Merkel si sottopone alla tortura della tv per lanciare la sua offensiva

Andrea Affaticati

L'euro è come una bomba. A orologeria. E' questa l'immagine che lo Spiegel ha scelto per il numero in edicola da ieri, nella settimana in cui il Bundestag dovrà approvare l'ampliamento dei poteri del Fondo salvastati europeo e il secondo bailout alla Grecia (il voto è previsto per il 29 settembre). Il dossier dello Spiegel vuole spiegare un dettaglio non da poco: com'è che un paese piccolo come la Grecia è riuscito a mettere in crisi tutto un continente? La cancelliera, Angela Merkel, lo deve aver letto con attenzione (e in anteprima), questo dossier.

    L'euro è come una bomba. A orologeria. E' questa l'immagine che lo Spiegel ha scelto per il numero in edicola da ieri, nella settimana in cui il Bundestag dovrà approvare l'ampliamento dei poteri del Fondo salvastati europeo e il secondo bailout alla Grecia (il voto è previsto per il 29 settembre). Il dossier dello Spiegel vuole spiegare un dettaglio non da poco: com'è che un paese piccolo come la Grecia è riuscito a mettere in crisi tutto un continente?

    La cancelliera, Angela Merkel, lo deve aver letto con attenzione (e in anteprima), questo dossier. Perché nel faccia a faccia a cui si è sottoposta domenica sera – un'ora con il conduttore Günther Jauch, su Ard, uno dei canali della tv pubblica – Merkel sembrava rispondere punto per punto alle provocazioni lanciate dallo Spiegel. La cancelliera ha deciso di andare all'offensiva usando persino uno strumento che non ama molto. In quei sessanta minuti la Kanzlerin ha parlato al paese, ha parlato ai suoi deputati, ai suoi elettori, probabilmente all'Europa intera. “Soltanto se resteremo uniti potremo affermarci – ha detto Merkel – L'Europa non è solo una questione di guerra o pace, ma anche uno strumento di affermazione nel mondo”. Per questo, tornando all'appuntamento del 29 settembre, quello che conta è innanzitutto che le misure salvaeuro volute dal governo di Berlino passino. A Jauch, che non molla e vuole sapere che cosa sarà della coalizione se la legge passerà soltanto grazie ai voti dell'opposizione, Merkel ribatte: “Confido nel fatto che ciò non avvenga, ma comunque sia, la maggioranza assoluta è richiesta soltanto in alcuni casi, e questa legge non è tra questi”. Merkel non solo deve difendere la sua linea – “in una situazione così grave va valutato attentamente ogni passo. Prendiamo il fallimento di Lehman Brothers, nessuno pensava che avrebbe poi causato i danni che ha causato” – ma vuole riportare la calma nel dibattito sempre più caotico sul destino dell'euro. Jauch (come lo Spiegel) le ricorda le recenti critiche rivoltele dall'ex cancelliere Helmut Kohl: questa coalizione sembra senza una guida salda.

    Merkel all'inizio replica con diplomazia, com'è nel suo stile: “Kohl ha ragione, quando dice che c'è bisogno di una bussola”. Poi, più avanti, parlando del Patto di Maastricht, lancia il suo affondo, com'è nel suo stile: ricorda che il patto evidenzia molte lacune strutturali, tra cui quella di non aver previsto la possibilità che un paese si possa trovare in tali difficoltà da contagiare anche gli altri. Lo Spiegel avanza dubbi più inquietanti: racconta di come gli architetti dell'euro abbiano scientemente chiuso gli occhi di fronte alle manchevolezze greche, e a quelle italiane. Tant'è che Jannos Papantoniou, l'ex ministro delle Finanze greco ai tempi del'ingresso nell'euro del suo paese, ribatte oggi: “Abbiamo fatto esattamente quello che hanno fatto tutti gli altri”. L'economista americano Kenneth Rogoff, riguardo all'ingresso dell'Italia, racconta che gli architetti dell'euro hanno fatto rientrare nella valutazione sull'economia reale del nostro paese anche il sommerso. Allora si era convinti che maggiore fosse il numero dei membri dell'eurozona, maggiore sarebbe stato il profitto per tutti. Ma i tedeschi oggi vogliono sapere perché devono pagare i conti altrui e, soprattutto, da dove arrivano i miliardi di euro stanziati per il Fondo salvastati.

