Sfida all'ultimo tavolo
Così Tremonti rivede i conti e cerca con Draghi idee turbo sviluppiste
Un piano decennale sviluppista per arrestare la crescita asfittica. E' l'idea del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, illustrata ieri a industriali e banchieri. Ma nessuna risposta immediata, a parte un decreto in fieri a costo zero ribattezzato legge-obiettivo bis per le infrastrutture, al declassamento dell'Italia deciso da Standard&Poor's.
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Un piano decennale sviluppista per arrestare la crescita asfittica. E' l'idea del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, illustrata ieri a industriali e banchieri. Ma nessuna risposta immediata, a parte un decreto in fieri a costo zero ribattezzato legge-obiettivo bis per le infrastrutture, al declassamento dell'Italia deciso da Standard&Poor's. Era stato messo in conto, è stata la prima reazione formale del Tesoro. A mente più fredda ambienti del ministero dell'Economia aggiungono: l'agenzia di rating dà una copertura ideologica all'operato della speculazione contro l'euro e quindi contro l'Italia. Inoltre, è il ragionamento di Tremonti, l'attacco è all'Europa, per ritardi più delle istituzioni Ue che per deficienze italiane: abbiamo conti tra i più solidi nell'Ue, non facciamoci travolgere dal catastrofismo. Ma è stata soprattutto la reazione di Silvio Berlusconi (“decisione politica che si basa sui retroscena dei giornali”) a irritare Confindustria: “O il governo vara riforme serie e impopolari oppure vada a casa – ha detto Emma Marcegaglia – siamo stufi di essere lo zimbello internazionale”.
Le prospettive per l'Italia, al di là della decisione di S&P's, non sono comunque entusiasmanti: la crescita tenue sta costringendo il governo a rivedere al ribasso le stime del pil per il 2011 (si passerà dall'1,1 allo 0,7 per cento) e per il 2012. Con effetti inusitati, come quelli indicati ieri dal Fmi: pur elogiando le misure approvate dal Parlamento, “importanti e sufficienti per ridurre il rapporto deficit-pil all'1 per cento, vicino al livello della Germania nei prossimi anni”, ha detto Carlo Cottarelli, responsabile del Fiscal Monitor, per il Fondo il deficit italiano si attesterà all'1,1 per cento nel 2013. Niente pareggio del bilancio come invece indicato in manovra, quindi. La questione è sì l'elevato debito pubblico, destinato a essere più costoso in termini di interessi da pagare viste le tendenze dei mercati obbligazionari, ma soprattutto la crescita da ravvivare. Un obiettivo, quest'ultimo, da perseguire con “scelte condivise”, ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Il verdetto, comunque, non ha provocato sconquassi: ieri Piazza Affari ha chiuso con un più 1,9 per cento e lo spread Btp-Bund dopo aver toccato quota 400 punti si è attestato a 385 punti. La spiegazione c'è: il movimento sull'obbligazionario si spiega con l'effetto degli acquisti da parte della Bce. “La situazione resta difficile – dice al Foglio il responsabile dell'ufficio studi di Banca Finnat, Gian Franco Traverso – la decisione di S&P's era attesa dal mercato così com'è atteso il declassamento da parte di Moody's a ottobre”.
Se la Confindustria si smarca sempre più dal governo del Cav., l'associazione dei banchieri è attestata su una linea che appare ancora tremontiana: “Il paese è migliore di come viene descritto; finiamo l'anno con un avanzo primario migliore della Germania. Quanto fatto finora – ha aggiunto il presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari – non è sufficiente; dobbiamo fare di più ma con raziocinio e i tempi giusti perché siamo in una fase che non dipende solo da noi. C'è però un problema di crescita”.
A un piano decennale pro crescita ha accennato ieri Tremonti nel corso della riunione con altri ministri (Maurizio Sacconi, Altero Matteoli e Roberto Calderoli), e i rappresentanti di Confindustria, Abi e Banca d'Italia (il vice dg Ignazio Visco). Proprio Visco farà da coordinatore tecnico ai quattro tavoli sviluppisti su lavoro, imprese, credito e stato. Per misure più immediate, si pensa a un dl infrastrutture a costo zero per accelerare le grandi opere. Resta comunque tensioni fra i ministri, specie tra Renato Brunetta e Tremonti. E' confermato a fine mese al Tesoro un seminario operativo sulla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico. Nessuna vendita di Eni ed Enel, però, come sollecitato ieri dal Wall Street Journal.
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