Viva la chat

Cari intercettatori, non leggete questo articolo

Annalena Benini

Spettabili intercettatori, non leggete questo articolo (dovesse succedere che in pescheria vendano le orate avvolte nel giornale). Perché sarebbe bello poter mantenere questa vertigine comunicativa chiamata Messenger (anche What's app, per chi preferisce l'iPhone), la chat da passeggio che, a leggere le cronache, offre la quasi certezza di non essere spiata, intercettata, registrata e in tempo reale pubblicata. Ormai parlare al telefono con la suocera o scrivere un sms al gommista dà un altro tipo di vertigine, la sensazione di stare dentro un reality show

Leggi Sulle intercettazioni Napolitano dà ascolto al Cav. (ma il decreto no) di Salvatore Merlo - Leggi Il gip di Milano chiede l'imputazione coatta per Berlusconi

    Spettabili intercettatori, non leggete questo articolo (dovesse succedere che in pescheria vendano le orate avvolte nel giornale). Perché sarebbe bello poter mantenere questa vertigine comunicativa chiamata Messenger (anche What's app, per chi preferisce l'iPhone), la chat da passeggio che, a leggere le cronache, offre la quasi certezza di non essere spiata, intercettata, registrata e in tempo reale pubblicata.

    Ormai parlare al telefono con la suocera o scrivere un sms al gommista dà un altro tipo di vertigine, la sensazione di stare dentro un reality show (molte persone, per sicurezza, scrivono messaggi completamente fuori contesto con frasi molto forbite in cui si augurano la pace nel mondo, esprimono la propria ammirazione per questo o quel procuratore, tengono a precisare che passeranno la sera in casa a pregare per i destini del paese): tutti travolti dall'ansia e dalla possibilità non più fantascientifica di leggere il giorno dopo le proprie conversazioni sui giornali, ascoltarle in televisione, vederle rappresentate a teatro. Alcuni ci sperano anche, in verità, e infarciscono le chiacchiere di citazioni coltissime e endecasillabi sciolti per fare colpo sul possibile pubblico: l'interlocutore diretto, cioè il tizio all'altro capo del filo, è ormai solo un fantasma, un pretesto per lanciarsi in monologhi autoincensatori. Ma per i più schivi, quelli ancora non travolti da esibizionismo telefonico (al posto dell'impermeabile, il cellulare), c'è Messenger, oppure What's app: pilastri di civiltà, segretezza e libertà. Sui giornali ieri c'era la notiziola del sequestro del Blackberry a Giampi Tarantini, dopo che in un'intercettazione l'avevano sentito dire: “Mi ha fatto sapere questa cosa attraverso il Messenger del Blackberry”. Probabilmente Tarantini si sentiva furbo per aver usato la chat e non ha resistito, ha dovuto fare lo spaccone, per la fortuna delle indagini sulla questua ricattatoria.

    Possibile che gli investigatori non sappiano che la vita passa attraverso Messenger? Perché è come parlare senza la fatica di aprire la bocca, sentire la voce senza doverla sentire, mandarsi sms senza spendere due stipendi per litigare col marito: si possono scrivere frasi lunghe, corte, monosillabi, poemi, inoltrare foto, disegni, sigarette accese, cuori spezzati, facce arrabbiate. Su What's app si flirta, ci si fidanza, ci si lascia, con la salvifica possibilità di non doversi nemmeno incontrare, di non sentire squillare un telefono: la chat fa risparmiare le forze. Si possono raccontare barzellette imbarazzanti, balle clamorose, si possono fare errori di ortografia, insomma si può essere se stessi. Cosa porteresti su un'isola deserta? Un Blackberry a energia solare. Un iPhone eolico.

    Chi butti giù dalla torre: l'intero Parlamento o il tuo telefono che sta già vibrando di nuovi messaggi? Su quale sia la base della democrazia occidentale non bisogna avere tentennamenti (negli Emirati Arabi il Blackberry si distinse un anno fa per il tentativo – breve – di opporsi, in nome della privacy, alle richieste di controllo: venne definito un rischio per la sicurezza nazionale e cedette alla legge islamica, davanti alla minaccia di venire messo al bando per sempre). La bellezza della chat sta anche nella visualizzazione rapida: una sceneggiatura da borsetta, da rileggere nei momenti bui. Sarà utile per i posteri, che troveranno negli scavi i preziosi cocci dei nostri smartphone, avere chilometri di conversazioni da decifrare.

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    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.