    Per Merkel si tratta di una domanda mal posta: “Mettiamo in chiaro una cosa. Stiamo parlando di garanzie, non di soldi reali. Personalmente, poi, non credo che a queste garanzie dovrà seguire un reale esborso, anche se ovviamente non lo posso escludere. Altro malinteso da fugare: il Fondo non viene ampliato perché la Grecia è in difficoltà, ma per garantire la nostra stabilità”. Sul Fondo si addensano però nubi sempre più cariche di scetticismo, tant'è che lo stesso ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, ha lasciato intendere che potrebbe essere sostituito ancora prima della scadenza pattuita, cioè a metà del 2013, dal Meccanismo di salvataggio permanente. Merkel non entra nello specifico della tempistica ma spiega: “Con l'introduzione del Meccanismo di salvataggio permanente ci viene finalmente messo a disposizione uno strumento attraverso il quale potremo compiere quel passo che con l'attuale normativa non ci è permesso: e cioè in caso estremo avviare per un paese la procedura di insolvenza”.

    Merkel non si stanca di ricordare che anche la Germania ha contribuito ad arrivare alla situazione critica di oggi. Certo non il suo governo, ma quello rosso-verde di Gerhard Schröder, che non solo votò a favore dell'ingresso della Grecia, ma insieme con la Francia infranse ripetutamente il Patto di stabilità. Per l'ex cancelliere socialdemocratico l'euro non era un granché visto che – ricorda impietoso lo Spiegel – lo definiva “parto prematuro”.
    Ma che sarà della Grecia, dunque dell'euro? A leggere analisti, commentatori, economisti più o meno noti, quasi tutti tracciano scenari apocalittici riguardo la solvibilità di Atene. Mai e poi mai, così il comune sentire, il paese sarà in grado di saldare i propri debiti. Merkel ascolta e tira fuori le unghie: “Abbiamo istituito questa troika affinché tracci un serio piano di risanamento del paese. Io in prima persona ho voluto che vi fosse incluso anche il Fondo monetario internazionale, per la sua lunga e comprovata esperienza, perché non ero sicura che l'Europa potesse farcela da sola, e temevo finisse per essere troppo indulgente. Fino a oggi la troika non ha mai affermato che Atene non ce la possa fare. Per me questa parola vale. Soltanto il giorno che la troika dovesse arrivare a un'altra conclusione dovremmo prendere nuovi provvedimenti”.

    Merkel mette le mani avanti: “Attualmente non esiste un'istituzione europea che abbia il potere di intervenire se uno stato non si attiene ai patti. Dobbiamo modificare i trattati e fare in modo che un paese che infrange le regole possa essere portato davanti alla Corte europea e costretto a rinunciare a parte della propria sovranità”. Non è vero che a lei manca il coraggio. Non è vero che non ha visioni. A Jauch che la provoca dicendo “lei è una fisica, dovrebbe saper far di conto” Merkel ricorda ancora il caso Lehman Brothers: “Tutti erano convinti che con il suo fallimento si fosse risolto il problema. E invece la crisi si è rafforzata, propagata. Qual è la lezione da trarre dal caso Lehman? La lezione è che possiamo solo fare i passi i cui effetti sono sotto il nostro controllo”.  Merkel ascolta gli economisti, legge i rapporti, si appoggia al consiglio dei saggi che l'affianca, poi decide e se ne assume la responsabilità: “Le opinioni si possono cambiare, le decisioni una volta prese sono definitive. E io sono la cancelliera della Repubblica federale tedesca, mi devo assumere le responsabilità per la politica di questo governo”.