Un pezzo di Pd sfida Bersani chiedendo primarie e verifica della leadership

Claudio Cerasa

Non abbiamo più tempo, bisogna uscire dalla palude e rimettere in cammino l'Italia. Berlusconi deve togliersi di mezzo per consentire a un paese che è nei guai di poter affrontare i suoi problemi. Per questo, entro la fine dell'anno sarà pronto il progetto dell'alternativa del Pd da presentare agli italiani”. Ieri pomeriggio Pier Luigi Bersani ha invitato ancora una volta Silvio Berlusconi a farsi da parte per il bene del paese.

    Non abbiamo più tempo, bisogna uscire dalla palude e rimettere in cammino l'Italia. Berlusconi deve togliersi di mezzo per consentire a un paese che è nei guai di poter affrontare i suoi problemi. Per questo, entro la fine dell'anno sarà pronto il progetto dell'alternativa del Pd da presentare agli italiani”. Ieri pomeriggio Pier Luigi Bersani ha invitato ancora una volta Silvio Berlusconi a farsi da parte per il bene del paese. Ma nelle stesse ore in cui il segretario del Pd ha espresso la sua disapprovazione per la condotta del presidente del Consiglio è successo che alcuni esponenti non di secondo piano del Pd si sono posti per la prima volta ad alta voce una domanda che da mesi viveva sotto traccia all'interno del mondo democratico: “Ma siamo sicuri che nel Pd non ci siano alternative migliori per avviare il processo dell'alternativa a Berlusconi?”.

    La questione naturalmente sarebbe priva di senso qualora la situazione politica dovesse precipitare e la maggioranza non avesse più la forza di resistere fino alla scadenza naturale della legislatura. Ma se il governo riuscisse ad andare avanti e risultasse chiaro che nonostante tutto le prossime elezioni non saranno nella primavera del 2012, a quel punto anche nel Pd si riaprirebbero i giochi: e non sarebbe scontato che tutto il partito sia disposto a schierarsi a fianco dell'attuale segretario. E' solo fantapolitica? Fino a un certo punto. Perché quando il prossimo dieci ottobre la minoranza del Pd si riunirà a Roma per celebrare la prima assemblea nazionale dei Modem tra i temi che verranno affrontati ve ne sarà uno che non farà piacere al segretario del Partito democratico: rilegittimare con urgenza la leadership del Pd.

    “C'è poco da discutere – dice il senatore del Pd Stefano Ceccanti, che sull'argomento ha dedicato ieri un lungo articolo pubblicato da Europa – se non si andrà a votare nella prossima primavera è necessario chiedere delle primarie di partito da anteporre a quelle di coalizione”. L'argomento, come si immaginerà, rischia di creare un vero caso diplomatico all'interno del Pd: lo statuto del partito dice che “qualora il Pd aderisca a primarie di coalizione per la carica di presidente del Consiglio è ammessa tra gli iscritti del Pd la sola candidatura del segretario”; e dunque a norma di regolamento non ci dovrebbe essere discussione sul fatto che sarà Bersani il candidato del Pd alle future primarie di coalizione. Eppure il tema della potenziale debolezza dell'attuale leadership democratica sembra essere diventato ugualmente di attualità, e non solo perché poco tempo fa Matteo Renzi ha posto un problema mica da poco ammettendo di voler partecipare alle prossime primarie (da iscritto al Pd, per statuto, Renzi dovrebbe uscire dal partito per partecipare alle primarie) ma anche perché nella minoranza del Pd gli esponenti convinti che non sia possibile presentarsi alle elezioni senza una rilegittimazione del segretario sembrano essere tutto tranne che pochi.

    “Credo – dice il senatore Salvatore Vassallo, direttore della fondazione Democratica presieduta da Walter Veltroni – che sia una necessità imprescindibile per il nostro partito quella di prevedere in caso di durata naturale di questa legislatura un processo serio di rilegittimazione della leadership, e non è pensabile andare a votare nel 2013 senza avere prima chiesto al nostro elettorato di esprimersi sulla persona che andrà a guidare la nostra coalizione. So che a norma di statuto il mandato di Bersani scadrà nell'ottobre 2013, ben oltre la data delle possibili prossime elezioni, ma sono convinto che con un po' di buon senso nel Pd tutti capiranno che trovare su questo punto una soluzione è un'esigenza che rischia di diventare sempre più imprescindibile”.

    Nel Pd c'è chi dice che l'offensiva degli esponenti della minoranza democratica (minoranza che vale circa il 25 per cento del partito) sia legata non solo alla paura che Bersani non sia il candidato ideale per evitare alle prossime elezioni l'effetto “gioiosa macchina da guerra occhettiana”, ma anche alla certezza che sia un errore clamoroso costringere a uscire dal partito tutti coloro che vogliono dare un contributo in prima persona per rendere più innovativo il profilo del Pd. “Vogliamo davvero – dice il senatore del Pd Giorgio Tonini – evitare di trasformare il nuovo Ulivo in una nuova Unione? Bene: allora impegniamoci per evitare che qualche democratico finisca fuori dal partito solo per essersi fatto portavoce di un processo innovativo”.
    E ogni riferimento a Matteo Renzi naturalmente non è affatto puramente casuale.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.