro dell'Economia nei dossier più cruciali del capitalismo italiano che lambiscono la politica. Certo in questi ultimi mesi, contraddistinti dalle vicende giudiziarie che riguardano l'ex consigliere politico di Tremonti, Marco Milanese, il titolare del Tesoro s'è occupato pressoché totalmente di conti pubblici per effetto dei rischi sovrani che si sono accentuati.
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“Dalle principali partite bancarie, finanziarie e industriali Giulio Tremonti sembra assente in questo periodo”. Un uomo di finanza milanese così descrive l'azione del ministro dell'Economia nei dossier più cruciali del capitalismo italiano che lambiscono la politica. Certo in questi ultimi mesi, contraddistinti dalle vicende giudiziarie che riguardano l'ex consigliere politico di Tremonti, Marco Milanese, il titolare del Tesoro s'è occupato pressoché totalmente di conti pubblici per effetto dei rischi sovrani che si sono accentuati. Ma anche sulla politica economica Tremonti ha dovuto mitigare idee e azioni con le sollecitazioni che sono arrivate sia da Jean-Claude Trichet, presidente della Banca centrale europea, sia da Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia e prossimo presidente dell'Eurotower. Trichet e Draghi, tramite il Quirinale e Palazzo Chigi, hanno di fatto dettato tempi e anche modi della manovra economica che ha anticipato al 2013 il pareggio di bilancio. Interventi che di certo non sono stati sempre vissuti con sollievo da parte del ministero dell'Economia. Non a caso Tremonti ha osservato che le tensioni sul debito pubblico, in primis quello italiano, sono state accelerate per le incertezze nell'avvio e nella dotazione finanziaria del Fondo salva stati e per la insufficiente determinazione iniziale della Bce a intervenire nel mercato secondario dei titoli a causa delle divisioni nell'Eurotower ad opera dei tedeschi: l'ulteriore prova della contrarietà della Germania all'interventismo della Bce è venuta ieri con le dimissioni di Jürgen Stark, membro tedesco del consiglio direttivo dell'Istituto centrale.
In questi ultimi giorni, inoltre, Tremonti vede affievolirsi l'eventualità che il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, possa essere nominato governatore della Banca d'Italia al posto di Draghi. Invece della soluzione preferita da Tremonti, e da parti della maggioranza Pdl-Lega, si va profilando quella auspicata dalla struttura dell'Istituto di via Nazionale, ossia la nomina a governatore dell'attuale direttore generale, Fabrizio Saccomanni. Anche su altre partite bancarie il ruolo di Tremonti si avverte meno rispetto al passato. E' il caso della Banca Popolare di Milano (Bpm), alle prese con un'ardua ricapitalizzazione su indicazione precisa di Palazzo Koch, che ha sollevato rilievi su governance, gestione e rapporti patrimoniali di Bpm: critiche che sono state interpretate anche come un giudizio indirettamente negativo verso il dominus dell'istituto di piazza Meda, ovvero il presidente Massimo Ponzellini, già prodiano e poi tremontian-leghista. Così per la Bpm si rafforza l'ipotesi non solo di un ingresso nel capitale della Sator fondata e guidata da Matteo Arpe ma anche, con un gradimento ovviamente informale di Bankitalia, un ruolo di gestione per lo stesso Arpe: come presidente del consiglio di gestione, se la governance della banca virerà verso il sistema duale, o come ad.
I rapporti tra il ministero e i banchieri si sono parzialmente incrinati per l'avvio della Banca del sud, costituita solo con l'apporto delle Poste: sia le Popolari che le Bcc (Banche di credito cooperativo) si sono defilate perché il Tesoro non ha accettato le condizioni chieste dagli istituti privati, che ora fronteggeranno una banca pubblica.
Anche l'indirizzo governativo su alcune partite industriali è in evoluzione: al posto del colbertismo tenue annunciato e a volte praticato dal titolare del Tesoro, ad esempio su Parmalat e su Edison, si nota un atteggiamento più dialogante. Su Parmalat, nonostante l'offensiva con un decreto anti scalate e con l'auspicio di una cordata italiana, il controllo di Lactalis è da tempo operativo con il gradimento dei sindacati e dei fornitori. Su Edison, un dossier adesso seguito dal ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, si va comunque verso un'influenza sempre più massiccia della transalpina Edf.
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